Corsa alla parità di genere: UE approva quote rosa nei cda!

L'Unione europea ha approvato una direttiva che garantisce delle quote rosa nei cda! Ecco cosa cambia per l'Italia!

La parità di genere è un traguardo che non abbiamo ancora raggiunto, ma nel corso degli anni sono stati fatti diversi passi avanti nell’acquisizione di tutti quei diritti che porterebbero sicuramente dei vantaggi non solo alle donne ma anche agli uomini.

La parità di genere, dunque, è uno degli obiettivi che il Parlamento europeo, la Commissione europea ed il Consiglio europeo si propongono di raggiungere entro un breve lasso di tempo. Questi, hanno raggiunto finalmente un accordo sulla direttiva “Women on boards” sulla parità di genere. Nel dettaglio, la direttiva prevede di aumentare le quote rosa e, quindi, il numero di donne nei consigli di amministrazione.

Quest’obiettivo, in base alla direttiva, dovrebbe essere raggiunto entro il 2026. Le società quotate, in sostanza, dovrebbero mirare a garantire almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi o almeno il 33% dei posti di amministratore con o senza incarichi esecutivi alle donne.

Ma perché promuovere una direttiva che garantisce la partecipazione delle donne nei processi decisionali? In realtà, le donne partecipano ancora poco ai processi decisionali in ambito economico, soprattutto ai massimi livelli. Le donne che occupano dei ruoli di rilievo sono pochissime, nonostante la percentuale di laureate sia maggiore rispetto ai laureati.

Prima proposta dieci anni fa, nel 2012!

Come scrive il Corriere della sera, una prima proposta era stata depositata nel lontano 2012 ed il Parlamento europeo aveva la sua posizione negoziale nel 2013. Dopo uno stop durato 10 anni, i tre organi principali dell’Ue hanno finalmente raggiunto un accordo, commentato successivamente dalla presidente delle Commissione Europea e dalla presidente del Parlamento europea:

“Finalmente abbiamo un accordo sulla proposta della Commissione WomenOnBoards” – commenta su Twitter Ursula Von der Leyen – Grazie a tutti coloro che hanno lavorato su questo file chiave per un decennio. Questo è un grande giorno per le donne in Europa. È anche un grande giorno per le aziende perché più diversità significa più crescita, più innovazione”

“La direttiva #Womenonboards è una direttiva win-win. Vantaggiosa per le donne, per gli uomini, per le imprese, per i dipendenti. L’accordo di oggi vedrà più donne prendere il comando nel settore delle imprese – aggiunge Roberta Metsola – Le aziende Ue guadagneranno con più donne in ruoli di primo piano. Possiamo equilibrare il campo di gioco”

Ma cosa cambierà per i paesi dell’Unione Europea?

Come accade con ogni direttiva dell’Ue, ogni Stato sarà tenuto ad osservarla e ad applicarla. Questo, quindi, comporterà delle sanzioni per il mancato rispetto degli obblighi. Cosa vuol dire? Nel caso in cui lo Stato dovesse disobbedire alla direttiva, verrebbe punito. 

La direttiva stessa, infatti, prevede delle sanzioni per chi non rispetta gli obiettivi, come spiega l’eurodeputata austriaca Evelyn Regner:

“La natura delle sanzioni è una decisione che spetta agli stati membri, che dovranno attuarle. Ci sono ad esempio Paesi che hanno già misure efficaci come Francia ed Italia”

Tuttavia, raggiungere la parità di genere è molto difficile e secondo il report Gender Gap del Wef ci vorranno ancora molti anni prima di poterla raggiungere. Un’altra generazione di donne, quindi, dovrà attendere, dice il Global Gap Report 2021 del World Economic Forum.

L’impatto del Covid sulla parità di genere

A causa del Covid, infatti, il traguardo si è allontanato di 135,6 anni. Un tempo infinito.

