Diliana Deltcheva, Head of Emerging Market Debt di Candriam, spiega che in apertura d’anno, il debito dei mercati emergenti (EMD) in valuta forte ha registrato performance positive, con un incremento del 7,2% (dati al 10 maggio), dopo il calo del -4,3% riportato nel corso del 2018. Sia l’High Yield sia l’Investment Grade hanno performato bene, con un rialzo da inizio 2019 rispettivamente del 7,8% e del 6,7%, dopo che a gennaio la FED ha annunciato una politica più accomodante e in seguito all’incremento del greggio del 31,3%, che ha parzialmente recuperato il calo del 35% registrato dai prezzi del Brent nell’ultimo trimestre 2018. Fino alla recente interruzione dei negoziati e all’annuncio di nuovi dazi, le prospettive di una risoluzione del conflitto commerciale tra Cina e Stati Uniti hanno favorito in generale la performance degli asset rischiosi. I dati sulla crescita globale hanno continuato a deludere, ma senza incidere sul debito dei mercati emergenti in valuta forte tanto quanto hanno invece inciso su quello in valuta locale. Da inizio anno, quelle valute dei mercati emergenti tradizionalmente correlate al differenziale dei tassi di crescita tra questi mercati e quelli sviluppati, sono piatte, al -0,3%. I tassi di interesse di alcuni dei mercati emergenti, che hanno iniziato l’anno con premi di rischio significativi rispetto ai Treasury USA, sono stati sostenuti dal calo di 21 punti base del Treasury statunitense a 10 anni e a maggio hanno messo a segno un rendimento del 2,8%.
I principali driver di performance del debito dei mercati emergenti sembrano ragionevolmente stabili. Ad oggi Diliana Deltcheva è cautamente ottimisti sul debito emergente in valuta forte, in particolare per due fattori: l’atteggiamento più accomodante della Fed e un quadro incoraggiante per le materie prime.