Petrolio sotto zero, benzina che non scende: colpa delle tasse

Lunedì 20 aprile verrà ricordato come il giorno peggiore di tutti i tempi per il petrolio Wti americano: un collasso di oltre il 300% che ha portato per la prima volta il prezzo a -37 $ al barile. In pratica si viene pagati per comprarlo perché non lo vuole più nessuno. E la benzina? Non scenderà più di tanto. Le società che raffinano hanno contratti di due o tre anni anche a 50-60 dollari. Infine ci sono loro: le tasse.

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Nossignori. Il costo della benzina non crollerà. Non quanto ci si potrebbe aspettare dopo “The Worst Day Ever”, il giorno peggiore di tutti i tempi per quanto riguarda il prezzo del petrolio, come ha scritto anche Cnbc Europe. A fronte di un crollo del 300% per il Wti con contratto a scadenza a maggio (futures in scadenza oggi,  margini ridotti a zero per qualunque trattativa, scorte a fronte di consumi mondiali quasi pari a zero) il carburante in Italia è ovviamente in calo, ma non in maniera proporzionale all’andamento dell’oro nero. Che forse, oro nero, più non è. Il motivo? Tasse, tasse, tasse.  

Petrolio sul fondo del barile. E la benzina?

In questo periodo il problema può apparire relativo: in fondo il traffico è sostanzialmente pari a zero, e questo non vale soltanto per strade e autostrade ma anche e soprattutto per il trasporto attraverso navi, aerei e in generale per la produzione industriale. Non c'è necessità di spostamento, anzi, per certi versi è proprio vietato e quindi la benzina non serve. Eppure, mai come in questo momento sarebbe conveniente acquistare petrolio, visto il costo quanto mai ridicolo. Ma ovviamente, tutto è collegato.

L’assenza quasi totale di consumi, oltre a mettere in ginocchio i distributori di benzina, rende il petrolio una delle materie prime meno appetibili in assoluto: in sostanza non lo vuole più nessuno e la quantità di scorte è tale che non si sa più dove metterlo. 

Tutto questo si aggiunge a una situazione geopolitica ancora complessa (i recenti contrasti tra i paesi dell’Opec e dell’Opec Plus rimangono, nonostante la settimana scorsa sia stato raggiunto un accordo sul taglio alla produzione del petrolio), alle solite speculazioni e ai timori per una pandemia, quella del coronavirus la cui fine sembra ancora lontana.

Le tasse rendono la benzina in Italia tra le più care in Europa

I motivi per cui la benzina non scende e non scenderà quanto il petrolio, a fronte di un minimo registrato ieri a un centesimo al barile, per poi precipitare in serata a -37 $, sono molteplici. Nessun paradosso: innanzitutto, molte aziende hanno in essere contratti pluriennali firmati nei mesi precedenti a un prezzo più alto, anche fino a 60 dollari al barile. Ma soprattutto il costo della benzina non è determinato soltanto dall'andamento del valore del greggio. Anzi. Esso incide per meno di un terzo. In Italia, il resto è tutto accise, in tutto diciassette, e Iva. Tradotto: è tutta una questione di tasse.

Tasse quasi secolari sulla benzina: nessuno come l'Italia

Tanto per cambiare, nessun paese in Europa ha le tasse così alte sulla benzina come l’Italia, sul podio assieme a Finlandia e Malta: +16 centesimi al litro nel nostro paese rispetto alla media Ue. E' stato sempre così? Mica tanto. Nel 2008, per fare un esempio, il nostro paese era ottavo in questa speciale classifica, dietro Francia, Portogallo, Belgio, Germania, Finlandia, Danimarca e Olanda.

A pesare sul prezzo della benzina, che stamattina viaggiava attorno a 1,42 euro al litro, ci sono una ventina di accise: alcune dei quali esistono da quasi cento anni.

Se non esistessero le tasse, il costo della benzina in Italia sarebbe fuori dalla Top 15 dei paesi più cari, per un "ragionevole" prezzo che gira attorno a 0,5 euro al litro.

Benzina, paghiamo ancora la tassa per la guerra d'Etiopia del 1936

Dicevamo: accise. A partire da quella del 1935-36 per il finanziamento della guerra d’Etiopia. Strano ma vero -e questo probabilmente sì, è un paradosso- non è l’unico conflitto ancora “bisognoso” di sostegno economico. C’è anche l'accisa per la crisi di Suez del 1956, per la guerra in Libano, 1983, e per la missione in Bosnia del 1996.

Poi ci sono le accise per la ricostruzione, a partire dal disastro del Vajont, 1963, l’alluvione di Firenze (1966) e i terremoti del Belice, Friuli, Irpinia, L’Aquila e Reggio Emilia, tra il 1968 e il 2012. A 0,02 euro al litro, tra i valori più alti in assoluto, è fissa la tassa che paghiamo sulla benzina per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri, risalente al 2004. Un anno dopo è subentrata una nuova accisa per l’acquisto di autobus ecologici. Infine, altri quattro aumenti, a partire dal 2011: finanziamento alla cultura, emergenza immigrati dopo la crisi libica, ancora alluvioni, tra Liguria e Toscana, infine Decreto Salva Italia per la crisi del debito.

Tra gennaio e aprile petrolio giù del 64%, benzina giù del 10%

Non è finita. Perché a queste tasse, come già anticipato, si aggiunge il 22% dell’Iva e un’accisa autonoma che ogni regione può imporre, grazie a un decreto legislativo del 1999.

Stando a una ricerca di Altroconsumo, che ha analizzato il prezzo alla pompa del primo aprile confrontato con quello del 16 gennaio, periodo in cui il petrolio è calato del 64%, la benzina è scesa del 10%.

Difficile che con il crollo del greggio registrato nell'ultima seduta di oltre il 300%, il carburante scenda del 50% e dimezzi il costo attuale, come detto attorno a 1,4 euro al litro. Più probabile una variazione attorno al 20%, dopo che nel mese di marzo si è registrato un andamento in picchiata per quanto riguarda i ricavi dei punti vendita: -90%