Coronavirus, il pericolo per gli emergenti è solo rimandato?

Gli effetti letali della pandemia nelle aree in via di sviluppo sembrano essere più contenuti rispetto alle regioni developed. In Borsa, intanto, l’asset si muove in linea con resto delle piazze globali. In caso di peggioramento, dicono gli analisti di Morningstar, gli emerging avrebbero meno armi a disposizione per sostenere l’economia. E poi c’è la questione petrolio.

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I mercati emergenti viaggiano quasi con lo stesso passo rispetto alle Borse globali, anche se la pandemia di Coronavirus, almeno per il momento, sembra aver avuto un impatto differente. Ma quale potrebbe essere l’effetto economico che subiranno le aree in via di sviluppo se la situazione dovesse peggiorare anche lì?

L’indice Morningstar Emerging market in un mese (fino al 7 aprile e calcolato in euro) ha perso il 10%, portando a -19,6% la performance da inizio anno (+20,29% nel 2019). Il paniere Global in quattro settimane è sceso del 9% lasciandosi per strada il 17,9% da gennaio (+28,5% nel 2019).

Indici Morningstar EM e Global a confronto da inizio anno

Dati in euro aggiornati al 7 aprile 2020

Fonte: Morningstar Direct

“Fino ad ora gli emerging market (esclusa la Cina) sembrano aver evitato la severità della pandemia di Covid-19 che abbiamo visto in molte aree sviluppate”, spiega Preston Caldwell, analista di Morningstar, in un report del 31 marzo. “Pare esserci una forte correlazione fra alto Pil pro capite e crescita dei decessi” (vedi grafico sotto. Dati aggiornati al 27 marzo 2020).

Decessi per Coronavirus e Pil pro capite a confronto

La questione chiave ora è comprendere se questo indichi una differenza nella portata dell’outbreak fra le regioni più povere e quelle più ricche o se le prime devono ancora fare i conti con le criticità, anche economiche, che stanno affrontando le seconde. “Una possibile spiegazione per questa divergenza potrebbe essere legata al clima più caldo che spesso caratterizza le regioni più povere”, dice l’analista. “Tuttavia, il legame fra temperatura e Covid-19 è ancora un argomento controverso”.

Emerging più vulnerabili

Un’altra spiegazione potrebbe essere legata al basso grado di urbanizzazione e alla difficoltà nei collegamenti delle aree emergingche renderebbero più difficile il contatto fra le persone e, quindi, il contagio. “C’è qualche possibilità che questi elementi possano rallentare l’espandersi del virus, ma non ci sono certezze”, dice l’analista. “Bisogna comunque considerare che questi paesi hanno un sistema sanitario meno ricettivo”. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità ad esempio, l’India ha a disposizione 0,5 posti letto per abitante contro i 2,8 degli Usa. “Questa differenza porterebbe a una maggiore vulnerabilità dei paesi emergenti se la situazione dovesse peggiorare”, dice l’analista.

Dal punto di vista della risposta economica che gli emergenti potrebbero dare in caso di peggioramento della situazione, le armi sembrano un po’ spuntate. “Nei paesi emergenti le misure del governo per dare una spinta alla congiuntura potrebbero essere più deboli rispetto a quelle messe in campo dai paesi più ricchi”, dice Caldwell. “E questo è particolarmente vero per le nazioni molto povere. Gli stati developed possono permettersi di fermare larghe fette delle loro economie e assicurare comunque ai propri cittadini le necessità di base come il cibo e l’energia. Questo è più difficile farlo nei paesi poveri. I punti di Pil che potrebbero evaporare aumenterebbero se dovessero crescere le perdite umane a causa della pandemia”.

Non solo Covid-19

Al di là di quelli che potrebbero essere gli effetti dell’emergenza Covid-19, ci sono poi anche altri aspetti economici che bisogna tenere in considerazione quando si parla di aree emergenti. “I paesi del Medio oriente, ad esempio, rappresentano un quinto del Pil degli emerging nel loro complesso e soffriranno per il calo del prezzo del petrolio. Anche un eventuale aumento del consumo da parte degli utilizzatori non sarebbe in grado di compensare i produttori per le mancate entrate derivanti dalle valutazioni più basse del barile”.

Di Marco Caprotti