La certezza della crisi, l’incertezza della ripresa

La speranza di voltare pagina sui mercati finanziari con l’inizio di Aprile è ieri naufragata nell’incertezza.

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La speranza di voltare pagina sui mercati finanziari con l’inizio di Aprile è ieri naufragata nell’incertezza. Il mondo continua ad essere soggetto al giogo del coronavirus come lo è stato in marzo. Anzi, data la diffusione capillare del contagio, ora i numeri di incremento si stanno facendo sempre più spaventosi. A livello globale, oggi forse o domani di certo, verrà conteggiato il milionesimo caso ufficiale di infezione, mentre i morti potrebbero raggiungere quota 50.000. Le uniche note cautamente positive sono per  l’Italia, che può ormai constatare l’appiattimento delle varie curve, con numeri che continuano a salire ma sempre meno, ed il famoso indice di contagiosità “R0” che si sta avvicinando a 1. Questo indice, ormai lo sanno tutti, ma lo specifico se ci fosse ancora qualche lettore che non lo conosce, è il numero medio dei contagi che una persona infetta riesce a trasmettere. Se è superiore ad 1 l’epidemia cresce. Se scende sotto 1 l’epidemia tende a spegnersi.

L’Italia ce l’ha quasi fatta a comprimere R0 al livello 1, grazie ai sacrifici della popolazione ed al distanziamento sociale, e vede ormai nitidamente avvicinarsi il momento che in cui si potrà lentamente tornare verso una vita socialmente normale, anche se ieri il Governo ha prolungato fino a Pasqua le misure restrittive. Negli esperti è palese la paura che una rimozione dei divieti troppo affrettata possa provocare una seconda ondata di contagio, difficilmente controllabile.

Nel resto del mondo invece si è ancora in piena crescita esponenziale dei contagi. La Spagna, sebbene abbia una popolazione inferiore alla nostra di circa 20 milioni di persone, sta raggiungendo in fretta i numeri dell’Italia e questa settimana ci supererà al secondo posto della classifica del dolore, mentre gli USA mostrano una crescita dei numeri devastante, sebbene siano in ritardo di due settimane rispetto al nostro paese nello stato di avanzamento del virus. Nell’entourage di Trump si cominciano a fare stime gigantesche, sebbene ancora imprecise,  sul numero dei morti che comporterà questa guerra per gli USA. Impressiona molto quella di 200.000 vittime, molto peggio di tutte le guerre combattute dagli americani dopo la seconda guerra mondiale, fatta dalla responsabile della task force sanitaria, che ha ipotizzato 30 giorni di blocco. Ho la sensazione che sarà molto difficile ottenere da Trump un simile lockdown.

A chi si chiede come sia possibile che i cinesi se la siano cavata con un numero decisamente minore di vittime, in questi giorni la risposta è arrivata con la riapertura delle camere mortuarie e l’inizio delle cremazioni a Wuhan dopo la quarantena. Secondo alcuni mezzi di informazione indipendente le cremazioni sono circa 10 volte superiori al numero ufficiale dei morti (2.535), il che significa che il governo cinese ha mentito al mondo ed alla sua popolazione.

La drammaticità della pandemia è ben rappresentata dallo stesso Trump, ora irriconoscibile rispetto alla baldanza di solo pochi giorni fa. Ieri ha dichiarato che le prossime settimane saranno molto dure, quasi a voler preparare gli americani a drammi spaventosi.

Saranno dure le prossime settimane anche per l’economia globale. Arriveranno le statistiche di marzo, che ci mostreranno quanto le misure di lockdown abbiano inciso sulla carne viva dei vari sistemi economici. A livello di proiezioni sul PIL va considerato che il primo trimestre 2020 sarà pesantissimo in Cina, ma con prospettive di ripresa nel secondo. Sarà pesante in Europa, ma andrà peggio nel secondo, mentre in USA, dove si è accettato solo a fine marzo di privilegiare la salute rispetto al business, la bordata recessiva si concentrerà tutta nel secondo trimestre.

Dato che nessuno è ancora in grado di prevedere il picco in occidente e nessuno sa quali problemi  potrà incontrare il sistema produttivo globale a riprendersi dopo un blocco quasi totale che durerà ancora per diversi giorni, non stupisce che le stime economiche dei vari centri studi siano estremamente variabili, ma con la tendenza ad esporre ipotesi sempre più pessimistiche man mano che passano i giorni.

Per intenderci. Le previsioni di inversione a V dopo una perdita di PIL di pochi punti percentuali sono ormai superate. L’alfabeto della ripresa sembra ora più propenso a ipotizzare una inversione a U, che richiederà più tempo, mentre non mancano ipotesi di stima di un futuro a L, cioè con una lunga depressione dopo la botta iniziale. L’entità della legnata che il lockdown generalizzato assesterà al PIL americano in questo secondo trimestre 2020, che è iniziato ieri, secondo i vari uffici studi è molto variabile, ma si tratta comunque di cifre mai viste prima: si va dal -9% del centro studi più ottimista di tutti (Bloomberg) al -13% di Deutsche Bank, fino al terrificante -34% previsto dalla pessimista Goldman Sachs. Va precisato che non si tratta di un calo trimestrale, ma annualizzato. Quello del trimestre rispetto al precedente si ottiene dividendo il numero per 4.

E’ evidente che con tali prospettive il minimo che ci dobbiamo aspettare sui mercati è la volatilità, provocata dalla certezza della botta recessiva e dall’incertezza sui tempi e sui modi di recupero, per i quali non possiamo far riferimento alle riprese avvenute nel dopoguerra, poiché questa  situazione è veramente diversa e peggiore. Mai prima d’ora negli ultimi 80 anni si è vista una crisi così diffusa, forte e sincronizzata, come quella che stiamo vivendo.

Perciò non deve stupire che ieri Wall Street abbia nuovamente sperimentato un tonfo, con SP500 che ha iniziato il mese con un -4,41%, respinto al ribasso dalla media a 20 sedute. Sembra proprio che voglia tornare sui minimi del 23 marzo, in area 2.200.

Per smentire questo scenario occorre un pronto recupero, che sia in grado di superare la massima estensione che il rimbalzo è riuscito finora a produrre, cioè i 2.641 punti realizzati venerdì scorso.

Abbastanza simile la situazione in Europa, con Eurostoxx50 che ha perso solo poco meno di Wall Street (-3,82%) ed oggi deve cercare di non rompere 2.660, pena un’accelerazione ribassista.

Dato che il settore bancario soffre per la mancata distribuzione dei dividendi, il nostro Ftse-Mib non è  riuscito a far fruttare lo scenario di luce in fondo al tunnel dell’epidemia, che ci consegnano i grafici sanitari. La perdita (-2,97%) è stata solo di poco inferiore a quella media europea.

Di questi tempi bisogna accontentarsi di poco.