Shein sotto accusa: sfrutta i lavoratori! I retroscena

Shein, il marchio cinese di fast fashion che sforna migliaia di capi di abbigliamento alla settimana sfrutterebbe i suoi lavoratori. Le notizie.

Shein sotto accusa: sfrutta i lavoratori! I retroscena 

Il marchio cinese di fast fashion che sforna migliaia di capi di abbigliamento alla settimana che vengono distribuiti in tutto il mondo, ha un lato oscuro. 

Per chi non lo conoscesse, Shein è un colosso cinese della fast fashion, la “moda veloce”, non molto conosciuto fra i più adulti, ma molto in voga tra adolescenti e giovani under 30 che, con pochi euro riescono ad acquistare capi di abbigliamento diversi e all’ultima moda. 

Secondo l’ONG svizzera Public Eye, però, il colosso cinese della fast-fashion avrebbe un lato oscuro. Si parla, infatti, di sfruttamento dei lavoratori e di posti di lavoro non sicuri

Il marchio, inoltre, è al centro di numerose polemiche, non solo per le condizioni dei suoi lavoratori che, per pochi soldi lavorerebbero più di 10 ore al giorno, ma anche per la sua politica poco “green”

Andiamo a vedere nel dettaglio tutti i retroscena del marchio e le novità a riguardo. 

Shein, il colosso della fast fashion sfrutta i suoi lavoratori

Non è la prima volta che sentiamo parlare di sfruttamento della manodopera. Come dicevamo poc’anzi, infatti, la ONG svizzera Public Eye stava indagando sul colosso cinese della fast fashion; in particolare, cercava di approfondire la ricerca sull’origine dei capi di abbigliamento, compresi gli accessori per la persona e per la casa, del marchio. 

L’indagine è stata rilasciata dopo più di un anno e ha svelato un retroscena oscuro del marchio cinese Shein. Come possiamo leggere da Fashion Network, infatti:

“una prima indagine ha fatto luce su una strategia di approvvigionamento in quantità ridotte, effettuata su richiesta da strutture più piccole del previsto, in locali con pochissime garanzie di sicurezza, e dove le settimane lavorative possono superare le 75 ore.”

Per l’azienda lavorano migliaia e migliaia di lavoratori cinesi che si muovono da tutte le province della Cina per cercare di guadagnare quanto più possibile per mantenere la propria famiglia. Come sottolinea Green Me, alcuni dei lavoratori hanno diversi anni di esperienza, mentre altri (forse) qualche mese.

I lavoratori tagliano e cuciono abiti per più di 10 ore al giorno, altri ancora stirano i capi di abbigliamento e altri procedono a confezionarli. Molte aree di lavoro ricevono al loro interno più di 200 operai che vengono stipati in questi locali privi di sicurezza, oltre che senza finestre.

Shein, l’e-commerce da 100 miliardi sfrutta i suoi lavoratori

Shein, il luogo virtuale preferito di moltissimi giovani di tutto il mondo, nasconde un retroscena oscuro. Si parla, infatti, di produzioni di oltre 1.2 milioni di capi di abbigliamento al giorno in alcuni laboratori. Come? Sfruttando i lavoratori. 

Come sottolinea Green Me, infatti, alcuni lavoratori – davvero pochi – hanno rilasciato qualche intervista e hanno parlato di turni estenuanti di più di dodici ore, così suddivisi:

  • mattino dalle ore 8 alle ore 12
  • pomeriggio dalle 13.30 alle 17.45
  • sera dalle 19 alle 22

Gli intervistati hanno poi dichiarato che Shein lascia loro un solo giorno libero al mese. Ricordiamo, inoltre, che in Cina la settimana lavorativa prevede un max. di 40 ore e degli straordinari fino ad un massimo di 36 ore, oltre che una giornata libera alla settimana. 

Insomma, siamo molto lontani da condizioni di lavoro ottimali con una giusta paga per ciascun lavoratore. Ma gli acquirenti lo sanno?

