Mercoledì sera il mercato avrà parecchio materiale da analizzare, ancor più che dopo il rapporto mensile sull’occupazione, i seguitissimi non-farm payrolls. Infatti il FOMC (Federal Open Market Committee) trimestralmente non partorisce solo uno scarno comunicato (tra l’altro analizzabile ben più in dettaglio solo con diverse settimane di ritardo rispetto alla pubblicazione delle minute) ma anche le previsioni economiche e di futuro percorso dei tassi di tutti i 19 membri del comitato seguite da una conferenza stampa, con tanto di Q&A di Ben Bernanke. Considerata l’attenzione spasmodica che negli ultimi due mesi si è prestata alla questione del ‘tapering’ (riduzione) dell’attuale programma di Quantitative Easing (85 miliardi al mese tra Treasury e MBS) è facilmente pronosticabile che il tono delle sessioni successive dipenderà fortemente dai messaggi che la più importante banca centrale del globo cercherà di far passare. E anche dalla lettura che il mercato stesso ne darà, visto che nel mondo della politica monetaria non convenzionale in cui ormai ci siamo da anni addentrati la comunicazione per le banche centrali non è sport banale. La forte volatilità che alcuni comparti dei mercati finanziari hanno vissuto e stanno vivendo in tempi recenti (alcune commodities, il nikkei, i mercati obbligazionari emergenti e ‘high yield’) è dovuta soprattutto ad aver messo in discussione che la fase di massima espansione monetaria della Fed sia vicina al termine. La Fed ha cercato di passare il messaggio che, anche a causa delle loro politiche accomodanti, la ricerca di rendimento a qualsiasi costo stava diventando eccessiva e che, se i dati economici lo avessero permesso, era ipotizzabile un inizio di riduzione degli acquisti mensili (gli 85 miliardi di QE) magari anche nei prossimi meeting (settembre e dicembre date più probabili è al momento l’attesa del mercato). Ovviamente il rischio è quello che gli operatori estrapolino un inizio di riduzione del QE, alla fine del QE stesso e al rialzo dei tassi in una successione di eventi ora non così tranquillamente distanti nel futuro. Visto gli effetti disordinati che si sono avuti in alcuni mercati (quelli che più si erano in effetti ‘affollati’) è ipotizzabile che la Fed ammorbidisca un po’ i timori di un’uscita troppo veloce dalle politiche accomodanti. Lo può fare in vari modi: sottolineando maggiormente il fatto che l’inflazione è comunque in allontanamento dal target di 2%, pubblicando attese dei governatori per rialzi dei tassi comunque previsti più per il 2015 che per il 2014, ribadendo nel Q&A di Bernanke che le decisioni riguardanti la riduzione del QE sono ben slegate da qualsiasi rialzo dei tassi e che tra i due eventi potrebbe anche trascorrere un lasso di tempo significativo.