Shanghai muore in lockdown! Cina vera dittatura sanitaria

Il lockdown di Shanghai è stato annunciato due settimane fa. I cittadini impossibilitati ad uscire di casa rischiano di morire di fame nelle loro abitazioni.

A Shanghai la situazione è disperata. Il governo cinese, capitanato dal “presidente” Xi Jinping, ha ordinato un lockdown totale della città due settimane fa. 

Avevano promesso che sarebbe stato un lockdown di cinque giorni. Hanno mentito. 

I residenti di Shanghai, ovvero più di 25 milioni di persone, non possono uscire di casa. Non nel senso, come fu il primo lockdown in Italia, che si può uscire solo per fare la spesa o andare a comprare beni di prima necessità. 

Nel senso che i cittadini di Shanghai non possono mai uscire di casa. Non possono fare la spesa, non possono andare in farmacia, non possono uscire al balcone. Se lo fanno, arriva un drone di sorveglianza che intima loro di rientrare nell’abitazione e di “Soffocare il proprio desiderio di libertà”

Come fanno i cittadini di Shanghai a mangiare, vi starete chiedendo. E’ molto semplice, non mangiano

L’unico modo che hanno i residenti per ottenere del cibo è ordinandolo online. Ma essendo una delle città più grandi del mondo (da sola ha quasi la metà dell’intera popolazione italiana) non è facilmente servibile dai corrieri di consegne a domicilio. Per non parlare, poi, che anche questi corrieri sono in lockdown e possono uscire solamente qualche ora al giorno. 

Milioni e milioni di esseri umani sono chiusi nelle loro case senza cibo, acqua e cure mediche. Non sanno quando finirà il lockdown, perché il governo ha mentito loro. 

Si è sentito tanto parlare di dittatura sanitaria negli ultimi due anni riferendosi alle misure prese dal governo italiano per combattere la diffusione del virus. E’ mia personalissima opinione che lasciar morire i tuoi cittadini per “tenere a cuore la loro salute” è una vera dittatura sanitaria

Ma al di là delle mie opinioni, sbagliate o giuste che siano, le cose che stiamo vedendo dalla Cina sembrano uscite da un libro di George Orwell. E’ distopia allo stato puro, e non ho ancora parlato degli aspetti più inquietanti di questo lockdown.

Questo lockdown arriva mentre la Cina espande il suo arsenale nucleare e continua a minacciare gli Stati Uniti di stare lontani dall’isola di Taiwan. Per chi non lo sapesse, spieghiamo bene la situazione fra Cina e Taiwan in questo articolo

Per chi non lo sapesse, su Taiwan vi è un’altra Cina, con governo e valori completamene diversi dalla Cina che conosciamo tutti noi. La Repubblica di Cina, ovvero il governo di Taiwan, è la sedicesima economia del mondo ed ha capitale a Taipei. 

Repubblica di Cina e Cina continentale (chiamata ufficialmente Repubblica Popolare Cinese), rivendicano l’una il territorio dell’altra e, con la crescita economica e sociale del governo di Pechino, questo ha creato parecchie tensioni politiche anche con gli attori internazionali. 

Vediamo, dunque, come si collegano le due cose e perché questo lockdown interessa a tutti noi. Iniziamo, però, parlando dei dettagli più paurosi del lockdown di Shanghai

Lockdown a Shanghai: un incubo distopico

I video e le informazioni che girano su Shanghai fanno accapponare la pelle

I casi positivi di Covid sono trattati come dei veri untori, dei reietti della società. Se sei positivo il governo mette un sigillo sulla tua porta. Se rompi quel sigillo, vai direttamente in prigione. 

Se sei positivo a Shanghai, le autorità ti separano dalla tua famiglia, a prescindere dalla tua età. I bambini sono separati dai propri genitori e trasferiti in ospedali per la quarantena. 

Cosa succede a questi bambini, non è dato saperlo per i genitori. Un video del Guardian mostra una struttura per la quarantena in cui alcuni bambini piangono a dirotto per la mancanza della propria mamma e del proprio papà. 

Non è tutto. Se sei positivo, a Shanghai, il tuo animale domestico viene brutalmente ucciso dalle autorità sanitarie. Girano video anche di questi episodi, nonostante siano estremamente difficili da guardare per cui vi chiediamo cautela nell’aprire quel link. 

Gli animali domestici vengono chiusi in buste di plastica ed uccisi senza pietà. Questo sta succedendo ora, nel lockdown di Shanghai. 

La gente è disperata. Da ormai qualche giorno, per le strade deserte della megalopoli si sentono urla disumane provenienti dagli alti grattacieli. Urla di disperazione e di dolore. Urla di persone rinchiuse a morire nelle loro case. 

Il mondo guarda con orrore. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sconsiglia fortemente i viaggi a Shanghai, non tanto per i casi di Covid quanto per le misure autoritarie instaurate dalla città. Come riporta Quotidiano Nazionale, infatti: 

L’invito ai connazionali è a “ripensare i viaggi nella Repubblica popolare cinese a causa dell’applicazione arbitraria di leggi locali e restrizioni relative al Covid-19”, a “non viaggiare” verso la provincia di Jilin, Shanghai e Hong Kong “a causa delle restrizioni relative al Covid, compreso – appunto – il rischio che genitori e figli possano essere separati”.

