Avvisi ignorati: l’espansione NATO ha provocato la guerra!

La profezia dell'ambasciatore Kennan, nel 1993 si è tristemente avverata. La NATO doveva rinunciare alle sue ambizioni espansionistiche.

La guerra in Ucraina è stata a tutti gli effetti una tragedia annunciata.  

Questa volta, al netto di ogni schieramento o ideologia, saremo chiamati a prendere atto di questioni d’ordine ben più radicale.

La narrazione stessa del conflitto tra Russia e Ucraina conosce due verità divergenti, inconciliabili per natura e in forte divergenza tra loro.

L’interpretazione occidentale più comune, principalmente negli USA, è riferita alla sete espansionistica russa della quale Putin sarebbe l’emblema vivente.

L’ultimo zar sarebbe reso irragionevole dalla brama carnivora di ricostruire l’ex Unione Sovietica.

Assumere questo punto di vista è la posizione più comoda, più rassicurante: trovare un nemico comune ha un impatto benefico sulla psiche, perchè fa sentire più coesi e dunque più forti.

Ma la forza dell’Occidente si dovrebbe misurare anche con una doverosa, severa autocritica.

Con questo articolo proveremo ad abbandonare la comfort zone e guardare la situazione da un punto di vista altro, scardinando ogni preconcetto e iniziando con un lungo passo indietro nella storia americana.

Stiamo leggendo le pagine del New York Times, precisamente una pubblicazione datata 3 maggio 1998.

L’occhio cade su un articolo in particolare, in cui l’ambasciatore George Frost Kennan si esprimeva in modo inequivocabile:

Si tratta di un documento storico che vale la pena di consultare, lo trovate sul sito ufficiale del Governo degli Stati Uniti, cliccando qui.

Cosa stava succedendo a quell’epoca?

Siamo sotto il governo Clinton.

L’attuale presidente USA, Joe Biden, era senatore presso la Commissione Relazioni Estere del Senato. 

Viene descritto nel file in modo imbarazzante e alla stregua di un gatto che fa le fusa ai sostenitori di una politica governativa aggressivamente centrata sulle proprie mire espansionistiche.

I progetti relativi all’annessione di nuovi territori a quelli già di pertinenza della NATO erano in primo piano, i funzionari responsabili erano avvezzi a raggirare tutte le domande di chiarimento in merito a queste intenzioni con smaccata disinvoltura.

L’accorato avvertimento di George Frost Kennan è passato volutamente in sordina.

Torniamo ai giorni nostri. 

Così si è espresso Joe Biden  il 24 febbraio 2022 come riportato da theconversation.com

C’è qualcosa che non torna in questa trama, non trovate?

Il peso degli avvisi ignorati

queste le considerazioni riportate su cato.org

Vediamo i motivi.

Perchè si considera il tentativo NATO di avvicinare i confini della Russia come atto di deflagrazione che avrebbe prodotto come risultato l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia?

L’irruzione bellica in territorio Ucraino ha reso ancora più instabili gli equilibri già precari tra l’Alleanza Atlantica e il Cremlino e questo l’abbiamo capito tutti.

Quello che forse non è ben chiaro è che i modi ciechi e tronfi che ha usato la NATO verso Mosca stavano maturando i propri mostruosi frutti sotto una brace apparentemente spenta, ormai da venticinque anni, almeno.

La possibilità che due superpotenze, poco inclini al dialogo, arrivassero ad essere vicine di casa, erano facilmente prevedibili e la situazione attuale Ucraina lo testimonia.

Per quanto si faccia un gran parlare di negoziati, stiamo assistendo a tutto il potenziale fallimentare delle diplomazie.

Quel tanto che basta per comprendere che l’annessione dell’Ucraina alla NATO sarebbe stato l’ultimo chiodo sulla tomba della pace inEuropa.

Dove ha sbagliato la NATO

Sarebbe stata un’ingenua utopia pensare di piazzare la NATO ai confini con la Russia senza che quest’ultima di sentisse aggredita e defraudata.

L’ambizione di abbracciare i territori del Cremlino e circondarli con gli Stati dell’Alleanza già si preannunciava come pura follia, anche quando questa velleità espansionistica costituiva quasi una speculazione intellettuale nei salotti di Washington, dove se ne parlava già dal lontano 1994.

Era proprio necessario provocare la Federazione Russa?

Clinton si era già messo in testa in modo caparbio e sconsiderato di annettere anche paesi riconducibili al Patto di Varsavia. 

Infatti non si fecero attendere gli inviti rivolti alla Polonia, all’Ungheria e alla Repubblica Ceca, nel 1998 la festicciola così composta era completa.

Ci stiamo riferendo a manovre decisamente invise alla Russia: un’ondata di rabbia incontenibile fu la risposta della Federazione.

L’allora presidente Boris Eltsin non tardò a far sentire il suo aspro dissenso.

Il vicesegretario di Stato Strobe Talbott all’epoca, si espresse così:

Considerazione inopinabile, alla quale, come abbiamo visto nell’introduzione, gli USA non hanno mai fornito una replica che suonasse logica o esaustiva. 

Torniamo a Kennan, l’ignorato promotore della politica di contenimento statunitense: sosteneva già dal 1998 che di quel passo, saremmo andati incontro a una nuova Guerra Fredda.

