Addio tetto stipendi pubblici, tornano i privilegi: ecco cosa cambia

Rischia di saltare il tetto agli stipendi pubblici per via di un emendamento al decreto Aiuti. Figure apicali della sfera pubblica potrebbero beneficiarne.

L’iter di approvazione del decreto Aiuti bis, già reso problematico dagli scontri politici in periodo di campagna elettorale, si è ora arricchito di un ulteriore tassello che ha da subito generato molte polemiche. Si tratta di un emendamento aggiunto in extremis che porterebbe all’eliminazione di qualsiasi tetto per gli stipendi dei dirigenti pubblici.

Addio al tetto per gli stipendi pubblici, cosa cambia adesso

Questa norma, introdotta nel 2011 dal decreto Salva-Italia dell’allora governo Monti, poneva un tetto massimo di 240 mila euro annui per i dirigenti e le alte cariche dell’amministrazione pubblica. Se all’epoca fu vista come una misura giusta e di buon senso in un periodo di forte crisi, col passare degli anni è stata più volte criticata perché vista come un freno alla capacità attrattiva nei confronti di figure professionali di alto livello.

Un primo segnale di cambiamento in questo senso si era avuto lo scorso dicembre. Nella legge di bilancio del 2021 era stato infatti introdotto un sistema di adeguamento all’inflazione anche per questi stipendi. Tuttavia sembra che questo non sia bastato alle forze politiche che nelle scorse ore, con un provvedimento a prima firma Forza Italia, hanno inserito tramite emendamento nel decreto aiuti bis la totale eliminazione di questo tetto per i vertici delle Forze armate e dei ministeri.

Chi andrebbe a beneficiarne?

L’emendamento in particolare per quanto riguarda le Forze armate andrebbe a coinvolgere le seguenti figure: il Capo della polizia, i comandanti generali di Carabinieri e Guardia di finanza, il capo dell’amministrazione penitenziaria, il capi di Stato maggio di difesa e Forze armante, il comandante generale delle Capitanerie di Porto e il comandante del Comando operativo di vertice interforze. Mentre per quanto riguarda i ministeri, la parte della misura più contesta, otterrebbero l’abolizione del tetto i capi dipartimento e i segretari generali della presidenza del Consiglio e dei ministeri.

Sull’importanza di un tetto agli stipendi delle figure apicali dell’amministrazione pubblica si era espresso anni fa Carlo Cottarelli, ex commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica. Durante il suo incarico mirato ad un contenimento della spesa, Cottarelli aveva esposto la situazione notevolmente sbilanciata per quanto riguarda i compensi delle alte cariche pubbliche, parlando di stipendi pari a più di 8 volte il reddito medio italiano. L’unico freno a questi maxi stipendi dal 2011 in poi è stato rappresentato da questa misura, che ora rischia di saltare se approvata anche alla camera.

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