Russia e Servizi Segreti: a Mosca saltano teste!

Chi sono i fedelissimi di Putin e chi sta saltando al Cremlino per una guerra logorante, che non sta portando i risultati sperati? L'analisi.

Quando le cose al Cremlino si mettono male, le teste di alcuni fedelissimi iniziano a saltare.

Putin è in uno stato di isolamento claustrofobico, anche i suoi connazionali ha iniziato a biasimare le sue azioni vessatorie. 

Non solo nei confronti dell’Ucraina, ma anche nei confronti degli stessi cittadini russi.

Le limitazioni ai servizi web, l’abbandono delle multinazionali sul territorio, la recessione economica in cui li sta conducendo egoisticamente a causa delle sanzioni ricevute dalla NATO, la chiusura di diverse esportazioni e imprese, lo stanno mettendo sotto una cattiva luce.

Le velleità espansionistiche stanno fagocitando l’autocrate, che trascina con sè all’inferno tutto ciò che lo circonda, come fosse una stella collassata. Un buco nero.

Quando le cose vanno male, chi non sa prendersi le proprie responsabilità e sente il peso di un ego a dir poco ingombrante, ha bisogno di incolpare qualcuno.

“Aleggia la sensazione che ai vertici di Mosca ci sia una vera e propria caccia al capro espiatorio, si cercano i cattivi consiglieri di Putin, la responsabilità ricade sui Servizi Segreti”

così scrive ilgiornale.it in merito.

La corte dei miracoli dell’autocrate è sotto processo.

Inoltre essa appare divisa da crepe abissali.

Ci si riferisce in modo molto specifico agli oligarchi, persone di opulenta ricchezza con capitali distribuiti in ogni angolo del globo, fedeli al presidente perchè l’abbondanza l’han incrementata restando nelle sue grazie.

Ebbene, quell’abbondanza va scemando e più rapidamente scivola tra le dita degli oligarchi, più l’autocrate rimane solo.

Lo zar è nudo? Il suo regno sta crollando?

Forse è presto per dirlo, ma i presupposti ci sono tutti.

A partire dallo Swift, famosa sanzione a doppio taglio di cui già abbiamo indagato gli effetti in altri articoli, per cui qua ci limiteremo a ricordare che essa si esprime principalmente in un isolamento finanziario e una seria di difficoltà nelle transazioni con gli istituti bancari esteri.

Cosa che ha mandato l’aragosta di traverso a parecchi oligarchi che sui quei commerci e quelle transazioni avevano fondato immani capitali.

In tutto questo, anche l’apparato statale si sta ammalando con ferite profonde.

Il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, l’uomo sempre sul pezzo e fedele vassallo di Putin, sembra essere stato demansionato ed escluso da ogni potere decisionale in merito alla questione ucraina. 

Scelta emblematica, poichè Lavrov è sempre stato uno dei volti chiave della dura e perentoria diplomazia del Cremlino, il cui pragmatismo non era mai stato messo in discussione fino ad oggi.

A seguire questo affondo nell’entourage politico di Putin, la piramide sommersa che è attualmente oggetto di acri discussioni parrebbe essere quella dei Servizi Segreti.

Tuttavia, solo poche ore fa, Naryshkin, il il più alto gerarca dell’Intelligence russa, si è espresso in questi toni:

“L’avvenire del Paese deve ancora delinearsi ma non torneremo mai sui nostri passi. Andiamo avanti sulla strada di quella sovranità che è sempre stata caratteristica fondante della Russia.” 

come riportato su lastampa.it

Una presa di posizione dovuta, o meglio obbligata, data la coltre di gelo che due settimane fa si è posata sullo stesso Naryshkin. 

I rapporti con i servizi segreti

Dopo l’irruzione delle truppe belliche russe in Ucraina, è diventata virale la conferenza stampa in cui Putin, con ostentata tracotanza, ha ripreso aspramente Naryshkin, il quale semplicemente chiedeva di ponderare, prima dell’attacco, azzardando l’ipotesi dell’annessione alla Russia delle repubbliche separatiste.

“La soluzione che oggi proponi è di avviare il processo di negoziazione?” ha chiesto Putin con malcelato sarcasmo.

Naryshkin tentenna, in stato di difficoltà palpabile.

“O di sostenere la proposta di riconoscimento della sovranità?” insiste Putin

Naryshkin balbetta.

“Parli con chiarezza” lo incalza Putin.

“Sosterrei la proposta di riconoscimento” prova a rispondere Naryshkin

“Sosterrei o sostieni? Parli con chiarezza” il sorriso di Putin si piega in una smorfia.

“Lo sostengo.” riprende Naryshkin

“Bene, basta dirlo no?” Putin diventa serio.

“Si lo sostengo. Appoggio la proposta di includere le Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk nella Federazione Russa.”

“Ma noi non stiamo parlando di questo! Si tratta di riconoscere o meno la loro indipendenza!” Putin ride con sarcasmo.

“Si, la sostengo.” Cede alla fine Naryskin.

Questo spaccato democratico del peso decisionale (nullo) degli uomini di Putin potete guardarlo postato da La Repubblica, sottotitolato, qui.

Una breve conversazione che lascia intendere molte cose.

Dimenticatevi il folkloristico Parlamento italiano, che si esprime a motteggi, schiamazzi e spintoni: al Cremlino parla uno solo, la sola voce del Regime.

E se tutto va storto, non esista a defenestrare chi non si è dimostrato all’altezza di cotanta supremazia.

Una guerra in famiglia

Putin è stato il pargolo prediletto del Kgb, uno dei suoi prodotti più splendidi.

