Durante gli ultimi due anni e mezzo la Russia è precipitata in un vortice economico senza precedenti, sino a venire risucchiata frale economie più a rischio nel panorama mondiale. Colpa delle sanzioni internazionali, che hanno avuto un effetto determinante sull’inflazione del paese, della guerra in Siria e della caduta del prezzo del petrolio.
“Il calo del prezzo del petrolio è una conseguenza diretta della guerra dei prezzi tra Stati Uniti (SPY) ed OPEC – spiegano nella loro analisi del panorama economico russo gli esperti di Geneve Invest, società di gestione patrimoniale indipendente - un confronto il cui risultato finale è stato un mercato pieno di petrolio, dunque un eccesso di offerta con prezzi al ribasso, nel tentativo di mantenere le proprie quote il mercato. Inevitabilmente le imprese del settore energetico russo e l'economia russa in generale hanno subito in misura devastante il cambiamento di questi equilibri.”
Geneve Invest fa il punto spiegando bene come, per comprendere l’entità del fenomeno, basti ricordare che il governo russo ricava circa il 50% delle sue entrate di bilancio dalle imposte su petrolio e gas naturale e che il 25% del PIL del paese è legato al settore energetico. Le esportazioni di petrolio costituiscono dunque la spina dorsale dell'economia russa. Inoltre, Asia ed Europa hanno rappresentato il 98% delle esportazioni energetiche della Russia nel 2013 ed abbassando la propria domanda hanno costretto la Russia ad un ulteriore sforzo. A tutto ciò si sono aggiunte le sanzioni economiche internazionali legate all'annessione russa della Crimea nell’ambito della guerra in Ucraina e del sostegno accordato da Mosca ai ribelli in Ucraina orientale.