Il dibattito sulle nuove regole del sistema finanziario sta entrando nel vivo. La settimana scorsa Lord Adair Turner, presidente della Financial Services Authority britannica (ossia dell’organo di sorveglianza dei mercati finanziari) ha sostenuto che «il settore bancario è sovradimensionato (letteralmente «swollen») ed è diventato troppo grande per la società».Lord Turner ha aggiunto che il dibattito sui bonus pagati dalle banche è diventato una «scappatoia populista» per evitare la discussione sull’adozione di «misure drastiche» tese a ridimensionare il settore bancario. A tale scopo Lord Turner ha proposto l’introduzione di tasse sulle transazione finanziarie, che dovrebbero essere prelevate in tutto il mondo. Insomma, il responsabile dell’autorità britannica di sorveglianza ha proposto l’introduzione di una specie di «Tobin tax», che è la tassa più odiata dagli operatori dei mercati finanziari.Di transenna, ricordiamo che recentemente anche i dirigenti della Banca nazionale svizzera avevano posto il medesimo problema, domandandosi se le due grandi banche non fossero troppo grandi per la Svizzera. La presa di posizione della banca elvetica non ha però avuto grande risonanza a livello internazionale, diversamente da quanto sta avvenendo per le proposte di Lord Turner. Come era facile prevedere, le reazioni sono state vivaci e numerose. Il Governo britannico ha detto che spetta all’autorità politica e non all’autorità di sorveglianza proporre l’introduzione di nuove tasse. Dal mondo della finanza si è ovviamente levato un coro unanime di proteste.Il merito dell’analisi e delle proposte di Lord Turner (come di quelle della BNS) è che esse centrano il cuore dei problemi che la crisi finanziaria ha messo in evidenza e che il mondo politico sta cercando di non affrontare. Esso può essere riassunto in questo modo: di che tipo di sistema finanziario le nostre economie hanno bisogno?