Smart working, cambia tutto dal 15 ottobre: le nuove regole

Sono diversi gli scenari che potrebbero delinearsi dal 15 ottobre 2020: lo smart working necessita una regolamentazione a livello nazionale. Infatti, da tale data i lavoratori potranno applicare la legge 81 del 2017 e andare a stipulare contratti con i singoli lavoratori. Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, invece, intende favorire accordi nazionali, aziendali o quote.

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Nel periodo di pandemia di coronavirus, i lavoratori in smart working sono passati dai 570 mila – segnalati prima del Covid-19, secondo i dati forniti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano – ai 6 o 8 milioni attuali. Un balzo incredibile dovuto alla chiusura di moltissime aziende e uffici in tutta Italia. Ciò evidenzia anche la necessità di cambiare metodo di lavoro per adattarsi a una situazione e a un mondo in continua evoluzione. La tecnologia ci mette a disposizione strumenti importanti e necessari per poter proseguire le attività lavorative quotidiane anche dalla propria abitazione e spesso non siamo in grado di recepirne le potenzialità. Durante il periodo di pandemia, infatti, l’Italia si è riscoperta nel digitale: un ruolo di primo piano lo ha avuto il computer e il telelavoro (attualmente regolamentato dalla legge 81 del 2017). Poter svolgere in maniera agile e dalla propria abitazione le mansioni lavorative ha salvato moltissimi lavoratori. Al tempo stesso, essere in grado di garantire il proseguo delle attività di un’azienda a distanza ha comportato non poche difficoltà, soprattutto all’inizio.

Lo smart working si è rivelato estremamente necessario e utile durante il lockdown, ma anche dopo il periodo pandemico moltissime aziende potrebbero decidere di proseguire le attività sfruttando i metodi di lavoro agile. Meno contatti tra persone, meno spostamenti e perdite di tempo, più relax e condivisione: lo smart working nasconde pregi e difetti. Nella sua definizione si fa riferimento alla flessibilità e all’adattamento, caratteristiche essenziali in una società digitale.

Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, però, ha anche sentito la necessità di regolamentare questo tipo di lavoro agile cercando di introdurre opportuni sostegni e tutele per tutti quei lavoratori che utilizzano lo smart working. A partire dal 15 ottobre 2020, infatti, in concomitanza con la scadenza dello stato di emergenza, decade anche il diritto dei datori di lavoro di adottare – in modo unilaterale – il metodo di smart working. Se quindi è importante sfruttare questo strumento, è anche necessario garantire la continuità lavorativa alle persone e tutelare i diritti dei lavoratori. 

Ciò che potrebbe accadere dal 16 ottobre – in mancanza di un provvedimento che possa mettere ordine nel lavoro agile – è che i datori di lavoro provvedano a stipulare contratti individuali con i singoli lavoratori (in ottemperanza a quanto previsto dalla legge 81 del 2017 sul meccanismo di accordo individuale tra lavoratore e azienda). Scenari alternativi sono, invece, l’introduzione di regole come la necessità di accordi nazionali o aziendali o l’introduzione di quote di lavoratori che utilizzeranno lo smart working.

Ecco quali potrebbero essere le nuove regole da seguire a partire dal 15 ottobre 2020.

Smart working: il lavoro diventa agile

Una rivoluzione nel mondo del lavoro, ma anche nel modo di svolgere le proprie attività. Se prima della pandemia trovarsi in ufficio e bere un caffè con i colleghi era considerato un gesto di condivisione e spensieratezza; ad oggi la libertà di godersi un caffè davanti al pc è privilegio di molti. Sono, infatti, tra i 6 e gli 8 milioni i lavoratori di settori tra loro differenti che operano direttamente da casa – appunto in smart working – per trainare un’economia che stenta a risollevarsi dalla crisi pandemica. Prima della crisi i lavoratori agili erano solo 570 mila. Una chiamata dopo l’altra, una riunione su Skype e un pranzo al volo davanti al pc: anche il lavoro agile cambia il mercato e la società.

Dall’altro lato, però, la necessità è quella di regolamentare uno smart working che è decollato proprio per motivi di estrema necessità e urgenza. Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha convocato, a tal fine, un incontro il 24 settembre 2020 per discutere con i sindacati e le associazioni di categoria sulle possibili nuove regole da introdurre a partire dal 15 ottobre 2020 (data nella quale di fatto scade il termine dello stato di emergenza). Le proposte sul tavolo non riguardano accordi tra singoli lavoratori e datori di lavoro (come previsto dalla legislazione attualmente in vigore), ma puntano invece a un’apertura verso intese tra aziende, intese nazionali o quote.

Cosa potrebbe accadere dal 16 ottobre? In mancanza di un provvedimento o di un decreto che regolarizzi lo smart working, ad avere la meglio potrebbero essere i datori di lavoro. Questi ultimi potrebbero, infatti, stipulare contratti individuali con i singoli lavoratori coinvolti nel lavoro agile (legge 81). Ad oggi, invece, per poter utilizzare questo strumento era necessario comunicare i dati dei lavoratori operanti da casa senza la necessità di definire un contratto individuale.

