Pensioni, la Corte dei Conti boccia Quota 100. Ecco cosa cambia!

Questa volta a bacchettare il Governo sul tema pensioni e Quota 100 ci ha pensato la Corte dei Conti. Il fucile spianato sul futuro del nostro sistema previdenziale è tutto italiano, non è necessario andare a guardare oltre confine. La Corte dei Conti ha deciso di puntare il dito contro Quota 100 e la spesa che questa misura costa al nostro erario. Un po' come dire occhio al debito, state attenti a quanto spendete. E adesso? Cosa dobbiamo temere? E' in gioco nuovamente il futuro della nostra pensione o non ci dobbiamo preoccupare per niente?

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Questa volta a bacchettare il Governo sul tema pensioni e Quota 100 ci ha pensato la Corte dei Conti. Il fucile spianato sul futuro del nostro sistema previdenziale è tutto italiano, non è necessario andare a guardare oltre confine. La Corte dei Conti ha deciso di puntare il dito contro Quota 100 e la spesa che questa misura costa al nostro erario. Un po' come dire occhio al debito, state attenti a quanto spendete. E adesso? Cosa dobbiamo temere? E' in gioco nuovamente il futuro della nostra pensione o non ci dobbiamo preoccupare per niente?

Pensioni: un dito puntato contro Quota 100

Quota 100 sembra che sia il punto debole di questo Governo. Non piace in Europa, è destinata ad andare ad esaurirsi e adesso ci si mette anche la Corte dei Conti. Il problema è che questa misura, che ricordiamo permette di andare in pensione anticipatamente, grava troppo sulle casse dello Stato. Il problema, comunque, se non altro è transitorio: Quota 100 molto probabilmente andrà a morire, una volta che sia giunta alla sua scadenza naturale. Nel frattempo il Governo starebbe lavorando ad una riforma più ampia delle pensioni. Il tavolo delle trattative tra le parti sociali, guidato da Nunzia Catalfo, Ministro del Lavoro, avrebbe al vaglio alcune proposte per rendere leggermente più sostenibile il sistema previdenziale.

Quali sarebbero, al momento, le opzioni che sono sul tavolo delle trattative? Una di queste prevederebbe una doppia flessibilità in uscita: l'idea sarebbe di permettere di andare in pensione anticipatamente per quanti stiano svolgendo dei lavori gravosi od usuranti. Si potrà uscire dal mondo del lavoro a 62 o 63 anni, con almento 36-37 anni di contributi: le penalizzazioni potrebbero essere modeste. Si cercherebbero di tenere in piedi le opzioni alternative come l'Ape Sociale, in versione potenziata e strutturata. Per gli altri lavoratori, l'ipotesi sarebbe quella di fissare una soglia minima per entrare in pensione, che potrebbe essere fissata a 64 anni - i sindacati punterebbero ad una soglia minima di 63 anni - con almeno 37 anni di contributi. In questo caso, però, la penalizzazione consisterebbe nel metodo di calcolo contributivo per la pensione. Si stima che il lavoratore potrebbe subire una decurtazione del 2,8-3% ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni.

Quota 100 e pensioni: cosa si aspettano i sindacati!

Secondo i sindacati l'alternativa a Quota 100 potrebbe essere Quota 41. Un misura che dovrebbe essere estesa a tutti i lavoratori: una volta che abbiano accumilato 41 anni di contributi possono andare in pensione. La misura, però costerebbe alle casse dell'erario qualcosa come 12 miliardi di euro, ben oltre agli 8 miliardi che attuamente sono stanziati per Quota 100. Se poi nell'insieme delle spese venissero anche aggiunti Ape Sociale ed Opzione Donna il capitolo spesa pensioni si chiuderebbe a 5-6 miliardi complessivi nel 2022.

Roberto Gualtieri, Ministro dell'Economia, ha recentemente affermato di non amare particolarmente Quota 100. Gli Italiani, invece, rivendicherebbero il diritto di andare in pensione dopo oltre trent'anni di lavoro. Secondo Gualtieri, Quota 100 non sarebbe stata un utilizzo saggio delle risorse che sono state concentrate su una platea molto ristretta. Fortunatamente è costata meno del previsto.

Corte dei Conti: un'amara presa di posizione!

Adesso è meglio tornare alla presa di posizione della Corte dei Conti. Proviamo a vedere un po' quale sia stato il giudizio dei magistrati contabili nella Relazione sulla gestione finanziaria dell’Inps relativamente alle previsioni di spesa nel triennio, sui quali, senza dubbio, influisce anche l’aumento degli accessi alla pensione anticipata riconducibile a Quota 100.

In un sistema pensionistico a ripartizione, in cui la maturazione del diritto a pensione prescinde dal regolare versamento dei contributi nel corso della vita lavorativa, va verificata la sostenibilità della spesa nel lungo periodo e gli effetti che sulla adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente - riportiamo il giudizio dei magistrati -. Vanno altresì considerate le conseguenze di dette azioni sulla sostenibilità del modello da parte del sistema produttivo, sia con riguardo al contributo richiesto alla fiscalità generale, che nei confronti dei soggetti tenuti al versamento della contribuzione. In un sistema previdenziale che eroga gran parte delle prestazioni a elevata componente retributiva, peraltro, misure ampliative della spesa attraverso l’anticipo dell’età di pensionamento rispetto a quella ritenuta congrua con l’equilibrio attuariale e intergenerazionale, il blocco dell’indicizzazione dell’età di uscita dal lavoro alla speranza di vita e la reintroduzione del sistema delle finestre, comportano sia esigenze di cassa immediate (tipiche, come detto, di un meccanismo a ripartizione), sia debito implicito, in quanto la componente retributiva del trattamento non viene corretta per tener conto della maggiore durata della prestazione.