Affitti brevi e turismo, quanto pesa il Covid

La pandemia ha congelato un settore in corsa e in evoluzione. Un nuovo studio della Banca d’Italia sui dati di Airbnb descrive un aspetto importante del costo del virus per il nostro turismo.

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Il mercato degli affitti brevi, un’evoluzione recente ma imponente dell’offerta turistica anche in Italia e Spagna, non è sfuggito al virus. La Banca d’Italia ha appena pubblicato una ricerca che guarda a tutta l’Europa dello short-term rental con l’aiuto dei dati della nota piattaforma Airbnb. Nelle 19 maggiori città europee la pandemia si è sentita, eccome. Il risultato è spesso sorprendente e cerca di misurare gli effetti del virus su offerta, domanda e prezzi.

Affitti brevi: quanto costano i lockdown

Gli affitti brevi e le piattaforme tecnologiche come AirBnB o Booking.com per le quali è stato forgiato il nome di OTA (Online Travel Agencies, ossia agenzie viaggi online) hanno da tempo trasformato il turismo nazionale e mondiale. Investimenti nel parco immobiliare, nelle tecnologie che incrociano domanda e offerta, nuovi e sempre più raffinati servizi che non esistevano appena un lustro fa.

Non è roba da poco, in Italia il turismo vale (o meglio valeva) il 13,2% del Pil, in Spagna il 14,6%. L’Istat spiega però, nel rapporto “Movimento turistico in Italia” sui mesi gennaio-settembre 2020, che le presenze di turisti stranieri nei nove mesi sono diminuite del 68,6%, che ci sono stati 74,2 milioni di presenze in meno, che nelle grandi città il calo delle presenze ha raggiunto il 73,2 per cento.

Affitti brevi, un po’ di numeri

Misurare il mercato degli affitti brevi è un po’ complesso e in molti casi i dati sono comunque stati superati dal terremoto del Covid. Può essere utile ricordare che CleanBnB, quotata di Piazza Affari dei servizi al settore, ipotizzava nel 2017 un mercato potenziale di un milione di immobili destinati all’affitto breve in Italia. La valutazione veniva da uno studio di Halldis, un colosso del settore con 2.000 proprietà tra Italia, Parigi e Bruxelle dotatosi di un Osservatorio che nel settore è un riferimento. L’anno successivo Vincenzo Cella, managing director di Halldis confermava questo potenziale, calcolando già circa 500 mila immobili destinati all’affitto breve. Se tale cifra fosse cresciuta a un milione (c’è già stato un balzo dell’83% tra 2008 e 2009), si sarebbe arrivati a un giro di affari di 4 miliardi di euro comprendendo l’indotto delle ristrutturazioni. Parole purtroppo scritte sulla sabbia, che le ondate delle pandemia ha rapidamente cancellato.

Ma cosa ci dice Banca d’Italia degli affitti brevi adesso? Prima dell’esplosione del virus l’offerta di short-rental nelle maggiori città europee era sana e in crescita, solo Dublino e Amsterdam registravano a gennaio e febbraio prenotazioni in calo a causa di tendenze pre-esistenti.  Il tasso di crescita annuale di posti disponibili era nelle città europee del 10% in media, con punte del 20% a Vienna, Atene e Brussels.

La cesura a marzo. Con l’esplosione della pandemia i tassi di crescita dell’offerta di posti invertono la marcia e affondano: a Roma si passa da un +9% a un -14%, a Milano da un +17% a un -9 per cento.

A maggio il tasso di crescita diventa negativo in tutte le città europee del campione. Si scende. Tra maggio e settembre l’offerta si riduce di circa un quarto rispetto allo stesso periodo del 2019. Praticamente un disastro, a Dublino e Amsterdam si viaggia su livelli di quasi il -50 per cento.

Affitti brevi e pandemia: un diluvio di cancellazioni da marzo in poi

Da marzo 2020 le prenotazioni per il mese successivo crescono in media del 40% rispetto al 2019 nelle maggiori città d’Europa. In alcune città si supera il 60 per cento. In Italia all’inizio reagiscono peggio le grandi città turistiche, come Roma, Venezia e Firenze che registrano tagli delle prenotazioni del 70% a marzo. Il fenomeno si diffonde ma appare più limitato nel Nord Europa e, sorprendentemente a Milano, il capoluogo della Lombardia che pure ha subito uno dei peggiori impatti sanitari dalla pandemia in Europa. Banca d’Italia ipotizza che sia il turismo business a tenere (relativamente) in piedi le prenotazioni a Milano, una dinamica simile di vede d’altronde a Londra. Le cancellazioni di prenotazioni a un mese sono in questa fase le più evidenti, ma crescono i tassi di cancellazione anche a 6 mesi.

Affitti brevi, con il virus flettono le prenotazioni e le locazioni

Il gergo degli affitti brevi si nutre di inglesismi che bisogna spiegare per comprendere un fenomeno che ci tocca da vicino. Il settore di Airbnb è fatto di host (coloro che ospitano il turista e sono spesso piccoli proprietari della struttura), di guest (i turisti che vengono ospitati), di occupancy (quella che si definirebbe come la percentuale di saturazione degli immobili), di vacancy rate (il tasso di sfitto), di booking (prenotazioni).

Come prevedibile mentre le cancellazioni aumentano e le prenotazioni flettono nel mezzo della pandemia, il tasso di prenotazione – rileva ancora via Nazionale – da marzo registra forti cali, anche sulle scadenze più lunghe, a sei mesi. Questo indica che se le cancellazioni colpivano soprattutto le prenotazioni di più breve termine e le nuove prenotazioni invece andavano anche sui sei mesi, in pratica nell’interno dei sei mesi gli Italiani che avevano già prenotato incrociavano le dita e speravano di salvare ancora la vacanza, magari con un miglioramento del quadro pandemico e un alleggerimento delle misure restrittive.

Pandemia e case vuote

In realtà a questo quadro di rapido declino ovviamente risponde una forte crescita dello sfitto, con “vacancy rate” che schizzano un po’ dappertutto. Alla pandemia il tasso di sfitto risponde con un balzo medio del 40% a un anno e del 20% nell’orizzonte a tre mesi. Le locazioni turistiche sono prevedibilmente le più colpite, a Barcellona nell’estate 2020 il tasso di sfitto balza del 40% rispetto all’estate 2019.

Lo speculare “occupancy rate” ovviamente crolla, con punte medie del 60% ad aprile e una media comunque drammatica del -17% a/a a luglio e agosto. Un dato persino generoso, se si considera che poiché questo indicatore si misura solo sull’offerta presente sul mercato, ne sono esclusi tutti gli appartamenti che vengono ritirati dal mercato stesso, e non sono pochi, nel periodo.

Sotto i colpi del virus cadono anche i prezzi

Alla fine inevitabilmente si arriva ai prezzi. Se crescevano del 10% in media prima della crisi, la pandemia logora rapidamente il quadro: i prezzi tengono ancora a marzo e aprile, successivamente cominciano a flettere, sempre più rapidamente, fino a un -17% a/a a settembre. Italia e Spagna registrano i tagli maggiori.

All’inizio di gennaio la seconda ondata non lascia molte speranze per il 2021, anche se la difficile campagna di vaccinazione in corso promette qualcosa che un anno fa non c’era.

Difficile fare previsioni, difficile essere troppo ottimisti.