La storia si ripete! Se fosse davvero così, la Tobin Tax non dovrebbe essere motivo di dibattito. Inutile stare a discutere dei pro e dei contro, di cui si è già parlato tanto. Piuttosto, proviamo a vedere cosa ci racconta la storia a proposito di questa tassa. Fu proposta da James Tobin nel 1972 e il suo obiettivo originario era quello di colpire tutte le transazioni sui mercati valutari per cercare di penalizzare le speculazioni a breve termine e stabilizzare i mercati dei cambi. Con il tempo, si è tentato di estendere l’applicazione di questa tassa a tutte le transazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari, diventando a tutti gli effetti una Financial Transaction Tax.Di fatto, nessun Paese ha mai adottato la Tobin Tax (se non con versioni rivisitate), tranne la Svezia. Nel gennaio del 1984, infatti, questo Paese introdusse un’imposta dello 0,5% su tutti gli acquisti e le vendite di titoli azionari e del 2% sulle stock options (1% sul premio dell’opzione più 1% per l'esercizio della stessa). Queste imposte colpivano residenti e non. Nel 1986, la tax sui titoli azionari venne portata all’1% e fu allargata anche ai titoli obbligazionari, i quali furono tassati in base alla loro durata: 0,002% per obbligazioni con scadenza a 90 giorni, 0,01% per quelle con scadenza a 1 anno e 0,03% per quelle con scadenza a 3 anni. Come conseguenza, si ebbe una svalutazione degli assets (il giorno in cui fu annunciata la tassa, i prezzi delle azioni iniziarono a tener conto dei futuri pagamenti fiscali e il loro prezzo scese, in media, del 2,2%. Inoltre, nei 30 giorni precedenti l’annuncio, forse a causa delle informazioni che iniziavano a circolare sulla nuova imposta, i prezzi scesero del 5,35%), un notevole incremento della volatilità ed una limitazione alla raccolta di capitali. Proprio su quest’ultimo aspetto si sofferma gran parte della critica che oggi è contro l’introduzione di questa tassa. L’esperienza svedese, infatti, ha mostrato un vero e proprio esodo degli investimenti all’estero, oppure, verso strumenti non tassati come i Forward-rate agreement e gli swap: il 60% della compravendita dei titoli più negoziati si trasferì a Londra (6 anni dopo la sua introduzione, i titoli azionari svedesi negoziati nella capitale del Regno Unito erano più del 50%). Come conseguenza, la tax portò un gettito nettamente inferiore rispetto a quello auspicato: a seguito dell’allargamento dell’imposta ai titoli obbligazionari, le stime parlavano di 1,5 miliardi di corone all’anno; nel suo anno migliore, il 1989, il gettito non andò oltre gli 85 milioni di corone.