Se volete sapere com’era vivere a Shanghai prima della pandemia, vi lasciamo questo video di Marcello Ascani

Una crescita effimera

Chi ha seguito le news cinesi negli ultimi anni, sa che questa evoluzione da parte della Repubblica Popolare era perfettamente prevedibile

La Cina di Xi Jinping, infatti, si è chiusa a riccio negli ultimi anni entrando sempre più in competizione con l’occidente democratico. 

Non solo, ma la Cina ha anche aumentato di molto il suo potenziale economico, diventando la seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti in poco meno di quarant’anni

Questa enorme crescita in così poco tempo ha lasciato milioni di persone indietro, rimanendo nella povertà più assoluta lontane dai grandi centri urbani della costa (tra cui, appunto, Shanghai). Infatti, mentre il PIL della Cina è il secondo del mondo, il suo PIL pro-capite è al 79imo posto della classifica, persino al di sotto di quello dell’Iraq. 

Queste diseguaglianze sono state anche esacerbate da una classe politica estremamente centralizzata. La Cina ha un partito unico, ovvero il Partito Comunista, e le elezioni sono praticamente inesistenti

L’unica “rappresentanza” politica che hanno i cittadini cinesi è votare il proprio amministratore locale. Anche queste “elezioni” sono però limitate sia nella scelta che nei modi. 

La Cina mostra il suo vero volto

Insomma, il Partito Comunista Cinese è un monolite di terrore e sorveglianza, ma l’occidente non se n’è reso conto fino a qualche tempo fa. Quando, nel 2018, scoppiarono le proteste ad Hong Kong perché il governo di Pechino voleva annettere la città, sono iniziate a comparire telecamere di sorveglianza in giro per la città.

Queste telecamere erano in grado di riconoscere il volto dei protestanti e segnalarli alla polizia. Tali meccanismi di riconoscimento facciale sono usati tutt’ora dai droni che volano per le vie di Shanghai. 

I software cinesi sono tutti completamente controllati dal governo. Non esiste Google, non esiste Facebook e non esiste WhatsApp. Esistono tutte applicazioni simili ma finanziate dal Partito Comunista

Qualunque messaggio o ricerca dissidente viene comunicata al sistema centrale e quella persona viene tracciata sulle sue future ricerche. 

Per non parlare, poi, di quello che sta succedendo da anni nello Xinjang, la provincia più remota della Cina incastonata nelle steppe asiatiche. 

Ma per questo serve un paragrafo a parte. 

La persecuzione degli Uiguri nello Xinjang: è genocidio?

Prima di parlare degli Uiguri bisogna fare una premessa importante: non sappiamo esattamente cosa stia avvenendo. Le fonti dirette sono poche e la regione in questione è talmente remota che è difficile fare dei controlli obiettivi.

Tuttavia, negli ultimi vent’anni, sono uscite notizie sempre più inquietanti riguardo il trattamento degli Uiguri nello Xinjang. 

Gli Uiguri sono una minoranza musulmana dalla lingua turcofona che, però, fanno politicamente parte della Cina in quanto abitanti della regione dello Xinjang. 

Gli Uiguri sono diventati particolarmente rilevanti nella politica cinese quando Xi Jinping ha espresso il suo desiderio di creare la Nuova Via della Seta, ovvero una catena di autostrade e ferrovie che avrebbe connesso la Cina all’Europa ed aumentato i rapporti commerciali fra le due regioni. 

La Nuova Via della Seta passa proprio attraverso la regione in cui abitano gli Uiguri. Per Xi Jinping e, in generale, per una nazione così centralizzata come la Cina è dunque vitale assimilare questa cultura a quella cinese “tradizionale”

Il modo in cui questa assimilazione ha luogo, però, fa venire la pelle d’oca. 

Nello Xinjang, secondo molte fonti, vi sono letteralmente dei campi di concentramento in cui gli Uiguri vengono rinchiusi a forza per “assimilare la cultura cinese”. 

Se tutto questo fosse vero, si tratterebbe di genocidio. Non nel senso che le persone di un’etnia diversa vengono uccise in massa, ma nel senso che l’etnia stessa viene eliminata con la forza

Secondo la Convenzione di Ginevra, anche la cancellazione di una cultura da parte di una nazione è genocidio, e quindi tutto quello che pare stia accadendo nello Xinjang cadrebbe in questa definizione

Il genocidio degli Uiguri: la risposta internazionale

Mano a mano che le prove del genocidio sono uscite dalla Cina, la comunità internazionale si è allarmata. L’anno scorso, poco prima che il nuovo presidente Joe Biden si insediasse nella Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno ufficialmente riconosciuto il genocidio degli Uiguri, seguiti da altri paesi europei. 

Da allora sono anche partite delle sanzioni internazionali contro il governo cinese, le più recenti delle quali risalgono ad appena qualche settimana fa

Le sanzioni sono state annunciate dal Segretario di Stato Anthony Blinken, il quale ha detto

Facciamo un appello alla Cina, perché metta fine al genocidio e ai crimini contro l’umanità in corso nello Xinjiang, le politiche repressive nel Tibet e la repressione delle libertà fondamentali a Hong Kong, le violazioni e gli abusi contro i diritti umani, incluse le violazioni alle libertà religiose, in altre regioni del Paese.

Ovviamente, il governo cinese ha risposto negando tutte queste accuse

Con il lockdown di Shanghai, però, la Cina ha finalmente mostrato il suo vero volto. Si spera, quindi, che cresca anche la consapevolezza da parte degli occidentali di chi si ha a che fare. 

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