Draghi: no allarmismo, ma pensiamo ai razionamenti!

Perchè Draghi parla di razionamenti se non c'è un allarme effettivo? I razionamenti sono già in atto, visto l'aumento dei costi di gas, petrolio e pane!

“Se tutto dovesse precipitare, dovremmo iniziare ad attuare una politica di contenimento dei consumi”

così si espresso oggi il premier Mario Draghi in conferenza stampa, come riportato su ansa.it

Lo ha detto mettendo le mani avanti, come se fosse un’eventualità remota: ma se così fosse, perchè iniziare a pensarci dati tutti i problemi che ci sono?

Draghi è una figura controversa, non un banchiere prestato alla politica, ma un politico prestato alla gestione bancaria:

“Colui che ha introdotto la politica nella gestione della BCE, è un uomo che ama conservare il proprio potere decisionale in solitaria, con una concezione europeistica limpida, ma non è stato mai incline all’ideologia federalista.”

Così lo ha descritto la collega Imma Duni nel suo articolo su trend-online.com.

Oltre a ricordarci anche la valanga di notizie false che Super Mario avrebbe perpetrato per giustificare le restrizioni dovute al Covid 19, complice un settore mediatico pagato profumatamente per accontentare il suo governo.

Ancora una volta, ci sembra di assistere al lancio del sasso e all’occultamento dell’arto.

Facciamo mente locale su cosa possa significare il termine “razionamento” in gergo bellico.

“Durante la seconda guerra mondiale circolava scarsamente il cibo. I più avvantaggiati erano gli agricoltori, messi nelle condizioni di autoprodursi le derrate, mentre nelle città i rifornimenti erano a volte bimestrali e ciò che si poteva acquistare aveva prezzi esorbitanti.”

leggiamo a tal proposito su storiologia.it, che ci fornisce uno spaccato relativo alla seconda guerra mondiale.

E dunque, dopo le bollette astronomiche e il petrolio venduto a peso d’oro, quasi fosse veramente accessibile solo agli sceicchi, adesso dovremmo fare i conti con il cibo?

Non è un allarme, non è cosa di cui preoccuparsi perchè la prospettiva di una guerra che coinvolga anche il nostro paese è cosa lontana.

Però lo dice in conferenza stampa.

Qualcosa non torna. Per quale motivo invitare la popolazione a non allarmarsi andando ad insinuare quello che di fatto suona come un allarme?

La lista nera di Putin.

La vicepremier di Zelensky, la vitrea donna ucraina che porta il nome di Iryna Vereshchuk, lo ha detto senza troppi fronzoli in una video intervista a Otto e Mezzo, su La7, che ho commentato nel dettaglio in un mio precedente articolo: è anche colpa dell’Occidente.

Se vi siete macchiati di ignavia voltando lo sguardo per non vedere il sangue schizzare già dal 2014 sono affari vostri.

Dovevate intervenire in modo più incisivo e severo, con le blande sanzioni che avevate emesso all’epoca avete concesso a Putin di credere fosse possibile fare ciò che sta facendo.

Non ci saranno negoziati, e voi siete formalmente in guerra.

Per quanto sgradevole sia il messaggio, viene voglia di apprezzare la schiettezza di questa donna, soprattutto se confrontata col gergo demagogico e fumoso dei nostri politici.

Dico ma non dico, faccio ma non faccio, intanto ho armato l’Ucraina. 

Per questo motivo Putin ci ha già iscritti, come Italia, nel libro nero dei paesi ostili.

Lo siamo per merito della belligeranza di Draghi

Colui, che in prossimità di un voto parlamentare volto a decidere la nostra ingerenza, ha proferito parole che suonavano come un grido di battaglia: non possiamo astenerci dall’intervenire!

Inviando armi, siamo diventati un paese ostile, e come ha ricordato Zelensky in video conferenza a Londra, ospite di Boris Johnson e al cospetto di tutti i rappresentanti Baltici: i prossimi, nel mirino di Putin sarete voi. Riferendosi agli Stati dell’Alleanza.

