La corsa al rialzo dei mercati azionari e la crescita del PIL registrata nel secondo trimestre da Germania, Francia e Giappone hanno spinto alcuni a predire che è ormai agli sgoccioli la peggiore recessione dell’economia mondiale di questo dopoguerra. Purtroppo non ha solidi fondamenti l’idea che debbano essere considerati ormai superati i guai provocati dalla crisi finanziaria iniziata nell’estate del 2007 con lo scoppio della bolla formatasi nel mercato immobiliare americano e sfociata in una crisi economica alla fine dell’anno scorso.Sono molti i motivi che spingono a non sopravvalutare questi segnali indubbiamente positivi. Innanzitutto, stiamo assistendo ad un rallentamento del ritmo di contrazione dell’economia e non all’avvio di una fase di ripresa.Infatti i dati riguardanti Francia, Germania e Giappone sono positivi rispetto ai primi tre mesi dell’anno, ma continuano ad essere pesantemente negativi rispetto all’anno precedente. Quindi indicano semplicemente un rallentamento del ritmo di contrazione dell’economia, che era stato molto forte alla fine dell’anno scorso e nei primi mesi di quest’anno. Con un’affermazione sicuramente impropria possono dare l’impressione di una normalizzazione dell’attività economica a bassi livelli. Ma c’è di più. Questo risultato è dovuto essenzialmente a due fattori che non si possono prolungare nel tempo.Il primo fattore è la ricostituzione delle scorte da parte delle aziende; il secondo è l’effetto degli stimoli fiscali e monetari adottati dai diversi Paesi. In merito basta fare l’esempio del settore automobilistico. I sussidi statali europei ed americani per spingere all’acquisto di automobili nuove hanno posto temporaneamente fine al crollo delle vendite dei mesi precedenti e ovviamente ridato fiato alle case automobilistiche in gravi difficoltà.