Eredità: come evitare errori vendendo una casa donata

Spesso si pensa che gli affari in famiglia si risolvono bonariamente e con il buon senso. Purtroppo non è così. La sfera famigliare è governata da diverse norme che tutelano i diritti dei componenti. Uno tema che alcuni lettori pongono è se si può vendere una casa ricevuta in donazione o derivante da una successione. Per non commettere errori proseguite nella lettura.

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Spesso si pensa che gli affari in famiglia si risolvono bonariamente e con il buon senso. Purtroppo non è così. La sfera famigliare è governata da diverse norme che tutelano i diritti dei componenti delle famiglie ed in particolar modo delle parti più deboli. Una delle sfere familiari che mostra però diversi rischi ma anche potenziali litigi è quella delle successioni eridatarie o anche delle donazioni. Ambiti che se non sono affrontati con la consulenza ed il supporto dei professionisti (avvocati e notai) rischiano di creare vere fratture tra figli, figli e genitori, tra fratelli e sorelle. Uno tema che alcuni lettori pongono è se si può vendere una casa ricevuta in donazione o derivante da una successione. Per non commettere errori proseguite nella lettura.

Eredità: diritti e legittima

Quando si è in vita, ognuno può disporre come meglio crede del patrimonio che possiede. Il diritto di proprietà è tutelato dalla Costituzione. L'art. 42 della costituzione, comma 2 prevede 

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

Il soggetto che ha la piena ed indiscussa proprietà di un bene può disporre come meglio crede nel rispetto dei limiti di legge.

Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.

Di conseguenza il genitore che decide di lasciare ad un figlio una casa, fin quando è in vita potrà disporne a piacimento. Non è necessario chiedere l'assenso dei figli. Ma fino ad un certo punto. Nessun problema in caso di vendita dell'appartamento al figlio, ma se il genitore decide di donarlo deve fare i conti con le quote di leggitima. Infatti seppure ognuno può disporre, finchè in vita, del proprio patrimonio come meglio crede, la tutela della parte debole, ossia dei suoi eredi è affidata al codice civile che prevede che comunque una quota del patrimonio del decuius spetta agli eredi. In base a queste quote, in caso di donazione da parte del genitore ad uno dei figli è possibile che la quota leggitima degli altri eredi possa essere lesa.

Eredità legittima: quali sono le quote

La legge stabilisce che gli eredi legittimi, ossia quelli che godono con il defunto di un rapporto di parentela, hanno diritto ad una quota, definita legittima, anche quando il testatore abbia disposto diversamente nel suo testamento del suo patrimonio ed un erede legittimo fa valere il diritto di lesione. Il riferimento normativo è l'art. 536 del codice civile che stabilisce chi sono gli eredi legittimi e quanto spetta loro.

In caso di presenza del solo coniuge, la quota legittima è del 50%. L'altro 50% è quota disponibile.

In presenza del coniuge e di un figlio, la sudivvisione è di 1/3 al coniuge, 1/3 al figlio e l'altro 1/3 come quota disponibile.

Se vi sono invece più figli con il coniuge, 1/2 quota legittima figli, 1/4 quota legittima coniuge, 1/4 quota disponibile.

Se invece ci sono solo i figli,senza coniuge, la quota che va ai figli è di 2/3 ed il restante è disponibile.

Effetti della donazione: rischio azione di riduzione

La donazione di un bene appartenente al patrimonio del donante può essere fatta come atto tra vivi senza alcun problema. L'atto deve essere di natura pubblica, dunque è necessario che il trasferimento del bene venga registrato attraverso un atto notarile. Diverso il caso di una donazione di una sommma di denaro ai figli, che non richiede un atto pubblico, ma deve sottostare agli obblighi della normativa sul riciclaggio (per approndimenti si legga l'articolo Conto corrente: rischio manette se doni i soldi ai figli). L'atto notarile ha un costo, oltre alle imposte di registro, ipotecarie e catasale e all'imposta della donazione che varia in base all'importo della donazione e alla linea di parentela. Fin qui sembrerebbe che tutto possa filare liscio. Non è proprio così. Infatti affinchè la donazione non sia opposta da altri eredi legittmi, non deve ledere la quota della legittima degli altri eredi. In altri termini alla morte del donante non deve risultare che un erede abbia ricevuto di più rispetto agli altri, ledendo quindi quelle quote previste dalla legge. In questo caso per tutelare i figli ma anche il coniuge, dunque gli eredi legittimi, la legge consente di avviare un'azione di riduzione, con la quale l'erede che dimostra di essere stato leso nella suo quota può rimettere in discussione la donazione fatta dal genitore. Questa azione può essere fatta entro 10 anni dalla morte del donante e comunque entro 20 anni dalla donazione. Quindi attenzione a quando decidete di donare una casa ad un figlio, a non ledere la quota dell'altro figlio o della moglie. Sempre che il bene che volete cedere sia nella vostra piena proprietà. Le cose cambiano se il bene è anche intestato alla moglie o ai figli.

