Capitalismo responsabile: un'opportunità per l'Europa

La globalizzazione non si fermerà, ma dovrà essere governata in modo tale da salvaguardare l'indipendenza e la coesione delle nazioni europee. Pertanto, il tema del capitalismo responsabile deve essere al centro della ricostruzione dell'Unione Europea. Il futuro dovrà includere un New Deal tra ogni nazione europea e le sue aziende, con il concetto di responsabilità al centro

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Manca una decade al 2030, data ultima dell’agenda ONU per il raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG). La pandemia per la diffusione del virus Covid19 ha determinato forti criticità sulla capacità del Mondo di raggiungere tali obiettivi, in quanto la pandemia ha generato effetti negli ambiti di Environment, Social e Governance, che in alcuni casi si sono già manifestati ed è tangibile il loro effetto, ed in altri non si conoscono ancora gli impatti.

Dal 2000, alcuni progressi sono stati fatti in diverse aree critiche:

  • l’estrema povertà si è ridotta, anche se gli impatti economici della pandemia da Covid19 ha accelerato la creazione di nuova povertà;

  • la mortalità sotto i 5 anni è diminuita del 19%;

  • è aumentato il tasso di immunizzazione delle persone consentendo una maggior tutela della salute;

  • la maggior parte della popolazione ha accesso all’elettricità;

  • le aree marine protette sono raddoppiate dal 2010;

  • 186 nazioni hanno ratificato l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico;

  • 71 paesi e l’Unione Europea hanno adottato policy e strumenti per la produzione ed il consumo sostenibile – “circular economy”.

Tuttavia vi sono altri ambiti che necessitano di un’attenzione collettiva urgente: il livello dei mari si sta innalzando, l’acidificazione degli oceani sta accelerando, gli ultimi 4 anni hanno visto le temperature più calde, milioni di piante e specie animali sono a rischio estinzione. Inoltre le azioni e gli sforzi per porre fine alle sofferenze umane e creare uguali opportunità per tutti stanno rallentando e sono influenzati da violenti conflitti e da una forte vulnerabilità ai disastri naturali. Metà della popolazione mondiale non ha accesso alle cure per la salute, e più del 50% dei bambini non è scolarizzato.

L’ambito più critico è il cambiamento climatico. Non intervenire per evitare il surriscaldamento nei prossimi decenni (si stima di 1,5°C) comporta il collasso dell’ecosistema, con conseguenze economiche (produzioni a rischio sia direttamente in ambito food che per la scarsità di risorse ambientali utilizzate nei settori non food) e sociali (aumento della povertà, delle disuguaglianze reddituali, della fame, della non accessibilità al diritto alla salute) interconnesse, che richiedono una soluzione globale. Un nuovo paradigma di capitalismo responsabile.

Il nuovo paradigma di capitalismo responsabile

Come poter arrivare a centrare gli SDG nel 2030? Attraverso finanziamenti, resilienza, economie inclusive e sostenibili, azioni locali più incisive guidate dalle istituzioni, miglior utilizzo dei dati, della tecnologia, dell'intellignza artificiale, dell’innovazione, sfruttando la trasformazione digitale. In altri termini includendo i 17 Soustainable Development Goals non solo nelle agende politiche, ma nelle agende dei Consigli di Amministrazione di tutte le organizzazioni, e nelle strategie di investimento, al fine di collegare gli obiettivi di business con quelli dell’agenda ONU2030.

L'11 settembre 2020, data che ha stravolto il pianeta, non solo per la brutalità, ma per le conseguenze che ancora oggi osserviamo, l'Institut Montaigne e il Comité Médicis hanno pubblicato un nuovo rapporto, "Capitalismo responsabile: un'opportunità per l'Europa", in cui Jean-Dominique Senard, Presidente del Gruppo Renault, Vicepresidente dell'Institut Montaigne, e Yves Perrier, CEO di Amundi, Presidente del Comité Médicis, chiedono all'Europa di diventare il continente del capitalismo responsabile. Ciò garantirebbe la prosperità del continente e l'indipendenza delle nazioni e delle imprese europee.

Il rapporto definisce delle priorità chiare: favorire gli investimenti a lungo termine per le imprese responsabili, dare impulso al finanziamento a lungo termine per le imprese responsabili, riconquistare il controllo sulle informazioni contabili, finanziarie ed extra-finanziarie e creare un quadro normativo comune.

Il capitalismo responsabile al centro di Davos 2020

Quest’anno a gennaio 2020, a Davos, si sono dati appuntamento quasi tremila leader di 117 Paesi per la 50esima conferenza annuale del World Economic Forum che si è tenuto dal 21 al 24 gennaio. Il summit quest’anno aveva due temi cruciali per il futuro sostenibile della Terra: capitalismo e il liberismo politico. Due vincitori storici dopo la caduta del Muro di Berlino avvenuta nel 1989 e che oggi però non godono più di ottima salute sotto i colpi di rivolte sociali, movimenti populisti e l’azione in politica estera di stati autoritari come Russia e Cina in funzione anti-occidentale.

