Assegno unico, la Commissione Europea avvia una procedura d’infrazione contro l’Italia: la misura non è conforme alle norme Ue.
Parliamo del sostegno economico, introdotto nel 2022, che garantisce un contributo a tutte le famiglie con figli a carico e che in questi giorni ha subito un attacco da parte dell’Europa.
Il problema risiederebbe nei requisiti per poter accedere all’aiuto economico, uno dei quali andrebbe a discriminare alcuni potenziali beneficiari.
L’Italia ha tempo 2 mesi di tempo per rimediare. Ciò significa che, nei prossimi mesi, i requisiti per ottenere l’assegno unico potrebbero cambiare, rendendo la misura più inclusiva ed estendendo, così, la platea dei beneficiari.
Non solo, perché l’assegno unico non è l’unica misura italiana nel mirino del giudizio della Commissione Europea: anche il reddito di cittadinanza discrimina i beneficiari e i requisiti per accedervi dovrebbero essere modificati, nonostante l’abolizione prevista nel 2024.
Ma cerchiamo di capire perché l’Unione Europea ha avviato la procedura d’infrazione, cosa si intende con questo termine e come potrebbe cambiare l’assegno unico nei prossimi due mesi.
Assegno unico, l’Europa non ci sta: cos’è una procedura d’infrazione europea
Contro l’assegno unico è stata avviata una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea.
Prima ancora di capire le motivazioni alla base di questo “attacco” e qual è il problema dei requisiti della misura, cerchiamo di capire innanzitutto cosa si intende con procedura d’infrazione.
Con questo termine si va a indicare quello strumento giuridico che viene avviato nei confronti di uno stato membro, qualora si ritenga che quest’ultimo non abbia rispettato obblighi e norme derivanti dal diritto comunitario.
In questi casi, la Commissione Europea procede con l’invio di una lettera di costituzione in mora con la quale vengono richieste delle delucidazioni allo stato membro (in questo caso, l’Italia) in merito alla presunta violazione.
Ed è proprio questo ciò che è successo in merito a due misure in vigore nel nostro Paese: l’assegno unico e il reddito di cittadinanza.
In particolare, il problema riguarderebbe i requisiti per avere accesso alle due misure, non conformi con le norme UE.
Assegno unico, per l’Europa il requisito di residenza è discriminante
Secondo la Commissione Europea, alcuni requisiti per avere accesso all’assegno unico non rispetterebbero le norme Ue.
Nel dettaglio, ciò che viene contestato è il requisito della residenza da almeno due anni nel nostro Paese. Per poter richiedere l’assegno unico, infatti, è necessario che il richiedente risieda in Italia da almeno due anni e che risieda nella stessa casa dei figli.
Tale requisito andrebbe contro il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale che vieta qualsiasi requisito legato alla residenza per l’accesso a prestazioni di sicurezza sociale.
Il requisito della residenza legato all’assegno unico e universale costituisce una discriminazione in quanto non riserva un trattamento equo per tutti i cittadini europei.
L’assegno unico non è la sola misura nel mirino della Commissione Europea. A essere contestato è anche il reddito di cittadinanza, anche in questo caso per il requisito di residenza.
Per ottenere il sussidio, infatti, è necessario essere residenti in Italia da almeno 10 anni di cui gli ultimi due in modo continuativo. Requisito che, secondo l’Europa, non rispetta le norme sui diritti dell’Ue in materia di libera circolazione dei lavoratori.
Assegno unico, come cambia dopo il giudizio dell’Europa ed entro quanto tempo
Quando la Commissione Europea avvia una procedura d’infrazione, lo stato membro che avrebbe violato le norme è tenuto a rispondere all’invio della lettera di costituzione in mora. In sostanza, deve fare qualcosa per cambiare la situazione.
Ed è ciò che dovrà fare l’Italia entro due mesi (termine stabilito per offrire chiarimenti e delucidazioni all’Europa).
Ma cosa significa questo per misure come assegno unico e reddito di cittadinanza?
Le cose potrebbero cambiare, o meglio, i requisiti per accedere a entrambe le prestazioni potrebbero subire delle modifiche che rispettino, stavolta, le norme Ue.
La platea dei beneficiari dovrebbe, secondo il parere della Commissione Europea, includere anche coloro che risiedono da meno tempo nel nostro Paese, andando, dunque, a ridurre i tempi oggi stabiliti per l’accesso alla misura (che, ripetiamo, prevedono due anni per l’assegno unico e 10 anni, di cui 2 continuativi per il reddito di cittadinanza).
E, anche se nel caso del RdC manca davvero poco per la sua definitiva abolizione, l’Italia è comunque tenuta ad apportare dei cambiamenti o, comunque, rispondere al giudizio da parte dell’Ue.
Se l’Italia non rispondesse all’”attacco” dell’Unione Europea in merito all’assegno unico e al reddito di cittadinanza, quest’ultima potrebbe trasmettere un parere motivato.
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