La correzione in gabbia

Ieri non è successo nulla di significativo, sebbene, a prima vista, potrebbe notarsi un discreto rimbalzo degli indici americani più seguiti, SP500 (+1,27%) ed il tecnologico Nasad100 (+1,72%).

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Ieri non è successo nulla di significativo, sebbene, a prima vista, potrebbe notarsi un discreto rimbalzo degli indici americani più seguiti, SP500 (+1,27%) ed il tecnologico Nasad100 (+1,72%).

I cornisti di Wall Street ci raccontano che la vivacità degli indici va cercata negli effetti euforici prodotti dall’aumento della febbre per le fusioni ed acquisizioni: l’offerta da 40 miliardi di Nvidia sulla divisione inglese dei chip di Arm nel settore dei semiconduttori, quella di Oracle su TikTok (per far contento Trump) e quella di Gilead su Immunomedics nel settore farmaceutico, che ha riportato attenzione e speranze sui vaccini anti-Covid. 

Però dobbiamo stare attenti a non scambiare un rimbalzo per un’inversione. Il rimbalzo c’è stato. L’inversione no. Infatti Il grafico giornaliero ci mostra da un lato che il minimo realizzato venerdì scorso è inferiore ai precedenti e che il massimo realizzato dal rimbalzo di ieri è anch’esso, per ora, inferiore all’ultimo massimo discendente di questa correzione, realizzato a 3.425 per due giornate consecutive (il 9 e 10 settembre). Questo livello è diventato perciò un pivot decisivo per interpretare le oscillazioni dell’indice. Solo lo sfondamento rialzista impulsivo di questo livello indicherà l’avvenuta inversione e la probabile fine della correzione in atto.

Fino a quando si rimane sotto quel pivot si resta in condizione ribassista di breve, soggetti alla possibilità che un prossimo affondo al di sotto del minimo di venerdì (3.310) conduca giù fino ad un possibile obiettivo finale di questa correzione sul supporto di quota 3.200. 

Potrei anche terminare qui il commento, perché questo è il centro della scena, e questo è quel che conta per la direzione dei mercati nella seconda parte del mese di settembre. Il resto è contorno.

Lo è il fatto che, stranamente ma non troppo, l’Europa sia stata sostanzialmente insensibile al rimbalzo americano. Faceva ieri un certo effetto vedere gli indici europei, dopo la fiammata iniziale di un’apertura in gap subito rimangiato, restare fermi o scendere mentre i future americani salivano di quasi due punti. Bisogna però ricordare che l’Europa la scorsa settimana stava ferma anche quando Wall Street scendeva, evidenziando come sia l’incertezza direzionale il tratto caratterizzante delle borse europee in questa fase. Se proprio vogliamo cercare una logica per questa apatia, possiamo forse trovarla nel comportamento altalenante del cambio EUR/USD, che negli ultimi giorni sembra compensare in senso inverso gli input direzionali provenienti dagli indici USA. Quando questi salgono, sale anche l’Euro (o scende il dollaro, se preferite) e questo non piace alle borse europee perché rovina la competitività delle aziende europee. Quando invece gli indici USA scendono, l’Euro torna indietro, ridando un po’ di consolazione agli indici europei, che così si muovono assai poco.

Qualche segnale di risveglio potrebbe arrivare dai metalli preziosi, che gradiscono il calo del dollaro e potrebbero porre fine, oggi o nei prossimi giorni, alla lateralità che ne caratterizza il consolidamento ormai da circa un mese. L’ambizione rialzista dei metalli preziosi è notevole, dato che sono inquadrati in una fase correttiva momentanea di un trend che, dopo i massimi assoluti realizzati dall’oro a 2.089 $ l’oncia il 7 agosto scorso, dovrebbe farci vedere ancora un’onda impulsiva con obiettivo minimo a 2.200 $.

A smuovere un po’ le acque potrebbe provvedere il FOMC della FED, previsto per oggi e domani, al termine del quale vedremo se la Banca Centrale USA ha in progetto qualche altro regalo per la campagna elettorale di Trump e per la speculazione rialzista.