Smart working: i numeri del cambiamento

L’Osservatorio del Politecnico di Milano stimava, nel periodo che precedeva la pandemia di coronavirus, almeno 570 mila lavoratori in telelavoro. Ad oggi, quando il coronavirus ha completamente modificato abitudini e stili di vita del mondo intero, sono tra i 6 e gli 8 milioni i lavoratori impiegati da casa direttamente tramite il loro computer. 

Al termine dello stato di emergenza (ovvero il 15 ottobre 2020, salvo proroghe), però, si stima che tra i 4 e i 5 milioni di professionisti, partite Iva o autonomi potrebbero tornare in ufficio o comunque per qualche giorno a settimana rientrare nella sede fisica di lavoro. Rimerebbe, quindi, l’ipotesi di proseguimento del telelavoro con tutte le cautele necessarie da introdurre. (L’ultimo intervento è stato realizzato con l’introduzione della legge 81 del 2017).

Sono almeno 1,8 milioni i lavoratori in smart working impiegati nel settore privato, mentre dopo il 15 ottobre 2020 potrebbero rimanere in telelavoro almeno il 50% di questi ultimi. Risulta doveroso poter garantire per tutti tutele e contratti che possano agevolare entrambe le parti. Anche i dipendenti della Pubblica Amministrazione – come già ipotizzato dalla ministra Fabiana Dadone – potrebbero proseguire al 50% in telelavoro.

Lavoro agile durante lo stato di emergenza

Come detto, il Dpcm del 26 aprile ha raccomandato i datori di lavoro ad adottare lo smart working per evitare i contatti tra i lavoratori della stessa azienda e per ridurre il rischio di contagio. Il lavoro agile applicato sino ad oggi, però, è stato in modalità semplificata, ovvero senza un accordo individuale previsto dalla legislazione attualmente in vigore (legge 81 del 2017). 

Le imprese che hanno adottato lo smart working, quindi, hanno dovuto soltanto inviare una comunicazione e recapitare i dati ai lavoratori. Per avere un’idea delle modalità di invio dei dati è possibile accedere con le proprie credenziali sul portale dei Servizi Lavoro del ministero. In altre parole, è necessario semplicemente caricare in questa sezione un file (di solito in formato excel) contenente i dati dei lavoratori che si trovano in telelavoro, senza la necessità di specificare la presenza di accordi singoli e individuali.

Le regole attuali, comunque si possono applicare fino al 15 ottobre 2020, ovvero il termine entro il quale scade lo stato di emergenza previsto nell’ultimo Dpcm. Qualora non venga modificata la normativa, decorso tale periodo i datori di lavoro potranno applicare la legge 81 del 2017, andando a stipulare contratti individuali con i singoli lavoratori.

Lavoro agile: cosa cambia dopo il 15 ottobre 2020

Le ipotesi che il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo intende lanciare sul tavolo della discussione il 24 settembre 2020 con sindacati e associazioni di categoria sono una regolamentazione dello smart working e l’introduzione di opportune intese a livello nazionale o aziendale o l’introduzione di quote di lavoratori in smart working. In altre parole, ciò che si intende evitare è l’applicazione della legge 81, che prevede la stipulazione di un accordo tra il singolo lavoratore e il datore di lavoro con il culmine nella stipulazione di un contratto individuale.

Il ministro della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha quindi proposto l’introduzione di quote di lavoratori che rimarranno impiegati tramite telelavoro. In particolare potrebbero restare a casa in smart working almeno il 50% degli impiegati della Pubblica Amministrazione. Nel 2021, invece, la quota potrebbe addirittura salire al 60%. Ma non si tratta solo di dipendenti del settore pubblico: moltissime realtà, dopo aver testato il telelavoro non intendono abbandonarlo nemmeno al termine del periodo di stato di emergenza.

Lavoro agile: la regolamentazione attuale

Attualmente, tutta la regolamentazione riguardante il lavoro agile (o telelavoro) è contenuta nell’articolo 5 del decreto legge numero 111 del 2020. Tale decreto prevede la ripartenza della didattica scolastica in presenza, con la possibilità per i genitori di ricorrere al telelavoro nel caso in cui il figlio dovesse trovarsi in quarantena causa coronavirus. Questo tipo di agevolazione è stata chiamata congedo parentale Covid ed è applicabile dal 14 settembre 2020 sino al 15 ottobre 2020.

Per poter richiedere questa opzione di congedo parentale Covid, però, occorre rispettare determinate condizioni:

  • Il figlio che dovrà restare in quarantena non deve avere un’età superiore a 14 anni;
  • Il figlio deve convivere nella medesima abitazione dei genitori;
  • Uno dei due genitori (quello che non richiede il congedo) deve essere un lavoratore non in congedo e non operante da casa;
  • La quarantena imposta al ragazzo deve essere stabilità dalle autorità competenti.

Una volta scaduto il termine di proroga dello stato di emergenza, però, si tornerà alla legislazione ordinaria. I possibili scenari alternativi alla stipulazione di contratti individuali tra lavoratori e datori di lavoro vedono l’intervento del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo. Sarà, quindi, la riunione del 24 settembre 2020 a stabilire se si passera a contratti nazionali, accordi aziendali o quote di lavoratori in smart working.