Il Covid ha avuto un impatto disastroso sulle nostre vite, rallentando ogni sviluppo in abito sociale. Il report evidenzia un rallentamento della corsa verso l’uguaglianza tra uomini e donne “nonostante si stiano creando condizioni di parità in termini di educazione e condizioni sanitarie, le donne non hanno le stesse opportunità, fronteggiano ostacoli economici, un peggioramento della partecipazione politica e difficoltà nel mantenere il posto di lavoro”.

Purtroppo, ci vorranno ancora 135,6 anni, a fronte dei 99,5 previsti prima dello scoppio della pandemia. La cosa che più preoccupa è che secondo il report “il mondo non è sulla buona strada per colmare il divario di genere. Un’altra generazione di donne dovrà aspettare” – dice il WEF.

“Il rapporto annuale dell’organizzazione con sede a Ginevra tiene traccia delle disparità tra i sessi in 156 paesi in quattro aree: istruzione, salute, opportunità economiche ed emancipazione politica.” – scrive l’Ansa.

La speranza è che la direttiva europea possa riuscire a colmare il divario di genere ed a sostenere i progressi fatti fino ad ora. Infatti, nonostante la lentezza della sua approvazione, le donne hanno cercato gradualmente e autonomamente di colmare il divario di genere nei settori come la salute e l’istruzione.

Tuttavia, vi sono settori lavorativi dove senza una spinta è difficile che le donne trovino il loro spazio e la pandemia certamente non ha aiutato. Sempre secondo l’Ansa, “il WEF ha indicato uno studio dell’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite che mostra che le donne hanno maggiori probabilità di perdere il lavoro durante la crisi”.

Questa situazione paradossale ha avuto un impatto negativo anche sulla produzione. L’amministratore delegato del WEF, Saadia Zahidi, ha dichiarato giustamente che “se vogliamo un’economia futura dinamica, è vitale che le donne siano rappresentate nei lavori di domani. Questo è il momento per incorporare la parità di genere nella ripresa.

La classifica del Gender Gap

Il divario di genere, secondo il report, è molto più accentuato nei paesi a sud del mondo. Nel complesso, infatti, i paesi nordici hanno dominato la classifica stilata dal WEF: 

“il divario tra uomini e donne è stato più ridotto in Islanda, per il dodicesimo anno consecutivo, seguito da Finlandia e Norvegia. La Nuova Zelanda ha ottenuto il quarto posto, davanti alla Svezia, seguita dalla Namibia. Gli Usa sono solo 30esimi.”

E l’Italia in tutto ciò dove si trova? La posizione dell’Italia è migliorata di molto, infatti, il nostro paese di trova al sessantaduesimo posto, salendo di 14 posizioni. Solamente nel 2020 l’Italia era settantaseiesima. Nell’ambito dell’emancipazione politica femminile, ci troviamo al quarantunesimo posto, mentre al trentatreesimo posto in quanto al numero di donne che ricoprono posizioni ministeriali.

Nell’ambito dell’istruzione, sono incrementate le iscrizioni ai corsi di laurea scientifici e nelle materie Stem. Qui, “provengono solo il 15,7% delle laureate, quasi la metà rispetto ai maschi (33,9%)

“E ancora, parità di genere lontana nel lavoro part time (49,9% delle donne, contro il 21,4% degli uomini) e nei redditi: la media femminile è del 42,8% più bassa rispetto agli uomini, e persino quando svolgono mansioni simili, le donne soffrono ancora un gap di ben il 46,7% rispetto agli stipendi degli uomini.”

Anche la Consob, ai dati del report, ha aggiunto un altro dato, ossia “meno del 2% di donne nel ruolo di amministratore delegato delle società presenti in Borsa a Milano, al di sotto del 4% per la carica di presidente: un dato forte, anche se la presenza femminile nei Cda delle quotate come consigliere si avvicina al 40% previsto oggi dalla legge.

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