Poichè lui sa bene chi gli sta prestando il fianco e chi gli si sta mettendo di traverso, che ci sia una no-fly zone o meno.

Draghi sa di aver fatto la frittata e da politico c’è il sospetto che lo sapesse da prima e che l’avesse confezionata appositamente: solo che gli pesa dircelo, per non scatenare il caos. 

Il popolo italiano ha sopportato tante cose, in particolare negli ultimi due anni: ma la terza guerra mondiale è un’idea che non tollera nessuno.

La vera corsa all’espansionismo sfrenato vede solo due protagonisti principali: USA e Russia. 

Ma noi ci andiamo inevitabilmente di mezzo.

A nessuno è mai venuto il dubbio che l’Ucraina potesse essere solo un capro espiatorio?

La scelta dell’invio di armi

La scelta di invio di armi è necessariamente un scelta coerente con la belligeranza.

A tal proposito si è espresso anche Marco travaglio, intervistato da Lilly Gruber, la videointervista potete vederla qui.

L’invito è di fare attenzione, come disse il capo della CIA in merito a un eccessivo allargamento della NATO verso est.

Fare attenzione all’invio di armi, perchè in tal modo forniamo munizioni al revanscismo nazionalista russofono.

Fare attenzione anche a tutte le volte in cui, in passato, l’Occidente ha pensato di poter decidere il governo di Paesi anche molto distanti: l’esempio più classico a suffragio di queste parole è il fatto di aver annientato Saddam Hussein per poi ritrovarci a fare i conti con l’ISIS.

Abbiamo sostenuto con fervido entusiasmo le Primavere Arabe favorendo di default dei colpi di stato perchè poi sono saliti al governo quelli sbagliati, alle elezioni vincevano i fondamentalisti islamici.

Tentando di far fuori i Talebani, siamo dovuti scappare, come Occidente, per poi vederli tornare più potenti e sostenuti da un consenso più forte di quanto non avessero prima.

Sarebbe bello ogni tanto, occuparsi degli affari propri.

Senza andare a devastare equilibri, pur conflittuali, pur segnati dalla lacerazione, dei quali non sappiamo nulla.

E non si tratta di ignavia, ma di umiltà. 

L’epoca in cui facciamo passare gli interventi USA o NATO come umanitari, quindi scevri da ogni interesse politico o espansionistico, va fatta cessare al più presto.

Bisogna evitare di gettare le basi per un’altra guerra, finita questa. 

Putin o non Putin, nessuno possiede una sfera divinatoria di cristallo e può dire con certezza che chi lo andrebbe a sostituire sarebbe meglio di lui.

Se la cosa non si risolve con i negoziati, l’invio di armi è comunque rischioso. 

Fa sorridere un Enrico Letta che giustifica la cosa dicendo che mandiamo armi non aggressive: non significa nulla. 

O si tratta di cerbottane, o si tratta di strumenti offensivi.

Lo sbaglio è fornire armi non come massa compatta sotto il profilo della NATO, ma come scelta individuale di ogni stato: poi lamentati di finire in black list.

L’Italia non ha inviato cerbottane.

E’ entrata nella belligeranza: l’allarme esiste.

Cosa intende Draghi per razionamenti

Ora, c’è qualcuno che sostiene che la guerra sia una scusa per giustificare l’incremento assurdo dei prezzi del gas e del petrolio. Così come quelli del grano, e dei prodotti che lo contengono.

E’ un fatto che l’Ucraina è stata uno dei più grandi produttori produttori di grano in Europa, i colori della sua bandiera ce lo ricordano: l’azzurro del cielo, il giallo delle spighe.

Che ci siano dei furbetti sul mercato, nel settore grano e derivati, che hanno già pensato di alzare i prezzi di pane e pasta lo vediamo: basta andare a fare la spesa.

“Incremento inaudito, all’80%, dei costi del grano, il Codacons è chiamato ad agire.”

scrive ondanews.it

Poi, ma guarda tu il caso, Draghi afferma che non c’è nessun allarme (ma noi ora sappiamo bene di essere nel mirino) ma che si sta pensando alla questione dei razionamenti.

