Flash crash. Anatomia del ribasso

Come nell’incipit dell’Anna Karenina di Tolstoj, “tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice lo è a modo proprio”, tutti i mercati al rialzo si somigliano e ogni ribasso avviene in un modo particolare.

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Come nell’incipit dell’Anna Karenina di Tolstoj, “tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice lo è a modo proprio”, tutti i mercati al rialzo si somigliano e ogni ribasso avviene in un modo particolare. 

Il flash crash sui mercati azionari iniziato tra fine gennaio e inizio febbraio 2018 è il risultato di tre principali fattori. Il primo, una fisiologica correzione dopo un rally con rari precedenti. A fine gennaio, gli indici azionari americani erano saliti di oltre il 6%, un passo del 72% su base annua, andatura insostenibile anche per un toro scatenato. Il secondo, un riequilibrio di flussi fra azionario e obbligazionario. I rendimenti sui Titoli di Stato sono saliti ai massimi dal 2014 negli Stati Uniti e in Europa ai massimi dal 2015: normale assistere ad alleggerimenti sull’azionario a fronte di rendimenti più attraenti sull’obbligazionario. Il terzo fattore, caratteristico di questo ribasso, è stata la ricopertura di posizioni ribassiste sulla volatilità.

Il risultato è stato un flash crash, partito dagli Stati Uniti, di ampiezza simile (per ora) a quella di agosto 2015, ma molto più improvviso.

Il future sull’indice S&P500 è sceso da un massimo di 2878.5 del 29 gennaio a un minimo di 2529 del 6 febbraio 2018, un calo del 12.14%, che in 7 sedute di Borsa ha polverizzato 4 mesi di rialzo, riportando il derivato sui livelli di inizio ottobre 2017. L’indice S&P500 è sceso un po’ meno, del 10.17% tra il massimo del 26 gennaio a 2872.87 e il minimo di 2580.56 dell’8 febbraio. Nel frattempo, il VIX, noto anche come indice della paura, è salito fino oltre 50, livelli che non si vedevano dal crash di agosto 2015, quintuplicando di valore in meno di una settimana.