Assegno unico solo per i figli a carico: sai quando lo sono?

Quando i figli sono a carico ai fini dell'assegno unico, quando spetta anche per i maggiorenni e quando i figli possono vivere fuori casa.

Ce lo hanno detto in tutte le salse: a partire da marzo le regole sugli assegni e sui bonus per i figli andranno definitivamente in pensione e partirà il nuovo assegno unico.

Concesso a tutte le famiglie indipendentemente dal reddito, anche se sarà di valore diverso a secondo dei casi, e con la necessità di presentare l’ISEE. Poi ricalcolato ogni anno, così da tenere conto sia dei nuovi ingressi in famiglia che di eventuali variazioni di patrimonio e rendite.

I figli che danno diritto a questo contributo sono tutti quelli che ancora non hanno compiuto i 21 anni. La somma ricevuta sarà diversa a seconda che si tratti di un maggiorenne o di un minorenne, ma ci sono altri elementi che possono fare la differenza. Prima fra tutti il figlio deve essere a carico. Ma che cosa significa poi a carico?

A intuito significa che è mantenuto dai genitori. Ma questo non esclude che abbia un lavoretto con un reddito minimo, purché viva con mamma e papà. Ma vedremo che anche il requisito del vivere sotto lo stesso tetto non sempre è tassativo.

Altra faccenda è se sia un disoccupato o uno studente, oppure se si tratti di qualcuno che neppure cerca un lavoro. Ci sono poi i casi in cui sia lo stesso figlio che abbia diritto a chiedere e a intascare l’assegno. Quindi le cose non sono poi così semplici e meritano di essere esaminate con calma.

Ma anche per i minorenni non tutto è così semplice e non si risolve con l’individuare la persona con cui il bambino abita. Se i genitori non convivono le possibilità è quella di dividersi l’assegno, a meno che ci sia un affidamento esclusivo, o non ci sia stata la nomina di un tutore.

Cosa è l’assegno unico

L’assegno unico è stato previsto con la legge delega numero 46 del 2021 che ha previsto che

debba essere riconosciuto per tutti i figli indipendentemente dal tipo di lavoro che svolgono i genitori sia dal reddito che ne ricavano. L’importo dell’assegno sarà calibrato sulla base dell’ISEE da presentare ogni anno e sarà versato ogni mese a partire dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del ventunesimo anno di età.

Questo assegno sostituisce una serie di emolumenti e di bonus che erano previsti fino allo scorso anno. Bonus mamma domani, bonus bebè, assegni familiari e detrazioni familiari previste a favore dei figli al di sotto dei 21 anni sono stati cancellati.

Continueranno invece ad essere distribuiti, previa domanda da parte degli interessati gli assegni a sostegno della natalità erogati dai comuni e il bonus nido. L’assegno sarà compatibile, e quindi cumulabile oltre che con questi sussidi anche con quelli previsti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano e con il reddito di cittadinanza.

A quanto ammonta l’assegno unico

La somma massima per ogni figlio è di 175 euro al mese, poi ridotta gradualmente fino ad arrivare a 50 euro per chi abbia un ISEE pari o superiore ai 40.000 euro. Stessa somma sarà erogata a chi decida di non presentare il documento. Per i figli maggiorenni che ne abbiano diritto la somma sarà dimezzata. Situazioni particolari invece prevedono che ci siano ulteriori elargizioni.

Cambia anche il modo in cui sono effettuati i pagamenti. Non più direttamente in busta paga, come succedeva con gli assegni o con le detrazioni, ma con il versamento su un conto corrente o su una carta che sia dotata di IBAN, da comunicare al momento in cui si presenta la richiesta.

Il conto indicato dovrà essere intestato al genitore che ha fatto la richiesta, o anche all’altro nel caso si sia chiesta la divisione in due della somma erogata.

Domande fatte in ritardo non comportano l’esclusione del beneficio. Attenzione però a non attendere troppo per non perdere gli arretrati. Chi farà richiesta entro il 30 giugno avrò diritto a ricevere anche gli emolumenti a partire dal mese di marzo. Quelle inserite dal primo luglio invece inizieranno a decorrere solo dal mese successivo.

A chi spetta l’assegno unico

L’assegno unico spetta secondo l’articolo 3 del decreto legislativo numero 230 del 21 dicembre 2021

ai cittadini italiani o di uno dei paesi dell’Unione Europea, o in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, oppure che abbia un permesso di soggiorno per lavoro o ricerca di durata almeno peri a sei mesi. 

Oltre a una delle condizioni precedenti, deve inoltre trattarsi di soggetti conosciuti dal fisco italiano, cioè che pagano al nostro paese le imposte sui redditi.

Devono essere residenti o domiciliati in Italia, vala dire risultare iscritti in modo regolare all’ufficio anagrafe di uno qualsiasi dei comuni del territorio nazionale. Infine devono risiedere, o aver risieduto in Italia per almeno due anni anche se non continuativi o avere un contratto di lavoro anche a tempo determinato, della durata minima di sei mesi.