Beh, che male ci sarebbe ad essere previdenti?

Previdenti si, ritardati no.

Ci si mette poco a fare due più due se ricordiamo che il termine “razionamenti” coincide con il termine “aumento del costo del cibo”.

Già da adesso, nei supermercati, su alcuni generi alimentari è comparsa la dicitura: non è possibile comprarne più di due.

Altri buoni fornitori di grano sono Francia, Germania, Canada, Pakistan, USA, Australia, solo per citarne alcuni.

L’aumento sconsiderato del costo di pane e pasta non può in alcun modo trovare la sua giustificazione nella guerra in Ucraina, ma in una politica, quella nostrana, che nel post pandemia e dopo il crollo economico che ne è condizione consequenziale, non ha ancora cessato di stringerci il cappio al collo.

Per fortuna abbiamo i bonus su qualunque cosa: una mano da, una mano toglie. 

E’ un vecchio trucchetto da poveri.

Draghi e l’utilizzo del gergo bellico.

Un’altra domanda che viene da porsi è: a che pro, utilizzare un gergo di palese derivazione bellica per sottomettere un popolo già sconfitto, stanco, impoverito e al limite della sopravvivenza?

Parlare di economia bellica, significa alludere a una transizione delle risorse, da quelle primarie, a quelle destinate alla produzione di armi.

Sembra di capire, tra le righe, che al nostro premier interessi particolarmente quel comparto finanziario, tanto da abituarci all’idea che potremmo entrare a far parte attiva di un conflitto devastante (ma si guarda bene dal proclamarlo a chiare lettere per non suscitare il panico).

Dopo averci ammansiti con il terrore, potrebbe sentirsi libero di investire, lontano da occhi indiscreti, su un settore che come le farmacie e le pompe funebri non risente mai la crisi: la progettazione e costruzione di armi.

Anche a costo di toglierci il pane, non in senso figurativo, perchè quel tipo di manovra è già in atto.

Questa potrebbe essere l’ipotesi alternativa alla ben più allarmante prospettiva del rischio nucleare.

Parlare di razionamenti, a livello psicologico, apre la mente agli stessi scenari che stanno trasmettendo i nostri telegiornali, dove vediamo i supermercati di Kiev progressivamente svuotati e la gente che attende le derrate con cadenza settimanale o mensile.

Suona già sentito?

Si, sembra un orrido revival degli anni ’40.

Il razionamento, per quanto concerne l’ormai lussuosissimo comparto energetico, si tradurrebbe nella provvisoria sospensione delle forniture o delle produzioni.

Nelle case, o negli uffici, questo vorrebbe dire avere un accesso limitato ad alcune ore giornaliere di quelle forniture.

E i prezzi continuerebbero a salire fino a raggiungere la cima del monte Olimpo. 

Per il gas liquido del Qatar non abbiamo i rigassificatori, quindi le strutture idonee a utilizzare quel tipo di materia prima.

O meglio, li abbiamo, ma per soddisfare una minima percentuale del fabbisogno del Paese. 

Se volevano risparmiare potevano lasciare Di Maio a casa invece di mandarlo in villeggiatura negli emirati arabi a risolvere niente, peraltro di tasca nostra.

Per poi uscirsene con vaghe retoriche illusionistiche sul fatto che l’Italia ce la farà, il mondo è colmo di materie prime. 

Non è vero. Le materie prime sono preziose proprio perchè non sono inesauribili. O anche non sempre comparitibili con gli apparati di trasformazione e distribuzione di uno stato.

Bene le sanzioni alla Russia, bene a un’Europa umanitaria che si sacrifica per evitare un genocidio: ma il genocidio va avanti.

Un genocidio non alleviato, ma pagato di tasca nostra.

Una situazione dove, come spesso accade, le multinazionali si arricchiscono (sia la guerra una scusa o una difficoltà reale) e i cittadini crepano di freddo e di fame.

Se il programma di Draghi è questo, siamo alla frutta.

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