Assegno unico, chi resta escluso e cosa succede nel 2022

Per mesi l’erogazione dell’assegno unico alle famiglie è rimasta fissata per luglio 2021. L’approvazione però è arrivata da poco, troppo tardi per sbloccare una macchina burocratica complessa e lenta, al punto da far saltare il bonus. Per non scatenare le ire delle famiglie, il Governo allora decide di partire con un “ponte” per traghettare i più deboli fino al 2022 e poi decidere sul da farsi.

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Per tanti ma non per tutti. L’assegno unico previsto per luglio 2021, nonostante l’approvazione, slitta all’anno prossimo. Come afferma la stessa ministra Bonetti, si partirà comunque da luglio con un minimo per non deludere le aspettative. Una sorta di ponte per traghettare le famiglie verso il 2022, iniziando con circa 100 euro a figlio ma non per tutti. 

Al momento, la precedenza verrebbe data ai disoccupati e agli autonomi, che hanno beneficiato di sostegni irrisori fino a questo momento, per combattere la crisi pandemica, da un punto di vista economico. 

Come dichiara lo stesso premier Draghi, in un passaggio del suo intervento al Forum della Natalità con Papa Bergoglio:

lo Stato deve continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili. E mettere la società – donne e uomini – in grado di avere figli.

Vediamo dunque quali sono attualmente le intenzioni del premier Draghi riguardo all’assegno unico 2021, quanto spetta alle famiglie con figli e chi resterà escluso, almeno fino alla fine dell’anno, dal supporto economico. 

Assegno unico 2021: chi resta escluso 

Continuano le dichiarazioni del premier sull’assegno unico:

Il Governo si sta impegnando su molti fronti per aiutare le coppie e le giovani donne. Al sostegno economico diretto delle famiglie con figli è dedicato l’assegno unico universale. Dal luglio di quest’anno la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari. Nel 2022, la estenderemo a tutti gli altri lavoratori, che nell’immediato vedranno un aumento degli assegni esistenti. 

E conclude: 

Un’Italia senza figli è un’Italia che non crede e non progetta. È un’Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire. 

La possibilità fino a questo momento prospettata era quella di poter arrivare a percepire fino a 250 euro per figlio. Il premier Draghi, come già riportato, ne aveva parlato anche agli Stati generali della natalità, alla presenza di Papa Bergoglio, ma l’approvazione dell’assegno unico è arrivata troppo tardi per riuscire a oggi a predisporre l’intera macchina organizzativa e iniziare a erogare il contributo a partire dal mese di luglio 2021. 

Per non deludere di netto le aspettative di tante famiglie, si tenta comunque una partenza a marce ridotte.  

I dipendenti restano al momento esclusi dal sostegno economico.  

È pur vero che chi è dipendente comunque beneficia già di assegni familiari, anche se in parte questi scaturiscono anche da una sua contribuzione. Però è altrettanto certo che nel caso dei dipendenti, l’assegno familiare decresce in base al reddito mentre, allo stato attuale della situazione, l’assegno unico per gli autonomi si calcola in base al reddito Isee. I dipendenti beneficiano anche delle detrazioni, unitamente agli assegni; gli autonomi solo delle detrazioni mentre gli incapienti solo degli assegni. 

Insomma, un bel nodo da sciogliere, senza dubbio. 

Si pensa dunque in primis, intenzionalmente, ai grandi esclusi ovvero agli autonomi, nonché ai figli dei disoccupati, che in questo periodo di forte crisi economica legata alla pandemia da Covid-19, c’è da scommetterci sono aumentati a dismisura. 

Ciò che si prospetta all’orizzonte dunque è un assegno unico di circa 100 euro (un po’ più o meno, dipende dall’attestazione Isee) per la precisione con un importo di 137,50 euro per il primo figlio e decresce rapidamente in base al reddito familiare: a 30 mila euro l’assegno precipita a meno di 50 euro al mese.  

Cos’è l’assegno unico e a chi spetta 

L'assegno unico si riconosce a entrambi i genitori, metà per ognuno. La regola prevede l’erogazione dell’assegno già a partire dal 7° mese di gravidanza e fino al compimento del 18° anno di età. Nel caso però di figli che fino a 21 anni sono impegnati con lo studio, percorsi di formazione o tirocini, sarà comunque possibile continuare a percepire il sostegno economico, anche se in misura ridotta. 

La ratio va nella direzione di eliminare tutta una serie di benefici come bonus bebè, bonus natalità e adozione, assegni familiari, bonus per nuclei familiari numerosi.  

