Che le agenzie di rating godano di un potere enorme è cosa ormai nota. La loro forza deriva dalla credibilità che gli investitori e le autorità di vigilanza riservano loro; se venisse a mancare quest’ultima non avrebbero più motivo di emettere giudizi e, quindi, di esistere.Negli ultimi anni, l'importanza del rating è andata progressivamente crescendo. La globalizzazione dei mercati e la maggiore complessità degli strumenti finanziari ha portato con sé un’esigenza di maggiori informazioni per limitare il più possibile i rischi derivanti da un mercato sempre più vasto ed intricato. Le autorità di vigilanza, inoltre, hanno ampiamente utilizzato il rating per la regolazione del settore: dopo il '29, gli USA hanno fatto ricorso per la prima volta al rating per scopi regolamentari. Nel 1936, l’agenzia federale del dipartimento del tesoro americano impose alle banche americane limiti all'acquisto di obbligazioni che non avessero ottenuto la valutazione di investment grade (termine utilizzato con riferimento a titoli di alta qualità) da parte di almeno due agenzie di rating.
Nonostante ciò, da qualche anno, queste agenzie sono oggetto di forti critiche: innanzi tutto, il mercato del rating si caratterizza per essere un mercato di tipo oligopolistico (dominato da tre principali agenzie - Three Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch Ratings) che non consente quindi di usufruire di tutti i vantaggi derivanti dalla concorrenza. Il problema chiave, però, resta quello del conflitto d'interessi. Il processo di rating può essere avviato da un qualsiasi soggetto che chiede l’assegnazione di un giudizio di credit rating per l’emissione di una propria passività, da investitori con molta liquidità che chiedono una valutazione del rischio di inadempienza riguardante un determinato debitore (società o ente pubblico) oppure potrebbe essere l’agenzia stessa che si attiva spontaneamente avviando l’iter di valutazione (unsolicited rating). Nel primo caso, le agenzie dipendono economicamente dal compenso pagato dalle emittenti; la maggior fonte di finanziamento non sono le agenzie di stampa o la comunità finanziaria ma le stesse società emittenti oggetto dell'indagine. Per avere un rating, una società, una banca o uno Stato deve rivolgere una richiesta esplicita ad una delle agenzie pagando un compenso variabile (per S&P, ad esempio, varia tra i 25.000 e i 125.000 dollari) a seguito del quale l'agenzia inizia l'analisi. E’ ovvio che, stando così le cose, le emittenti si rivolgeranno all’agenzia più benevola nella valutazione (rating shopping). Nel caso di unsolicited rating invece, come detto, l’agenzia si propone spontaneamente al soggetto, il quale è libero di accettare o meno il pagamento per il servizio. In ogni caso, si procederà all’assegnazione di un rating, anche senza la collaborazione del soggetto, basandosi su informazioni pubbliche (prima di tutto i bilanci). Spesso le aziende sottoposte ad unsolicited rating preferiscono pagare e optare per una collaborazione forzata pur di non vedersi etichettati con giudizi “punitivi” scaturenti da informazioni limitate e poco dettagliate. A tal proposito, negli Stati Uniti, è stato frequentemente criticato il potere contrattuale delle agenzie e in più casi sono state intraprese azioni giudiziali. Il Canada è l’unico Paese che ha dichiarato, “di fatto”, l’ammissione a fini regolamentari dei soli rating solicited.