L'Opec aumenterà la produzione per salvaguardare la ripresa dell'economia globale se il prezzo del petrolio tornerà a toccare i 100 dollari al barile. Lo ha dichiarato il presidente del cartello, l'angolano Jose Botelho de Vasconcelos, il quale ha affermato che un prezzo tra i 75 e gli 80 dollari al barile è sostenibile sia per i produttori che per i consumatori, mentre quotazioni più alte potrebbero frenare la ripresa.Balle. Quel prezzo non è sostenibile per il semplice fatto che rappresenta una bestemmia nei confronti dei fondamentali: è tutta e sola speculazione over-the-counter, una strategia di hedging sul ciclico che non smetteremo di denunciare come suicida oltre che criminogena. Ma a preoccupare deve essere la promessa-minaccia dell'Opec: ovvero, aumentare la produzione se il greggio toccherà i 100 dollari al barile.Come dire che ormai nelle segrete stanze si sa che l'oro nero raggiungerà quella cifra, addirittura Goldman Sachs si spinge oltre nelle previsioni: siamo agli avvertimenti in stile quasi mafioso di un cartello che di fatto non permette la nascita di un “mercato” del petrolio, piuttosto il perpetuarsi di una piattaforma concordata e blindata che non lascia margini di manovra se non quelli della speculazione che fa la gioia dell'Opec. Stiamo preparando il cappio con il quale ci impiccheremo alla logica di squeeze e corner, complimenti vivissimi.Ma se il fronte petrolio porta soltanto brutte notizie, con i consumatori furibondi per i continui aumenti del carburante, nonostante in Asia il prezzo fosse sceso sotto quota ottanta dollari nella notte risalendo poi a ottantuno a causa anche della cronica debolezza del dollaro, quello bancario continua ad affossare gli indici azionari, Milano in testa, anche dopo la decisione annunciata ieri dal gruppo bancario e assicurativo olandese Ing di separare le attività di banca da quelle di assicurazione, per vendere nel tempo queste ultime e un aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro per rimborsare le iniezioni di liquidità fornite dallo stato olandese.