Chiunque si sia approcciato in modo più o meno approfondito ai molteplici temi suggeriti dalla guerra russo-ucraina, che sta davvero sfiorando il rischio di diventare la terza guerra mondiale, ha capito che in gioco ci sono diverse narrazioni.
C'è la narrazione russa, che si contrappone decisamente a quella Occidentale, perseguendo una forma propagandistica piuttosto speculare: si trova il nemico, lo si processa.
Che questo sia il perfido Putin o l'Occidente ostile e malvagio, poco importa.
C'è la versione ucraina, che a volte ha destato qualche sospetto in merito alla sua completa genuinità.
Ci sono numeri scoraggianti, su più fronti, per quanto riguarda i decessi e i civili feriti, mutilati dalle mine antiuomo, truppe esauste, che scavano nel terreno radioattivo le proprie trincee e soffrono la fame, imbestialite dalla brutalità che si genera da sè stessa in un contesto bellico.
Se la narrazione che ci viene somministrata dai media occidentali è un continuo discredito e disprezzo verso la figura di Putin, la stessa cosa non si può dire per le repubbliche separatiste del Donbass.
"La rilevanza del Donetsk e del Luhansk risiede nel fatto di costituire la zona a cui Putin ambisce da sempre, rappresentando così il culmine di ogni lotta nella visione dell'autocrate."
leggiamo su rainews.it
E per quanto la mentalità occidentale faccia fatica a capirlo, il Donbass sostiene Putin e sostiene questa guerra.
Il giorno dopo il riconoscimento da parte dello zar delle repubbliche separatiste filorusse dell'Ucraina orientale, lo scorso 21 febbraio 2022, la nazione è stata percorsa da emozioni contrastanti.
"Contestualmente ad un incremento del nervosismo in Ucraina, il presidente della Federazione Russa comunicava ai media l'appoggio alle repubbliche indipendentiste. Il Cremlino ha fatto partire un esercito per rispristinare l'ordine."
come scriveva poco dopo l'Istituto per gli studi di Politica Internazionale ispionline.it
C'è chi si è professato scioccato e principalmente lo sono stati i residenti a Kiev, i quali hanno inteso l'invasione russa come la notizia più spaventosa dopo otto anni di recrudescenze a est.
All'inizio, i toni pacati di molti ucraini si esprimevano affermando che capivano il punto di vista russo, così come il fatto che la guerra era temuta da entrambe le parti.
Questo, almeno stando alle interviste ai civili agli albori della guerra, ma parliamo della capitale: nel Donbass, la situazione era davvero molto diversa.
"L'accordo di Minsk ha sancito la riannessione delle repubbliche separatiste al territorio ucraino, purchè la nazione accettasse di concedere loro una più forte indipendenza. Purtroppo, la convenzione è rimasta tale solo sulla carta."
leggiamo su ilsole24ore.com
Donbass, ecco perchè i cittadini sono dalla parte di Putin
Al contrario di quanto accadeva in una Kiev avvolta dall'ansia, il 21 febbraio 2022 a Donetsk, nel Donbass, si festeggiava.
Le immagini del popolo esultante hanno fatto il giro del mondo in pochi secondi: la gente riversata in strada si è lasciata andare a danze, canti, caroselli e inni alla Russia.
Qualcuno di fronte alle telecamere ha dichiarato che si sentiva coinvolto in un momento storico importantissimo e che ne avrebbe avute da raccontare ai suoi figli e ai suoi nipoti.
Qualcun altro affermava di sentirsi preda di emozioni indescrivibili, indimenticabili.
Per otto anni la situazione era rimasta congelata: finalmente la gente poteva festeggiare il fatto di avere uno spiraglio, grazie a Putin, per affrancarsi completamente dall'ucraina e diventare finalmente la Repubblica popolare di Donetsk.
Donetsk è una città di confine e capitale di fatto della repubblica popolare filorussa. Al suo ingresso un cartello declama "Ucraina, 6 km" come a rimarcare un'identità negata.
La cronista di un telegiornale locale, l'indomani del riconoscimento di Putin alle Repubbliche autoproclamate, ha commentato in diretta: "Qui, nella città russa di Donetsk, la vita procede come al solito. La gente del posto non sembra sorpresa dalla decisione di Putin di riconoscere l'autoproclamata Repubblica di Luhansk."
In realtà, i russofoni, come tutte le parti in gioco, non conoscevano esattamente il prorpio destino: ad oggi si può pensare che nessuno di loro sappia se riuscirà a sopravvivere o no.
Certo, nessuno di loro avrebbe voluto una guerra: nessuno al mondo ha bisogno di una guerra.
Però nello stesso tempo i russofoni hanno visto nell'invasione una decisione giusta di Putin, una scelta che li ha fatti sentire protetti.
Dobbiamo considerare le necessità di una popolazione rimasta sotto i bombardamenti per otto lunghi anni. Il conflitto a fuoco in Donbass non era certo una novità.
Donbass, testimonianze dei cittadini favorevoli a Putin
La ricchezza di chiavi di lettura nel contesto del conflitto russo-ucraino non cessa di stupire.
Come accennato precedentemente, la propaganda non solo non ha fatto un buon servizio all'informazione, ma ha incrementato l'escalation militare più che la ricerca di negoziati di pace.