Shein, il target del marchio di fast-fashion cinese

Ma gli acquirenti del marchio sono consapevoli di cosa c’è dietro il colosso cinese di fast-fashion Shein? Alcuni si, forse quelli più adulti, ma la maggior parte no. Shein, infatti, si rivolge soprattutto alla Generazione Z che, come sottolinea Green Me:

“è la stessa (Generazione Z) che scende in piazza per l’ambiente e per protestare contro lo sfruttamento estensivo delle riserve del pianeta.”

Nonostante l’attivismo per salvaguardare l’ambiente, i giovanissimi sono coloro che per di più spendono sul sito del colosso dell’e-commerce, oppure direttamente sull’app. 

Del resto, i prezzi fanno davvero gola, poiché con meno di 10 euro si può indossare un capo d’abbigliamento identico a quello portato qualche giorno prima da Fashion Blogger con milioni di seguaci, come Chiara Ferragni. Ma qual è il vero prezzo? Lo sfruttamento dei lavoratori e la salute del nostro pianeta. 

Shein e i rumors su una prossima apertura a Milano

Nei mesi scorsi si è anche parlato di un’apertura di un negozio di Shein proprio nella città di Milano, ma la notizia è vera? 

Rispondiamo subito dicendo che, no, non c’è nulla di vero anche perché, stando ai dati analizzati sino ad ora, al colosso cinese della Fast Fashion Shein non converrebbe minimamente; meglio continuare a puntare sull’e-commerce prontamente sponsorizzato su Instagram e TiK Tok, i social più utilizzati dai ragazzini. 

Shein si difende: noi trattiamo bene i nostri dipendenti

Ma il marchio cinese si difende dalle accuse e afferma di trattare bene i propri dipendenti e di non sfruttarli. Inoltre, tra le dichiarazioni fatte da Shein leggiamo che l’azienda non ricorre né al lavoro forzato né al lavoro minorile

L’azienda, infatti, avrebbe l’unico compito di individuare i look più alla moda del momento e posizionarli subito sul mercato. 

Per contestare, invece, chi lo accusa di essere poco Green, Shein risponde affermando che utilizza per il 60 per cento dei suoi prodotti del materiale riciclato

Come dicevamo poc’anzi, però, Shein “prende spunto” dai designer di spicco per creare e piazzare subito online i suoi modelli. Il marchio, infatti, è stato più e più volte contestato sui social per aver copiato o addirittura contraffatto i capi di abbigliamento

Shein, in questi ultimi tempi, si è mosso per salire un po’ di gamma, organizzando una sfilata alle porte della fashion Week di Parigi nell’autunno del 2020, oltre che aver dato la possibilità a giovani stilisti promettenti di mostrare la propria collezione proprio sull’app e il sito e-commerce del marchio, attraverso il programma Shein X.

Mediante il programma venivano supportati e sponsorizzati ben 50 designer al mese. Si legge sempre su Fashion Network:

“Un modo intelligente ed economico per captare la creatività dei giovani stilisti, i quali ricevono una percentuale sulle vendite dei loro progetti, che Shein si occupa di realizzare e commercializzare. Non solo un modo per mettere in risalto la creazione giovane, dunque, ma anche un’altra strada scelta da Shein per arricchire l’offerta già pletorica del suo sito.”

Shein un colosso da 100 miliardi, ma con valutazione ambientale scarsa

Ricordiamo, infine, che il colosso cinese dell’e-commerce vale 100 miliardi e, solo lo scorso anno, negli Stati Uniti l’applicazione di Shein è stata la seconda più scaricata in assoluto dopo Amazon.

Inoltre, la valutazione ambientale di SHEIN è “molto scarsa“. Ha tratti di fast fashion come stili di tendenza e nuovi arrivi regolari.

  • Utilizza pochi materiali eco-compatibili. 
  • Non ci sono prove che abbia intrapreso azioni significative per ridurre o eliminare le sostanze chimiche pericolose. 
  • Non ci sono prove che riduca le sue emissioni di carbonio e altri gas serra nella sua catena di approvvigionamento. 
  • Non ci sono prove che abbia una politica per ridurre al minimo gli impatti delle microplastiche.
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