Dimissioni volontarie: sbagliare i tempi costa caro

Le dimissioni volontarie sono spesso prese dal lavoratore alla leggera. E' importante darle nella forma stabilita dalla legge e soprattutto rispettare i tempi di preavviso stabiliti nei contratti collettivi. Non farlo può ridurre di parecchio l'ultimo stipendio

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Succede spesso che stanchi del lavoro che si sta facendo, oppure sull’onda dell’entusiasmo per una nuova opportunità lavorativa si presentino le dimissioni in modo affrettato e con leggerezza. Solo in seguito, con l’arrivo dell’ultima busta paga si ha l’amara sorpresa di trovarla molto più leggera di quanto ci si aspettava. Spesso non si tratta di un errore, o di una ritorsione da parte del nostro ex datore di lavoro, ma dei giusti conteggi fatti da chi ha il diritto al risarcimento per non essere stato avvisato tempestivamente. Questo succede perché così come il lavoratore viene tutelato sia dallo Statuto dei lavoratori, sia dal Jobs Act che lo ha modernizzato, anche gli interessi economici del datore di lavoro vengono tenuti nel dovuto conto da queste e dalle norme del codice civile che si occupano di contratti e di rapporti economici tra privati.

Che cosa sono le dimissioni

Le dimissioni sono considerate dalla legge come il recesso da un contratto. Il rapporto di lavoro è infatti un rapporto contrattuale: due parti si accordano su uno scambio di prestazioni e mettono dentro il contratto tutti i diritti e doveri che si aspettano dall’altro contraente.  Questa regola è stata messa nero su bianco dall’ Art. 2118. del codice civile che dice:     

Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro atempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modistabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità. 

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altraparte a un’indennità equivalente all'importo della retribuzione chesarebbe spettata per il periodo di preavviso.

La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso dicessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro. 

Dopo il codice civile, molte altre leggi e parecchie sentenze sono intervenute a precisare esattamente la modalità con cui possono essere date le dimissioni e soprattutto i tempi.

Quali sono i tipi di dimissioni previste dalla legge

La legge ha previsto che le dimissioni si dividano in tre categorie, ognuna delle quali è trattata in modo leggermente diverso. 

Le dimissioni volontarie sono quelle decise in autonomia dal lavoratore, senza che gli sia chiesto di giustificarle in alcun modo. Ha solo l’obbligo di presentarle con un certo preavviso, di diversa entità a seconda dell’anzianità di servizio e del tipo di lavoro svolto.

Le dimissioni per giusta causa sono invece quelle dietro alle quali c’è un comportamento del datore di lavoro talmente grave da giustificare la mancanza di preavviso. La legge non fa una lista esemplificativa di quale possa essere la giusta causa, e quindi ci si deve affidare ai contratti collettivi. I contrasti in materia sono molti e spesso la questione finisce davanti a un giudice.

Le dimissioni concordate, infine sono quelle decise da entrambe le parti. In questo caso saranno i due a scegliere se sia necessario un preavviso, di quale durata e se a uno dei due spetti qualche tipo di risarcimento per la fine del contratto.

Cosa sono le dimissioni in bianco

La legge considera da sempre il lavoratore come la parte debole del contratto. L’esperienza ha dimostrato che di frequente quelle che apparivano come dimissioni volontarie in realtà erano dei licenziamenti mascherati. In particolare si è ritenuto di contrastare il fenomeno delle dimissioni “in bianco”. Si tratta della pratica molto diffusa negli anni passati di far firmare al lavoratore al momento dell’assunzione anche una lettera di dimissioni senza data. Data che veniva poi apposta dal datore di lavoro nel momento in cui decidesse di sciogliere il contratto. Di solito le vittime del sopruso erano donne che avevano appena annunciato una gravidanza, ma anche uomini non più graditi.

Dal 2016, con il Jobs Act questa pratica dovrebbe essere stata debellata, o quantomeno essere resa più complicata da attuare grazie all’introduzione di una nuova modalità di dimissioni più difficili da imporre al lavoratore.

Cosa sono le dimissioni telematiche

Oggi un lavoratore che voglia presentare le dimissioni ha di fronte due possibilità:

rivolgersi a un soggetto abilitato (patronato, organizzazione sindacale, ente bilaterale, commissioni di certificazione, consulenti del lavoro, sedi territoriali competenti dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro) che avrà il compito di compilare i dati e inviarli al Ministero del Lavoro.

In alternativa è possibile compilare un modulo on line direttamente da casa. Al modulo si accede dal sito del Ministero del Lavoro o da quello dell’INPS. Viene richiesto l’inserimento dello SPID e la compilazione di pochi dati relativi al tipo di dimissioni scelte e alla data da cui si vogliono far decorrere. Per i rapporti di lavoro iniziati dopo il 2008 non sarà neppure necessario inserire i dati del datore di lavoro, perché appaiono già sullo schermo dopo aver fornito i dati identificativi. Dopo la conferma delle dimissioni al lavoratore rimangono comunque 7 giorni per cambiare idea. Delle dimissioni viene inviato dal sito anche copia al datore di lavoro e viene tenuta traccia nel caso si debba verificare il momento esatto in cui sono state presentate.