Una tragedia non immediata, ma di maturazione lenta e inesorabile, diluita in tutto il tempo in cui gli States avrebbero insistito a non capire (o a fingere di non capire) che le loro manovre erano percepite come ostili e invasive.

Non esiste peggior sordo di chi non vuole ascoltare.

Il guaio è che la situazione attuale dimostra senza ombra di dubbio che Kennan aveva profetizzato il vero.

La testarda arroganza della NATO ha il prezzo che tutti ora stiamo scontando.

Mosca ha consumato tutta la tolleranza

L’ultimo tentativo di dissuasione diplomatica della Federazione, per chi è stato attento, è stato emesso nel 2007 da parte dello stesso Putin, rammaricato della pressione dell’Alleanza che gravava sui confini russi.

La domanda, legittima, era: che fine hanno fatto le garanzie occidentali post Patto di Varsavia?

Di questo passo gli accordi e la fiducia instauratasi saranno destinati a decadere, aggiungeva.

Il quesito implicito era: non è che per caso state progettando di invaderci?

Abbiamo ben riposto la nostra fiducia verso l’Occidente? 

Una fiducia che già nella sua genesi era stata conquistata con fatica e non avrebbe tardato ad assere ritirata dopo i vari tentennamenti e le risposte evasive degli USA.

Una fiducia sprofondata nella gestione miserabile di quelle fragili relazioni diplomatiche già ai tempi di George W. Bush e Barack Obama.

Il rimprovero sottinteso rivolto alla politica di Bush era sempre il medesimo, come un disco rotto: l’ambizione di annettere all’Alleanza Paesi come la Georgia e l’Ucraina sono mosse eccesive, pericolose e destinate ad essere intese come palesi ostilità, nell’ignoranza ostentata delle esigenze espresse chiaramente dalla Federazione Russa.

Le vere cause della crisi in Ucraina

Dopo dodici mesi, la Russia passava dai discorsi (inascoltati) ai fatti: sull’onda di una puerile istigazione di matrice filo-occidentale partita dalla Geogia, Mosca ha spinto le sue truppe armate fino alla capitale, impadronendosi contestualmente di due regioni secessioniste vicine alla Russia.

Sembra una storia già sentita, non è vero?

Ma niente, gli USA hanno insistito a non voler recepire il messaggio.

L’ingerenza di Obama in tal senso ha portato ad una degenerazione senza ritorno: il suo appoggio ai sovversivi che desideravano destituire il presidente dell’Ucraina, particolarmente vicino a Mosca, durante il suo governo a cavallo tra il 2013 e il 2014 è stato un azzardo fatale.

Azzardo che poi si è tramutato rapidamente in quella che conosciamo come la rivoluzione ucraina del 2014, altrimenti detta rivoluzione di Maidan. 

Nel febbraio 2014, i tumulti tra i manifestanti e l’esercito nella capitale Kiev toccarono il vertice con la ritirata del presidente eletto Viktor Janukovyč e la caduta del governo. 

In questo clima di ostilità, per rappresaglia, il Cremlino si è impossessato della Crimea.

La guerra in atto si poteva evitare?

No, non poteva essere evitata. 

La carneficina a cui stiamo assistendo doveva essere evitata nel 2014, tutto ciò che è avvenuto nella politica interna dell’Ucraina è stato il decorso naturale che troppe intromissioni e il fatto di ignorare sistematicamente le avvisaglie proveniente dal Cremlino hanno generato.

Nonostante Putin sia una figura sotto molti aspetti discutibile ( ma non molto più di altre) gli va dato atto di una cosa: aveva chiesto all’occidente delle certezze, e quelle richieste non sono state intese.

O sono state ignorate.

Nella fattispecie, Mosca pretendeva dei vincoli presso la NATO, voleva si rendesse contrattuale una limitazione alle tendenze espansionistiche non gradite, di cui la Federazione Russia si era sovente lamentata e con gran limpidezza verbale.

La Russia non ha mai adottato una comunicazione equivoca, prima che la tensione generale diventasse insostenibile.

I gesti equivoci erano di matrice statunitense e gli USA dovranno rendere conto alla storia di questo.

Putin voleva una garanzia specifica: la non annessione dell’Ucraina alla NATO, la quale non si è mai degnata di fornire una vera risposta prima della sanguinosa invasione russa.

Certo che ora la NATO non annette l’Ucraina: come nazione in guerra non lo può fare.

Molti leader europei erano già stati chiari in merito al fatto che l’Ucraina era una presenza indesiderabile all’interno della NATO: gli USA no, ci hanno provato fino all’ultimo, perseguendo interessi tutt’altro che umanitari o di sostegno.

Le loro basi camuffate dentro il territorio ucraino, ora lo sappiamo, c’erano già.

Sono state rapidamente bombardate dai caccia russi, in barba a una no-fly zone che ora non viene concessa per codardia: la guerra è iniziata, con o senza no-fly zone.

Il popolo ucraino voleva essere una pedina degli USA?

Vogliamo credere di no, eppure questa è una delle condizioni implicite che stanno pagando.

Così come tutti noi stiamo scontando le conseguenze di una miope e reiterata arroganza statunitense.

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