Cosa si intende per figlio a carico ai sensi dell’assegno unico

L’articolo 2 del decreto legislativo numero 230 del 2021 dice che l’assegno unico spetta per ogni figlio minorenne a carico del richiedente e dal settimo mese di gravidanza per i nuovi nati. Previsto anche per i maggiorenni fino al compimento del ventunesimo anno di età e per i disabili senza limiti.

I maggiorenni non disabili, oltre che essere a carico devono trovarsi in una di queste condizioni: frequentare in modo regolare un corso di laurea, oppure una scuola o un istituto di formazione, lavorare, ma avere un reddito inferire a 8.000 euro o seguire un tirocinio. In alternativa essere iscritti nelle liste di disoccupazione o svolgere il servizio civile universale.

Figlio a carico, oltre a quelli che hanno le caratteristiche di reddito che abbiamo indicato sopra e che quindi anche ai fini Irpef vengono inseriti nella dichiarazione dei redditi dei genitori, possono essere solo quelli che devono essere inseriti nell’ISEE del richiedente. Dovrebbe quindi trattarsi solo di quelli che convivono con i genitori.

Quando i maggiorenni non conviventi sono a carico ai dini dell’assegno unico

L’INPS nelle FAQ fa un’ulteriore precisazione a questo proposito.

Parlando dei figli maggiorenni disabili, ci dice che anche nel caso in cui i figli conivivano con i genitori l’assegno non serve alcuna altra condizione per fare la domanda per avere l’assegno unico.

Per i non conviventi, va valutata la situazione specifica per verificare se il figlio è attratto nell’ISEE del richiedente. Questo succede quando ha una situazione economica che non lo fa considerare autonomo, non è sposato, non ha figli e ha un’età inferiore ai 26 anni.

Per estensione la regola vale anche per un ragazzo che abbia tra i 18 e i 21 anni, abbia un reddito inferiore a 8.000 euro, ma non viva con uno o entrambi i genitori. Questa è la stessa regola stabilita dalla legge numero 26 del 2019 per la quale un figlio continua a fare parte del nucleo familiare originario fino al compimento dei 26 anni, anche se vive altrove purché non si sia formato una sua famiglia e sia a carico ai fini Irpef.

Quando il figlio minorenne è a carico per l’assegno unico

Per il figlio minorenne, l’assegno unico è sempre riconosciuto, si tratta eventualmente di capire a quale dei genitori debba essere versato. La regola è che la domanda deve essere fatta da uno dei genitori che esercita la responsabilità genitoriale. Quindi sempre escluso da parte di quello a cui sono stati revocati i suoi diritti sul figlio.

Nel caso di genitori che convivono la richiesta va fatta indifferentemente da uno dei due genitori. Se invece i due sono separati, divorziati o comunque non convivono è possibile anche con integrazione successiva della domanda chiedere che l’assegno sia suddiviso tra i due genitori. Al momento della domanda si dovrà specificare in che modo frazionare la somma sulla base degli accordi intervenuti tra i genitori.

Se esiste una sentenza del giudice che ha affidato in modo esclusivo il figlio a uno dei due, l’assegno non sarà frazionabile e spetterà interamente all’affidatario. Stessa regola se il bambino ha un tutore, che avrà diritto a utilizzare la somma erogata nell’interesse del minore e l’onere di inviare la domanda

Cosa faccio se prendo l’assegno unico e il figlio inizia a lavorare

Se il figlio inizia a lavorare, il diritto all’assegno unico decade solo se il reddito che ne ricava supera la soglia minima per considerarlo a carico.  Bisognerà in quel caso, ricordarsi che per gli anni successivi anche quel reddito sarà da inserire nell’ISEE e quindi potrebbe influire nella riduzione degli assegni ricevuti anche per altri figli.

Se invece il figlio diventa maggiorenne dopo avere fatto al domanda il diritto all’assegno rimane immutato per il mese del compleanno, da quello successivo provvederà l’INPS a ridurre l’assegno. A quel punto però ci si dovrà ricordare di segnalare un conto corrente al quale possa accedere anche il ragazzo.

Quando è mio figlio a chiedere l’assegno unico

L’assegno unico è considerata una somma erogata a favore dei figli. In questa ottica è stato previsto che nel caso in cui spetti per un maggiorenne la domanda posse essere presentata dallo stesso.

In questo caso possono procedere i genitori seguendo le regole consuete che prevedono di accedere al portale dell’INPS con il proprio SPID, o in alternativa la Carta di identità elettronica o la Carta nazionale dei Servizi. Le alternative sono quelle di rivolgersi a un patronato che offre assistenza, in ogni caso le domande sono accettare solo con modalità telematica.

A differenza dei figli minorenni, però dovranno indicare nelle modalità di pagamento un IBAN intestato al figlio, oppure un conto al quale il ragazzo abbia libero accesso.

In alternativa il richiedente può essere il figlio che dovrà comunque fare riferimento all’ISEE del genitore con cui convive, o del quale risulta a carico se si trova in una delle condizioni in cui faccia parte dell’ISSE pur non avendo la stessa dimora.

Anche se uno dei genitori ha già completato la richiesta il figlio, ha ancora facoltà di farlo in autonomia. La domanda del figlio se regolare vale come annullamento di quella dei genitori e la modalità di pagamento indicata dal genitore è sostituita da quella fornita dal figlio.

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