Perché bisogna dare un preavviso per le dimissioni volontarie

Il contratto di lavoro, anche se spesso ce lo dimentichiamo, perché tendiamo a mettere in primo piano questioni soggettive come la nostra dignità di persona, è prima di tutto un rapporto economico. Entrambe le parti hanno tra gli obiettivi primari quello di ottenere un profitto come succede in quasi tutti i contratti. In quest’ottica la legge tratta il rapporto di lavoro esattamente come tutti gli altri contratti e si preoccupa di evitare che la conclusione dell’accordo porti danni eccessivi o ingiusti alla parte che la subisce. Il datore di lavoro è pur sempre la parte più forte delle due, ma essere abbandonato su due piedi da un lavoratore, che magari ricopre un ruolo importante nell’azienda, può provocare grossi danni. 

La legge consapevole che il diritto di dimettersi non può essere negato, ha scelto di dilazionarlo nel tempo così da lasciare al datore di lavoro il tempo per trovare un sostituto e iniziare a formarlo.

Quanto preavviso va dato per le dimissioni

La durata del preavviso non è prevista dalla legge, ma di solito va ricercata nei contratti collettivi. Questo significa che ogni lavoratore dovrà andare a reperire il proprio contratto e vedere che cosa stabilisce. Per chi ha dimestichezza con la rete e non ha il tempo di rivolgersi ai sindacati tutti i contratti d categoria si trovano facilmente sul web.

Alcune regole però valgono in linea di massima per tutte le categorie. Innanzitutto di solito i tempi variano a seconda degli anni di anzianità e a seconda del ruolo svolto all’interno dell’azienda.

Il conteggio del preavviso, poi non parte necessariamente dal giorno in cui le dimissioni sono state presentate, ma per alcuni contratti collettivi sempre dal primo e dal sedicesimo giorno del mese. Questo significa che se noi abbiamo presentato le dimissioni il 5 agosto il preavviso decorrerà dal 16 agosto.

Quando il preavviso delle dimissioni è sospeso

Vediamo adesso quali sono gli eventi che non possono essere conteggiati come preavviso, ma che lo mettono in stand by, per poi ricominciare a decorrere al momento del ritorno del lavoratore sul posto di lavoro. Malattia, infortunio, e maternità sono considerati come degli eventi non prevedibili in anticipo e che quindi sospendono il decorrere del preavviso. Le ferie invece non potrebbero essere date neppure per volontà del datore di lavoro durante il preavviso, ma se già programmate, lo sospendono, ma non lo sostituiscono.

Altra questione è se il preavviso è conteggiato in giornate lavorative, o in giornate del calendario. In questo caso a meno che il contratto collettivo di categoria preveda diversamente si fa riferimento al calendario e quindi si conteggiano anche i sabati, le domeniche e eventuali altre festività in cui non ci si reca al lavoro.

Per i lavoratori part time valgono le stesse regole: ogni giorno del calendario va contato, anche se magari si lavorava solo due giorni alla settimana.

Quanto ci costa non dare il preavviso per le dimissioni

Decidere di dare le dimissioni con decorrenza immediata può essere liberatorio, ma può anche costare parecchio. La legge ce lo spiega con l’art 2118 del codice civile che codifica in modo preciso il risarcimento che un contraente deve versare all’altro nel caso receda dal contratto senza dare un adeguato preavviso. La somma dovuta è calcolata moltiplicando lo stipendio giornaliero per il numero delle giornate di preavviso che avrebbe dovuto dare. La cifra verrà trattenuta dal datore di lavoro sull’ultimo stipendio che erogherà al lavoratore.

Quando non devo dare il preavviso per le dimissioni

Le dimissioni sono senza costi nel caso ci sia un accordo con il datore di lavoro. Quest’ultimo potrebbe per esempio decidere di venire incontro al collaboratore rinunciando al diritto al preavviso. Attenzione però, nel caso non ci sia un rapporto rilassato e di piena fiducia, a farsi firmare un accordo, così da evitare sorprese tardive.

La legge esclude l’obbligo del preavviso in caso di dimissioni per giusta causa. Si tratta quei casi in cui il datore di lavoro abbia violato uno dei suoi doveri contrattuali come per esempio ritardi non motivati e ripetuti nel versare lo stipendio o abbia tenuto comportamenti che fanno venir meno il rapporto di fiducia e di rispetto che dovrebbe esserci con il lavoratore.

Non è obbligatorio il preavviso se si presentano le dimissioni mentre ci si trovi o si sia appena concluso il periodo di prova, allo scadere del contratto a tempo determinato e in caso di mancato rientro in caso di reintegro sul posto di lavoro.