Il buco dell'Inps: il terrore che blocca tutti i sussidi!

Anche i migliori sbagliano e un errore potrebbe costare molto caro per i conti dell'Inps. Una delle scelte effettuate dal Governo, ossia quella di stabilire una riduzione del 30% del carico contributivo per le imprese, che stiano operando nel Sud Italia per compensare il danno causato dal lockdown, potrebbe dimostrarsi controproducente.

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Anche i migliori sbagliano e un errore potrebbe costare molto caro per i conti dell'Inps. Una delle scelte effettuate dal Governo, ossia quella di stabilire una riduzione del 30% del carico contributivo per le imprese, che stiano operando nel Sud Italia per compensare il danno causato dal lockdown, potrebbe dimostrarsi controproducente.

A volte può capitare che quando si cerchi di mettere una toppa, questa possa risutare più brutta a vedersi del buco. Il provvedimento genera una serie di vantaggi fiscali per le imprese meridionali, indipendentemente dal loro grado di sviluppo e dalle caratteristiche che contrassegnano le aree in cui queste hanno sede ed operano. Ma non solo: questa scelta comporta la creazione di un buco di bilancio non indifferente per l'Inps, che molto probabilemente potrebbe andare ad aumentare nel tempo.

Inps: cosa succede quando non si versano i contributi!

Quale potrebbe essere, in questo caso, il nodo del contendere? La misura decisa dal Governo ha l'ottima intenzione di aiutare le imprese che stanno operando nel sud Italia, permettendo a queste di non versare i contributi previdenziali dei propri dipendenti. Sarà lo Stato a provvedere a versare i contributi figurativi all'Inps. Molti non sanno, però, che questi versamenti non avvengono in automatico, ma vengono effettuati tramite una spesa iscirtta in Bilancio e devono essere autorizzati ogni singola volta. In altre parole diventano delle vere e proprie voci di competenza e crediti di bilancio e poi in versamenti di cassa.

Nel momento in cui il credito di bilanco viene autorizzato e, mettiamo il caso, lo sia tempestivamente, il versamento vero e proprio avviene in ritardo. E quasi sempre con fatica. Cosa significa questo: molto semplicemente che nei momenti in cui le spese arrivino al punto di superare le previsioni e le entrate ad essere inferiori a quanto previsto le casse dell'Inps piangono. Magari anche quello dello Stato. Una domanda che è necessario porci in questo momento: quante volte l'Inps si è trovata costretta a tagliare le pensioni maggiori, anche solo temporaneamentem perché non aveva a disposizione fondi a sufficienza per pagarle? Quante volte, negli ultimi anni, si è cercato di aumentare l'età pensionabile o si è ritardato di liquidare le pensioni e le connesse indennità?

La scelta di ridurre i contributi previdenziali al Sud Italia forse non è stata la scelta migliore. Se si fosse scelto, ad esempio, di oprtare per una flat tax parziale nell'Irpef per i lavoratori dipendenti e per gli autonomi, si sarebbe stimolata la crescita nello stesso modo. Il Governo sarebbe riuscito a stimolare la crescita e ad incentivare l'occupazione nello stesso modo. Quando si riduce l'imposta sul reddito, dove è più oppressiva l'anno dopo e nei successivi si recupera il gettito perso inizialmente, anche perché si riduce la convenienza ad evadere. 

Inps, conti tengono. Ma nel 2019

L'Inps nel frattempo ha provveduto a pubblicare il Rendiconto generale per il 2019, i cui dati confermerebbero la tenuta dei conti ed una sostanziale solidità finanzairia. Proviamo a vedere quali sono i principali numeri del 2019:

  • il risultato finanziario di parte corrente, che misura l’equilibrio finanziario della gestione ordinaria dell’Istituto, passa da 2.255 milioni di euro del 2018 a 6.783 milioni di euro del 2019. Si tratta del miglior risultato finanziario di parte corrente degli ultimi dieci anni;
  • le entrate contributive passano da 231.166 nel 2018 a 236.211 milioni di euro nel 2019, con un incremento di 5.045 milioni di euro (+2,2%);
  • le prestazioni istituzionali totali, di natura previdenziale e assistenziale, ammontano a 331.056 milioni di euro, con un incremento di 12.682 milioni di euro rispetto al 2018 (+4,0%);
  • nel 2019 la spesa complessiva riferita alle prestazioni pensionistiche, che include anche la componente di natura assistenziale, è pari a 262.299 milioni di euro e rappresenta il 14,7% del Prodotto interno lordo (PIL);
  • il patrimonio netto a fine 2019 è pari a 39.759 milioni di euro.

I risultati economici e finanziari positivi conseguiti nel 2019 consentono all’Istituto di reggere gli effetti finanziari negativi derivanti dalla pandemia da Covid-19 che gravano sui conti dell’Istituto.

L'Inps ripende ad incassare!

Buone notizie per le casse dell'Inps per il mese di luglio 2020. I dati, ovviamente, al momento sono ancroa parziali, ma mettono in evidenza come ci sia una parziale ripresa delle attività produttive del paese.

Guardando i numeri dell'ultimo mese si vede che:

  • per le aziende private si registra una contrazione di 1.620 milioni di euro rispetto al corrispondente mese del 2019 (a giugno scorso la contrazione era stata di 2.345 milioni di euro);
  • per le aziende e i lavoratori autonomi dell’agricoltura gli incassi sono sostanzialmente analoghi a quelli del luglio 2019 (-10 milioni di euro);
  • le entrate contributive di luglio 2020 degli artigiani e commercianti sono superiori di 160 milioni di euro rispetto al budget Inps adottato prima della pandemia (gennaio 2020);
  • anche le entrate contributive della Gestione Separata segnano un +170 milioni di euro rispetto al budget di cassa di gennaio 2020. Per gli artigiani e commercianti e per la Gestione Separata il confronto è effettuato con il budget di cassa di luglio 2020 elaborato prima della pandemia da Covid-19, dal momento che gli incassi di luglio 2019 risultano ridotti per effetto del rinvio delle scadenze di versamento adottate dal Legislatore per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

Complessivamente, dalle aziende private, dai lavoratori autonomi e dai liberi professionisti, l’Istituto ha incassato nel mese di luglio dell’anno in corso 12.500 milioni di euro, con una riduzione rispetto alle attese di circa 1.300 milioni di euro, in gran parte effetto dei conguagli di integrazioni salariali anticipate dalle aziende negli scorsi mesi.