Motivo per cui si definisce appunto assegno unico

Fermo restando il fatto però che, dal momento che l’importo previsto per tutti slitta al 2022, restano in vigore fino ad allora i bonus attualmente previsti a sostegno dei figli e gli assegni familiari. 

Possono (o meglio potranno) beneficiare dell’assegno unico tutti i genitori che hanno almeno un figlio a carico, fino al limite massimo di età di 21 anni (secondo le condizioni appena espresse).   

In linea di massima generale, l’assegno unico potrà ammontare al massimo a 250 euro. In questo calcolo è prevista sia una parte fissa che una variabile, quest’ultima legata appunto al reddito familiare come dimostrato dall’attestazione Isee. 

È unico perché comprensivo di tutto ciò che attualmente esiste a sostegno delle famiglie con figli ma è definito unico anche perché universale ovvero che non farà distinzione tra le differenti categorie di lavoratori (dal momento che tale misura è sempre stata riservata soltanto ai dipendenti). 

Per poter avanzare il diritto all’assegno unico bisogna avere la cittadinanza italiana o comunque essere in possesso di un permesso di soggiorno europeo, con residenza in Italia. 

L’assegno unico infine prevede anche alcune maggiorazioni, legate ad alcuni casi specifici. È previsto un aumento dell’assegno se si hanno più figli, se sono disabili oppure se la mamma ha meno di 21 anni. 

Assegno unico 2021, perché slitta 

Il fatto che l’assegno unico necessiti dell’Isee fa sì che le incombenze a cui adempiere si siano moltiplicate a dismisura. A occhio e croce, bisogna: 

  • smontare l'intera struttura attuale che riguarda le detrazioni per i figli a carico 
  • cancellare gli assegni familiari a oggi in vigore 
  • pensare a stanziare le risorse aggiuntive per raggiungere l’obiettivo 
  • mobilitare 7 milioni e mezzo di famiglie e mandarle ai Caf per calcolare il reddito Isee 
  • preparare i decreti legislativi da approvare 
  • a quanto pare, stabilire ancora se pagare l’assegno con credito di imposta o bonus erogato dall’Inps 

E ovviamente, non per ultimo, procedere ai calcoli esatti degli importi dell’assegno unico da erogare 

Come calcolare assegno unico 2021 

Facciamo due conti. 

I figli minori di 21 anni in Italia a oggi sono circa 12 milioni.  

Le risorse messe a disposizione per l’assegno unico (nella fattispecie per i 6 mesi che intercorrono tra luglio a dicembre 2021 sono):  

  • 3 miliardi del fondo assegno unico 
  • 4,7 miliardi degli assegni familiari dei dipendenti 
  • 2 miliardi degli altri bonus. 

L’ipotesi numero uno prevede l’accorpamento di tutte queste misure, per un totale di circa 10 miliardi a disposizione. In tal caso, l’assegno medio per tutti sarebbe di circa 140 euro al mese;  

L'altra ipotesi prevede invece di non toccare ancora i bonus bebè gli altri benefit, quindi restano 7,7 miliardi circa ovvero circa 100 euro al mese di assegno a figlio.  

Ovviamente questo calcolo stabilisce l’importo medio, che però può scalare in base al reddito dichiarato tramite Isee, anche se ancora non si sa in quale percentuale. 

Per concludere 

L’universalità dell’erogazione -secondo molti esperti della materia- avrebbe tagliato la testa al toro. Invece il calcolo dell’assegno in base all’Isee complica la questione, proprio perché si tratta di un vincolo che ha mille risvolti -e non positivi- per quanto riguarda l’impatto sul benessere economico della famiglia in generale e di ogni singolo componente, in particolare.

Basti pensare ad esempio che, il fatto di legare un bonus all’Isee, spinge il coniuge che non lavora (quasi sempre la donna) a non motivarsi nella ricerca di un lavoro, proprio per non aumentare quel reddito e perdere dunque il beneficio. 

Ricordiamo inoltre che nell’Isee confluisce anche la parte patrimoniale: quindi i genitori che risparmiano per il futuro dei figli, vedono ridursi le possibilità di poter beneficiare di un bonus di questo tipo. 

E via di seguito, le problematiche legate a questo tipo di indicatore sono sempre più numerose e non facili da risolvere. 

Considerando tra l’altro la complessità e lentezza della macchina burocratica, probabilmente sarebbe stato opportuno non ancorare l’assegno unico al valore dell’Isee o al massimo semplificare, creando solo due o tre fasce a differente importo d’erogazione e non una curva discendente molto complessa ma che resta comunque all’interno della macro-area del cosiddetto ceto medio. 

Un vero e proprio ingorgo che si speri trovi una soluzione nell’arco di questi ulteriori sei mesi di tempo chiesti dal Governo per mettere a posto le cose.