Elezioni Regionali, vince l'astensionismo. Perchè 6 elettori su 10 non vanno a votare

Elezioni Regionali Lazio e Lombardia, successi per Rocca e Fontana. Ma vince anche l'astensionismo con 6 cittadini su 10 che non hanno votato.

La scheda elettorale della Regione Lombardia

Le Elezioni Regionali del 12-13 febbraio 2023 sono state vinte nettamente dalla coalizione di centrodestra, che si è confermata alla guida della Regione Lombardia con Attilio Fontana (eletto per un nuovo mandato). Vittoria anche nel Lazio, strappato al centrosinistra il Governo della Regione.

A guidare la Regione Lazio per i prossimi cinque anni ci sarà Francesco Rocca. Se il dato politico è questo ed è incontrovertibile il fatto del successo del centrodestra va aperta una ulteriore importante riflessione sull'affluenza alle urne.

Dopo il risultato già deludente dell'affluenza alle Politiche dello scorso settembre anche in queste regionali l'affluenza è stata molto bassa e l'astensione alle stelle. Perchè sei elettori su dieci scelgono di non andare a votare? Cerchiamo di approfondire questo tema.

Elezioni Regionali vince l'astensionismo, votano solo quattro elettori su dieci

Iniziamo dai numeri. Votavano due delle Regioni più importanti del nostro paese.

Il dato medio nazionale della partecipazione tra le due Regioni è del 40,01%. Alle Regionali del 2018 i votanti erano stati pari al 70,63% anche se ad onor del vero va sottolineato che erano elezioni regionali abbinate alle Elezioni Politiche di quell'anno e quindi non comparabili come situazioni visto l'indiscutibile traino che portano le elezioni politiche.

Tornando a questa consultazione elettorale: nel Lazio ha votato il 37,20% degli aventi diritto a fronte del 66,55% della tornata precedente. Mentre in Lombardia ha votato il 41,68% degli aventi diritto al voto a fronte del 73,11% di cinque anni fa.

Analizzando il dato delle due metropoli si vede che a Roma si è recato alle urne solamente il 35,17% delle persone a fronte del 65,46% del 2018. A Milano ha votato il 41,55% a fronte del 72,02% di cinque anni fa. Numeri in assoluto molto bassi.

Quando il voto non cambia le cose: qual è la causa dell'astensionismo?

Quali sono le cause che portano ad una così bassa affluenza alle urne? In questo caso di queste elezioni Regionali pesano sicuramente diversi fattori.

In primo luogo, non si può non notare come in assoluto ci sia una tendenza in discesa della partecipazione. Questo vale per le Elezioni Politiche, per le Regionali, per i Referendum. C'è sempre più distacco tra i cittadini e la politica. Tra i rappresentanti dei cittadini nelle istituzioni e tra le persone che dovrebbero essere rappresentate.

In primo luogo i cittadini di fatto, a torto o a ragione, ritengono che il loro voto non cambi le cose. Il loro voto non vada ad incidere. E questo fatto va sicuramente ad aumentare quell'area del non voto che è sempre più estesa.

La Regione: un ente distante agli occhi degli elettori

Se l'analisi deve vertere in particolare su questa specifica consultazione elettorale va anche aggiunto un altro fattore.

La Regione non viene percepita esattamente come un ente ”vicino” ai cittadini. Se alle Elezioni Politiche nazionali si va a votare (anche se il dato del 63% dello scorso 25 settembre deve fare aprire una riflessione anche qui) anche nell'ottica di scegliere i rappresentanti del Governo e alle Comunali si va a votare in misura maggiore perché si percepisce più vicina la figura del sindaco, per la Regione è diverso.

Le Regioni non sono percepite un ente "vicino" come i Comuni e non sono politicamente elezioni rilevanti come quelle per il Parlamento. Sono comparabili per certi versi ad un altro tipo di elezione che soffre di questi tempi come quella per il Parlamento Europeo.

Un esito annunciato?

C'è poi da aggiungere un altro elemento. La partecipazione ad una consultazione elettorale tende ad aumentare se l'esito non è prevedibile.

Se l'esito di una elezione come queste Elezioni Regionali, invece sembra essere molto chiaro e percepito nell'opinione pubblica a priori, l'affluenza alle urne cala.

In questa situazione, in entrambe le situazioni, c'era un centrodestra unito e compatto attorno ad un suo candidato. Mentre sul fronte opposto più candidature in contrapposizione tra loro e a pescare nello stesso elettorato.

Il Partito Democratico ad alleanze variabili (con Azione e Italia Viva nel Lazio e con il Movimento 5 Stelle in Lombardia) e senza un leader in campo insieme ai candidati per via della fase congressuale che sta vivendo, non veniva percepito come un partito in grado di esprimere candidati in grado di essere competitivi.

Da una parte una coalizione unita, dall'altra coalizioni divise e con più candidati hanno dato l'immagine che l'esito dell'elezione era scontato e prevedibile e quindi ha disincentivato (soprattutto per quel che riguarda gli elettori dei partiti dell'area di centrosinistra) al massimo l'affluenza.

Elezioni Regionali, quali sono le cause che portano al fatto che sei elettori su dieci disertino le urne: elettorato sempre meno di appartenenza

L'elevato astensionismo ad ogni tipo di elezione è anche da collegarsi ormai al fatto che l'elettorato di appartenenza sta riducendosi sempre più.

Un elettorato che va a votare sempre e comunque in ogni consultazione e quasi sempre per lo stesso partito a prescindere, ormai è un ricordo del passato.

Si passa sempre più ad un elettorato di opinione. I partiti sono decisamente meno radicati sul territorio, gli elettori molto spesso decidono il loro voto in base alle "dichiarazioni televisive" del leader di turno ed è molto più diffuso il fatto di cambiare partito da un voto all'altro o decidere di non andare alle urne rispetto a quanto avveniva un tempo.