Wall Street: la Dow Theory riapre la porta all’Orso?

La Teoria di Dow è il più antico e certamente il più pubblicizzato metodo per l’identificazione delle principali tendenze del mercato azionario.

La Teoria di Dow è il più antico e certamente il più pubblicizzato metodo per l’identificazione delle principali tendenze del mercato azionario. La teoria fu presentata da Charles H. Dow, giornalista americano, che nei primi anni del ‘900, scrisse sul Wall Street Journal una serie di osservazioni sui comportamenti dei mercati finanziari, analizzati mediante l’utilizzo di grafici.

L’obiettivo della teoria è quello di individuare i cambiamenti delle tendenze principali del mercato; una volta che si è stabilita una tendenza si assume che essa continui finché non si ha prova della sua inversione. Essa si interessa alla direzione di una tendenza e non ha valore previsionale per quanto riguarda la durata o la dimensione della tendenza stessa. In buona sostanza, la teoria ha il fine di individuare lo stato di salute dell’economia tramite lo studio dei trend di mercato. Il percorso individuato è quello da valore a disvalore e da paura e sconforto a avidità e compiacenza.

La Teoria di Dow si è evoluta rispetto al lavoro originale: Dow inizialmente usava il comportamento del mercato azionario quale barometro dello stato dell’economia piuttosto che come base per formulare previsioni sui prezzi di tale mercato. Il suo successore, William Peter Hamilton, sviluppò i principi di Dow e li organizzò in qualcosa che si avvicina alla teoria come è conosciuta da noi oggi. Questi principi furono enunciati nel suo libro “The Stock Market Barometer” pubblicato nel 1921, ma si dovette attendere fino al 1932, quando Robert Rhea scrisse “Dow Theory”, per vedere finalmente pubblicata una stesura più completa e formale di tali principi.