Riforma delle pensioni: certe le penalizzazioni. Anche i tagli

Saranno 4 mesi di lacrime e sangue? Sembrerebbe di sì: stiamo attraversando il più importante countdown che ci poterà alla riforma delle pensioni. Dalle prime indiscrezioni che iniziano a comparire in questi giorni sui vari quotidiani e sui siti più importanti, sembra proprio che il mondo delle pensioni non sarà più uguale a come lo vediamo oggi. Tra poco meno di quattro mesi, il primo gennaio 2021, gli assegni mensili delle pensioni subiranno una bella e decisiva sforbiciata.

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Saranno 4 mesi di lacrime e sangue? Sembrerebbe di sì: stiamo attraversando il più importante countdown che ci poterà alla riforma delle pensioni. Dalle prime indiscrezioni che iniziano a comparire in questi giorni sui vari quotidiani e sui siti più importanti, sembra proprio che il mondo delle pensioni non sarà più uguale a come lo vediamo oggi. Tra poco meno di quattro mesi, il primo gennaio 2021, gli assegni mensili delle pensioni subiranno una bella e decisiva sforbiciata.

Quello che sembra certo è che non ci troviamo davanti ad un taglio drastico, ma sicuramente molti pensionati si vedranno ridurre il proprio assegno. Anche presto saranno modificati i coefficienti di trasformazione del montante contributivo per il biennio 2021/2022.

Riforma delle pensioni: cosa è destinato a cambiare?

I colloqui tra il Ministero del Lavoro ed i sindacati terrano banco per tutto il mese di settembre. Al centro del dibattito ci saranno proprio le pensioni e l'ipotesi di una loro riforma: all'orizzonte sembra che ci sia una proroga dell'Ape e di Opzione Donna. Ma anche un possibile aumento degli assegni soprattutto dopo la cessazione di Quota 100, la cui sperimentazione dovrebbe terminare proprio a fine 2021. Sulla riforma delle pensioni aleggia l'ombra del recovery fund, che senza dubbio dovrebbe comportare un maggiore controllo dell'Unione europea su tutti i progetti messi in discussione. Sicuramente, comunque, la riforma delle pensioni potrebbe avvantaggiarsi dei circa 3-4 miliardi che verrebbero risparmiati da Quota 100, le cui domande, fino ad oggi, sono state inferiori alle attese.

Ma in estrema sintesi, che cosa ci dobbiamo aspettare da questa riforma? Ricordiamo che il Governo era da un po' di tempo che aveva intenzione di mettere mano alle nostre pensioni. I negoziati tra il Ministero del Lavoro ed i sindacati erano partiti a febbraio, poi a causa del lockdown tutto era stato bloccato. A luglio le pensioni sono tornate all'ordine del giorno e si era riaperto il confronto: Maurizio Landini della Cgil ha spiegato che si starebbe affrontando una trattativa molto seria e i sindacati ora si preparano a evitare un aggiustamento di qualche parte della legge Fornero, spingendo per vera e propria revisione della legge che dia stabilità al sistema nei prossimi anni.

Ci saranno due commissioni che dovrebbero occuparsi dei lavori gravosi e della separazione nei conti generali tra assistenza e previdenza. A prevederlo è la Legge di Bilancio: le due commissioni si sarebbero dovute insediare prima dell'estate, ma l'emergenza coronavirus ed il lockdown hanno scombussolato tutto il programma della riforma delle pensioni.

Riforma delle pensioni: si vuole confermare Quota 100

Una delle idee che stanno circolando sul tavolo delle trattative è quella relativa a Quota 100. Dovrebbe essere confermata, ma con alcune penalizzazioni. Dobbiamo ammettere, però, che Quota 100 sulla carta dovrebbe rimanere attivo fino alla fine del 2021, ma Bruxelles ha manifestato la volontà di capire, nel più breve tempo possibile, quali possano essere gli orientamenti del Governo italiano. E lo vorrebbe sapere prima del varo della manovra di Bilancio per il 2021: è quindi necessario iniziare ad affrontare seriamente una misura - ossia Quota 100 - che non è mai piaciuta alla Germania e che comunque non ha raccolto molti consensi nemmeno in Italia. C'è anche da aggiungere che Quota 100 costa molto al nostro paese: confermarla così come è in questo momento non sarà possibile. Così come non sarà possibile cancellarla con un colpo di spugna, perché si verrebbe a creare uno scalone nel momento in cui si tornasse alla legge Fornero, che prevede l'uscita dal mondo del lavoro a 67 anni  (o con 42 anni e 10 mesi di contributi), penalizzando così molti lavoratori.

La soluzione potrebbe essere l'introduzione di un meccanismo flessibile, che darebbe la possibilità di salvare Quota 100 e di permettere ai lavoratori di entrare in pensione a 62 o a 63 anni, con un'anzianità contributiva almeno di 38 anni, anche si parla di farla scendere a 36 anni. Nel caso in cui il lavoratore scegliesse per questa opportunità, subirebbe un taglio dell'assegno mensile del 2,8-3% per ogni anno in cui è andato in pensione in anticipo rispetto ai 67 anni. Andare in pensione con Quota 100 rinnovata, implicherebbe l'accettazione di vedersi agganciati interamente al sistema contributivo puro.

Opzione donna: c'è qualche possibilità che rimanga?

Nel dibattito sulla riforma delle pensioni vi è anche il capitolo dedicato ad Opzione Donna. Questa misura venne introdotta dalla Legge Maroni del 2004 ed è stata proprogata dalla Legge di Bilancio 2020. Questa particolare misura permette alle lavoratrici (sia del publbico che del privato) di chiedere la pensione anticipata: l'assegno, però, viene calcolato esclusivamente con il sistema contributivo. Grazie a questo meccaniscmo le donne hanno la possibillità di entrare in pensione a 58 anni o nel caso delle lavoratrici autonome a 59 anni, hanno raggiunto 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2019.

Se dovesse essere approvata la proroga, le lavoratrici nate entro il 31 dicembre 1962 e le lavoratrici autonome nate entro il 31 dicembre 1961, con almeno 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2020, potranno accedere alla pensione anticipata.

Per quanto riguarda il tavolo sugli strumenti alternativi come di pensionamento, il dibattito si concentrerà, invece, sull'estensione Ape social includendo un maggior numero di lavori gravosi. A sorpresa potrebbe ritornare anche l'Ape volontario (con 63 anni e 20 di contributi), che non costa nulla allo Stato e rappresenterebbe una valvola di sfogo per gli esuberi.