Una macchina fisica, biologica, psicologica, la proiezione del Superuomo nietzschiano in terra, direttamente dall’iperuranio.

Il maschio alfa diventato celebre per un’immagine di propaganda dove lo si vede cavalcare a petto nudo: l’uomo di cui la Russia aveva bisogno ai vertici di potere, poichè quell’uomo rispecchiava la volontà di potenza del popolo di fronte al mondo, si diceva.

O meglio, la incarnava.

Dalle notizie che emergono, fumose, Putin avrebbe decapitato alcuni dei suoi. Si parla di bon 8 generali silurati sistematicamente per aver sbagliato le loro strategie e aver generato un conflitto estenuante per la Russia, dispendioso, nonchè scevro da risultati apprezzabili.

Ci teniamo a precisare che essendo impressioni di matrice ucraina, potrebbero essere fuorvianti: anche Kiev non è estranea alla propaganda (come qualunque altro governo, sia ben inteso) e potrebbe avvalersi del vantaggio di spogliare la figura di Putin dalla sua immagine di forza sovrumana. 

Altra notizia sconcertante, gli arresti domiciliari avrebbero colto di sorpresa Sergei Beseda e Anatoly Bolukh, i due principali quadri del servizio di spionaggio estero dell’Fsb. 

Ciò che è stato loro addebitato sarebbe un furto di denaro pubblico in virtù del loro incarico, dopo aver fornito ragguagli strumentalizzati e fondamentalmente errati sulla crisi ucraina.

Qualcuno asserisce che quelle informazioni fossero state strumentalizzate per una precisa tattica di Putin, ma trattandosi del governo di un autocrate, può starci che qualcuno paghi non dopo aver sbagliato, ma anche dopo aver eseguito ordini che erano disfunzionali in partenza.

L’indigestione degli oligarchi

“Ricchi premi pecuniari a chi fornirà indicazioni utili a stanare gli oligarchi, aiutando così il sequestro dei loro tesori.”

Questa la notizia del Washington Post come riportata dal ilmattino.it

Un entourage di senatori statunitensi è pronto a emettere un decreto per legittimare il sequestro dei beni di lusso appartenenti all’oligarchia riconducibile a Putin.

Parliamo di yacht, automobili, ville.

Un bella indigestione per i suoi fedelissimi, prima vittima delle sanzioni verso la Russia e poi depauperati delle loro sostanze.

Ma chi sono gli oligarchi coltivati amorevolmente da Putin, che da sempre si appoggiano alla sua figura, ma prima ancora a quella di Boris Eltsin?

Sono coloro che hanno saputo cavalcare la tigre della putrescenza dell’ex Unione Sovietica, accaparrandosi in tempo record tutti ciò che poteva improvvisamente essere oggetto di privatizzazione.

“Sono i detentori di capitali sconvolgenti: considerando solo i primi 20 nomi della lista nera, parliamo di una somma prossima ai trecento miliardi di dollari.”

Questo scrive ilriformista.it, che quella lista l’ha pubblicata per esteso.

Chi sono i fedelissimi di Putin?

Vediamo nel dettaglio qualche nome saliente:

Sergej Shoigu, Ministro della Difesa detiene i codici per l’armamento nucleare insieme a Putin: all’ambasciata italiana gli abbiamo pure conferito la Gran Croce dell’Ordine di Malta.

Valery Gerasimov, Capo di Stato Maggiore della Difesa, uno dei fautori della guerra in Cecenia, del conflitto in Siria e dell’occupazione della Crimea.

Leonid Slutsky, presidente della Commissione Esteri, negoziatore nella lista dei sanzionati. Promotore della lotta contro l’Occidente, da lui definito “impero della menzogna”, si contraddice mandando a laureare la propria figlia all’università di Harvard, sede Svizzera.

La punta di diamante, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, è caduto nella stessa discrepanza ideologica, mandando la propria erede a laurearsi alla Columbia University, negli USA.

Stessa storia pe il portavocer Dmitry Peskov: ha fatto laureare la figlia, Elizabeth Peskova, a Parigi, dopo questo lei ha il suo ruolo nel Parlamento Europeo poi come deputato francese di estrema destra. Peskov nel 2017 viene insignito dell’onorificenza di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana.

Il consigliere Margherita Simonyan, dopo aver conseguito la laurea negli USA, diventa direttrice del canale televisivo più prossimo al Cremlino, Russia Today a soli 25 anni e nel 2017 compare nell’elenco della rivista Forbes come cinquantaduesima donna più potente del mondo.

Il consigliere Igor Panarin, ex agente del Kgb, è il più grande sostenitore dell’abolizione del dollaro in Russia e dell’alleanza con la Cina.

L’amico intimo di Putin, Sergej Roldugin, è un imprenditore petrolifero. Secondo The Guardian gestisce offshore 9 miliardi di dollari delle èlite russe, mentre secondo il Panama Papers sarebbe il guardiano segreto del tesoro di Putin.

Sergej Chemezov, amministratore delegato della holding statale Rostec, per Pandora Papers è patron di un vasto network di società offshore. Ha ricevuto dalla Francia la Legion d’Onore e dall’Italia l’onorificenza di Commendatore al Merito della Repubblica.

Yevgeny Prighozin è il fondatore della Società di Sicurezza Privata Wagner, impiegata nell’occupazione della Crimea, nel Donbass, in Libia e in Siria. Tre delle sue società sono state accusate di ingerenza nelle lezioni statunitensi del 2016.

La lista dei fedelissimi è ancora lunghissima.

Per approfondimenti, vi lascio all’ottima Milena Gabanelli nel suo report trasmesso da tg.la7.it

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