La tecnologia 5G rappresenta una vera rivoluzione nei servizi di telecomunicazione. Porta a una espansione delle funzioni di interconnessione, coinvolgendo infrastrutture mobili e fisse. E si apre la questione della gestione delle informazioni generate.
L’evoluzione delle reti
Concluse nel settembre 2018 le aste per l’assegnazione delle frequenze dedicate ai servizi 5G, con introiti per lo stato di oltre 6,5 miliardi di euro, gli operatori stanno ora sviluppando le offerte per i nuovi servizi. Abituati alla scalata dal 2G al 3G e poi al 4G, si potrebbe pensare a una progressione che sostanzialmente modifica marginalmente i servizi disponibili sui nostri dispositivi mobili. Invece, la generazione 5G rappresenta una vera rivoluzione dell’intero assetto dei servizi di telecomunicazione.
Rivoluzione in parte copernicana, perché la rete fissa in prospettiva perde il suo ruolo di infrastruttura centrale, ma anche rivoluzione dei cento fiori, per la natura decentrata e plurale delle configurazioni di rete che consente. Vediamo quindi di capire di cosa stiamo parlando.
In estrema sintesi, le reti fisse di telecomunicazione sia in rame che in fibra nelle loro diverse configurazioni sono costruite su una infrastruttura fisica che, in alcune porzioni (local loop), presenta caratteri di monopolio naturale, e la cui architettura condiziona le tipologie di servizi che possono essere offerti agli utenti. I due elementi hanno storicamente portato a realizzare situazioni di integrazione verticale tra servizi all’ingrosso di accesso alla rete e servizi offerti al pubblico. La liberalizzazione di questo ultimo segmento è stata realizzata, quando una sola infrastruttura di telecomunicazione era disponibile, attraverso l’accesso non discriminatorio degli operatori non infrastrutturati alla rete e la regolazione delle tariffe di accesso. In presenza di più infrastrutture di rete (televisioni via cavo, satellite) è stata anche sviluppata una concorrenza infrastrutturale.