C'è anche da dire un'altra cosa: sono tristemente scarse le testimonianze raccolte in Donbass tra i cittadini.
Abbiamo ascoltato Kiev e Mosca, ma per una buona fetta di opinione pubblica la questione delle repubbliche del Donbass è passata in sordina, come se fosse secondaria, mentre una regione così minuscola al cospetto del globo ha scatenato un conflitto mostruoso i cui effetti sono ancora tutti da vedere.
Dalle rare clip trasmesse in cui i civili del Donbass sono stati interpellati di fronte alla telecamera, la loro volontà di restare vicini alla Russia era chiara, così come la loro gratitudine verso un'invasione (quella russa) che finalmente avrebbe potuto far cessare i bombardamenti cui sono stati sottoposti per otto anni.
Nel quasi silenzio stampa mediatico, a confronto dei fragori a cui ci siamo abituati da due mesi a questa parte.
"Stiamo aspettando la pace" diceva una signora al cronista lo scorso febbraio "Perchè siamo tutti fratelli russi, quindi tutto andrà bene. Sarà meglio di prima, ci sarà stabilità, anche nelle famiglie. I bambini torneranno a casa, i vecchi, i giovani. tutto andrà bene."
Un uomo di mezza età proclama con certa soddisfazione: "Sono a favore delle repubbliche separatiste, tutto sarebbe dovuto accadere molto tempo fa, questo è sicuro. Perchè il popolo russo è qui da anni, e noi siamo russi."
Chi sono i separatisti filorussi e perchè Putin vuole denazificare l'Ucraina: il battaglione Azov
Molti pensano che l'idea di Putin di denazificare l'Ucraina sia una trovata propagandistica.
In effetti lo è.
Ma si tratta pur sempre di una scusa che affonda le radici su fatti reali.
Come spiegavo qui, in un mio precedente articolo, l'Ucraina ha una lunga tradizione neonazista, dall'osteggiata figura del fedelissimo a Hitler, Stephan Bandera, fino all'ormai celebre plotone Azov, che definire di estrema destra è un eufemismo.
"La frangia fascista ucraina comprende anche il Corpo Nazionale, protuberanza del esercito di Azov: di matrice nazista e in seguito ai tumulti del 2014, hanno lottato in Donbass contro gli indipendentisti russofoni."
come leggiamo su micromega.net
Ricordiamo che ad oggi gli Azov sono parte integrante della forze di polizia e non solo dell'esercito ucraino.
Le testuali parole di Putin, sono state "L'ucraina è governata da nazisti e drogati."
Vero che Zelensky è di fede ebraica, ma ciò non è servito a schermarlo dalle critiche.
Chi sono i separatisti filorussi e perchè tutto è iniziato nel Donbass, obiettivo fondamentale della guerra di Putin
Donbass significa letteralmente bacino del Donec e Donetsk è un fiume che taglia la regione, suddivisa in tre parti: si chiamano "oblast" e sono Luhansk, donetsk e Kharkiv.
Con i suoi giacimenti di carbone, il quale viene estratto in un ammontare annuo di 10 tonnellate, questa è una delle zone in assoluto più ricca di materie prime al mondo.
Dal 2014 il Donbass si è dichiarato indipendente, con il nome di Repubblica popolare di Donetsk e di Luhansk, ed è da allora che infuria una guerra su quei territori: da un lato i separatisti filorussi appoggiati dalla Russia, dall'altro gli ucraini appoggiati dal battaglione Azov.
Com'è nata l'ostilità tra le frange separatiste e il governo di Kiev?
Nel 1991 abbiamo assistito al crollo dell'Unione Sovietica: contemporaneamente in Ucraina si votava il referendum per l'indipendenza del Paese.
Oltre il 90% dei cittadini ucraini si è detto favorevole all'autodeterminazione, posizione resa però ambigua negli anni successivi dai governi in carica.
Oscillando tra simpatie filorusse piuttosto che filoeuropee, il malcontento della popolazione iniziava a farsi sentire.
Nel 2010 il filorusso Viktor Yanukovich vince le elezioni con una differenza risibile contro l'europeista Yulia Tymoshenko: questa distanza dello 3,6% percento dei voti tra i due candidati opposti dava un'idea precisa della frattura che spaccava in due l'Ucraina.
Nel 2013 Yanukovich rifiutò di firmare un trattato di associazione con l'Unione Europea e delocalizzò alcuni comparti industriali dall'Ucraina alla Russia, cedette alcuni territori alla Cina e accettò i finanziamenti russi in rubli, legandosi così indissolubilmente a Putin.
Quando gli accordi con l'Europa non vennero firmati, in una notte del novembre del 2013, la popolazione filoeuropeista si riversò sulle strade dando vita ai tumulti che andarono a culminare nel 2014, quando Obama contribuì a destabilizzare il governo e destituire il presidente.
In sintesi, la denazificazione dell'Ucraina da parte di Putin rimane una questione propagandistica a cui si stenta a credere, ciò non toglie che i neonazisti in ucraina ci siano eccome, e anche in nutrite file.
Ciò che lega Putin alle repubbliche separatiste è un senso di appartenenza, condiviso dal popolo, nonchè un territorio estremamente generoso, affacciato sul mar D'Azov, cui lo zar non rinuncerà tanto facilmente.