I figli possono ostacolare la donazione?

L'atto della donazione è un atto fatto in piena coscienza e volontà quando il donante è ancora in vita, nel pieno e totale possesso dei propri beni. I figli non possono opporsi alle decisione del genitore donante che voglia donare un terreno o una casa. Ma come abbiamo visto sopra, tutto ciò è possibile se le quote di legittima non sono lese. Ad esempio un genitore può decidere di donare la parte della legittima indisponible, in quote tali da non ledere i singoli eredi. Ad esempio ad un figlio un terreno, all'altro un piccolo appartamento. L'importante è che nessun erede riceva di più o meno dell'altro. Ma cosa accade se un bene è intestato ad un figlio minore. In questo caso se il genitore volesse donare la casa al figlio maggiorenne che si sposa, non potrà farlo senza aver ricevuto l'assenso del giudice. In soccorso arriva ancora la legge che recita

I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.

Spetterà al giudice valutare lo stato di utilità e necessità del figlio che ha ricevuto in donazione l'immobile.

Casa ricevuta in donazione: posso venderla?

Il principio del disporre della proprietà come meglio si crede è valido anche al donatario che ha ricevuto un immobile o altro bene registrato in donazione. All'atto della donazione, il bene, ad esempio un appartamento a Milano, entra nella sfera del patrimonio del donatario, ad esempio il figlio. Per evitare contestazioni da parte degli altri eredi è importante che questi rinuncino alla contestazione quando il donante è ancora in vita. In pratica la formale rinuncia alla contestazione rende il donatario libero di poter fare quello che meglio crede sul bene ricevuto in dono, senza correre il rischio che gli altri eredi legittimi facciano valere il diritto all'azione di riduzione della legittima. In questa circostanza infatti è molto rischioso vendere un bene ricevuto in donazione, in quanto gli altri legittmi eredi possono contestarla entro 20 anni dalla donazione, per recuperare quella parte di eredità che spetta per  legge. 

L'altro termine temporale da non superare è quella del periodo successivo all'apertura delle successione, cioè di quella procedura che si avvia alla morte del donante. Il periodo entro cui fare azione di riduzione della legittima è di 10 anni. 

Per poter vendere una casa ricevuta in donazione, è utile non incorrere nell'errore di farlo prima del decorso dei 20 anni dall'atto di donazione e 10 anni dalla morte del donante. Si potrebbe incappare in un'azione di rivalsa da parte dell'acquirente che nel frattempo è entrato nella proprietà del bene. 

Cosa fare per non rischiare l'azione di riduzione?

La strada che si può percorerre per ripararsi dal rischio che gli eredi legittimi non siano lesi nella loro quota legittima e quindi far rientrare nel patrimonio del de cuius anche il bene donato, è quella di richiedere ai legittimi eredi di rinunciare alla contestazione. In questo modo, l’erede si impegna a non effettuare l’azione di restituzione dell’immobile. Se gli eredi legittimari sono diversi, la firma dovrà essere raccolta da tutti quanti. La rinuncia può essere firmata quando il donante è ancora in vita. Cosa comporta la rinuncia? Solo a non richiedere indietro l'immobile oggetto della rinuncia. Non significa invece rinuncia alla quota legittima, che per legge è tutelata. Al fine di farla valere, l'erede legittimario potrà rivalersi in altro modo. 

Entro quanto tempo vendere una casa donata?

Oltre alla buona prassi di far firmare agli eredi legittimari di rinunciare alla contestazione, oppure di non vendere prima che siano trascorsi 20 anni dalla donazione, o 10 dalla morte del donante, l'altro limite è se la casa ricevuta in donazione sia stata ottenuta con le agevolazioni prima casa. Ossia l'imposta di rgistro al 2% (anzichè aò 9%) e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa di 50 euro. Per non perdere queste agevolazione, la vendita non potrà avvenire prima dei 5 anni dalla donazione, a patto che venga riacquistata un'altra prima casa entro 12 mesi. Se così non fosse, si dovranno restituire le differenze sull'imposta di registro (7% di differenza) e pagare anche le sanzioni pari al 30% dell'imposta dovuta. Se la donazione non ha riguardato la prima casa, allora potrai vendere il bene che ti è stato donato quando vuoi, cercado di evitare l'azione di riduzione.