L’esordio a Wall Street del colosso Alibaba, ha riacceso l’interesse degli investitori sul settore dell’hitech, finora considerato in bolla e con il rischio di valutazioni eccessive soprattutto sui piccoli nomi, le cui quotazioni erano spesso trascinate dall’euforia a discapito delle effettive potenzialità. Ma ora le cose sono cambiate: l’entrata in scena del mercato cinese, anzi, per meglio dire di un suo rappresentante, apre l’orizzonte a un nuovo consumatore e a un’altra industria similare. Pechino, infatti, con il suo modello di business per il tecnologico, si trova ad affrontare una sfida insidiosa su un terreno che fino ad oggi era stato dominio incontrastato degli Usa e delle sue regole. Il che porta a una considerazione logica: sarà Alibaba ad adattarsi a queste regole oppure sarà il mercato a scoprire un nuovo tipo di -commerce e ad approfittarne?
Come confermato dallo stesso Jack Ma, fondatore di Alibaba, finora è stato un coccodrillo nel fiume, ora si prepara a combattere contro gli squali nell’oceano. In altre parole adesso è sceso nell’arena dettando le sue leggi. O subendole con il rischio del tracollo. Per questo motivo in molti credono che il gigante di Pechino non solo non avrà vita facile, ma nemmeno lunga.
I motivi dei dubbi? Più di uno
Alibaba è stato costruito su norme “cinesi” che hanno minori controlli sul lato finanziario e che spesso sono non trasparenti o che comunque per noi occidentali, intesi sia come consumatori che come azionisti, potrebbero non piacere. Prima di tutto è bene ricordare che sebbene la creatura di Jack Ma non debba sostenere infrastrutture e magazzini costosi, ha il deficit di non creare prodotti in proprio e non vendere in prima persona, ma di essere una sorta di intermediario tra fabbriche cinesi e il resto del mondo. E si sa, non sempre la qualità dei prodotti made in China può dirsi ottima, tanto che qualche anno fa si è scoperto che tra i fornitori di Alibaba, c’erano anche oltre 2mila ditte che vendevano prodotti contraffatti. Inoltre un protagonista del gruppo (perchè di gruppo trattasi visto che è formato da altri soggetti come Taobao e Tmall) è Alipay, un servizio di pagamento online sulla falsariga di PayPal: trasferita, però, fuori dall’influenza di Alibaba e del suo azionista di maggioranza che allora era Yahoo!, senza che nessuno ne sapesse niente e finita, guarda caso, sotto il controllo personale di Ma, ufficialmente perchè le regole della banca centrale cinese che impediscono a società estere (Yahoo!) di avere licenza per procedere sui pagamenti.