Al centro del forum lo ‘stakeholder capitalism’, il capitalismo responsabile e sociale, che tiene conto ovviamente degli azionisti, ma anche dei dipendenti, dei territori e di tutti coloro che hanno interessi nell’impresa come i fornitori e i clienti.

Il leit motiv del Forum è il ‘Davos Manifesto 2020’, un documento che prende spunto dal Davos Manifesto del 1973, che, con largo anticipo e con grande visione del futuro, aveva coniato il concetto allora sconosciuto di ‘stakeholders’ (letteralmente le parti interessate, coinvolte), ovvero che le aziende devono servire gli interessi dell’intera società piuttosto che solo i loro azionisti.

Il Davos Manifesto 2020 fornisce una visione su questioni tra le più scottanti dei nostri tempi, quali l’equa tassazione (si parlerà dei giganti americani del web e della loro politica di cercare di pagare il meno possibile di imposte), l’Intelligenza artificiale, la tolleranza zero nei confronti della corruzione, i limiti alla retribuzione dei top manager e il rispetto dei diritti umani.

Come implementare il capitalismo responsabile

Secondo il rapporto "Capitalismo responsabile: un'opportunità per l'Europa", dell'Institut Montaigne, il capitalismo responsabile non è solo un pilastro morale del capitalismo finanziario, ma la proposta di un nuovo modello in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo. È articolato intorno a tre punti chiave:

  • un nuovo scopo: la funzione sociale dell’azienda e il valore che porta a tutti i suoi stakeholder (dipendenti, clienti, comunità, azionisti) sono al centro di questo capitalismo responsabile;

  • la sfida di coniugare efficienza economica e sostenibilità, rispondendo alle due grandi sfide del riscaldamento globale e della coesione sociale;

  • l'allineamento degli interessi degli azionisti con lo "scopo" dell’azienda e l'utilizzo sistematico dei criteri ESG che riflettano i valori europei.

Diventa dunque cruciale, per avviare il cammino di una responsabilità sociale del sistema economico e finanziario, integrare nelle scelte strategiche delle aziende i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell'agenza ONU2030. La mancata integrazione dei 17 obiettivi nelle scelte strategiche degli enti, imprese private e pubbliche, delle istituzioni e delle organizzazioni no-profit, inevitabilmente implica per gli stessi un percorso di crescita sostenibile complicato, in quanto gli obiettivi di business sono intrinsecamente connessi e dipendenti dai rischi (fattori o opportunità) ESG (Environment, Social e Governance). 

Il fallimento della gestione dei fattori ESG, impatta negativamente sulla reputazione degli enti/organizzazioni, sulla fiducia degli stakeholders, sulle performance finanziarie. In altri termini impatta negativamente sul capitalismo responsabile

Capitalismo responsabile: i passi da compiere

I rischi correlati ESG non sono nuovi. Infatti, le imprese, organizzazioni, governi ed investitori hanno considerato per diversi anni i rischi connessi alla governance focalizzandosi su aspetti quali quelli finanziari e di reporting, il ruolo e la composizione dei consigli di amministrazione, le politiche anti corruzione, la remunerazione degli “executive” e più in generale la questione dell’etica degli affari. Negli ultimi decenni, in particolare negli l’ultima decade, si sono però affacciati anche i rischi ambientali e sociali, che necessariamente gli stessi organismi di cui sopra devono considerare. 

Fortunatamente tra il 2019 e gli inizi del 2020, ci si è resi conto che le aziende, nessuna esclusa, deve indirizzare il proprio operato verso il successo sostenibile di lungo termine. Non ci può essere capitalismo se questo non è responsabile, ossia a vantaggio degli stakeholders. In particolare 200 CEO (Chief Executive Officers) di aziende americane tra cui Amazon e JPMorgan, hanno dichiarato, sottoscrivendo uno “statement”, che il valore degli azionisti non è più il principale focus dei top Business leaders americani:

Anche l'Italia ha fatto il suo passo, e a gennaio di quest'anno il Comitato di Corporate Governance per le società quotate in Borsa, ha posto alla base del funzionamento delle aziende come primo principio che

definendo il livello e la natura di rischio compatibile (risk tolerance o acceptable risk level) con gli obiettivi strategici della società, includendo nelle proprie valutazioni tutti gli elementi che possono assumere rilievo nell’ottica del successo sostenibile della società. 

La sostenibilità è da intendersi pertanto come capacità di generare valore non solo più per gli azionisti ma per tutti gli stakeholders (azionisti, proprietà, investitori, dipendenti, territorio, associazioni, politica, media, ecc).

Come sottolinea il report "Capitalismo responsabile: un'opportunità per l'Europa"

Tre priorità per la creazione di un movimento europeo

  1. 1.

    Incoraggiare gli investimenti a lungo termine in Europa in un momento in cui il capitalismo di breve periodo è ancora dominante.

  2. 2.

    Riprendere il controllo sulle informazioni contabili finanziarie ed extra-finanziarie per allinearle ai valori europei.

  3. 3.

    Creare un quadro normativo comune per sostenere le imprese europee responsabili.