Crisi energetica e guerra in Ucraina: le soluzioni di Draghi

Guerra Russia-Ucraina: il nostro paese in crisi energetica per gli approvvigionamenti del gas naturale. Draghi sta valutando tutte le possibili soluzioni.

L’Italia, tra i Paesi europei, è il maggior importatore per quanto riguarda le forniture di gas naturale e secondo i dati recenti forniti dal Ministero della Transizione Ecologica, nel 2020 il 40,7% del gas naturale importato dal nostro paese proveniva dalla Russia, che è il primo fornitore di metano del nostro Paese. 

Soltanto la Germania, tra i grandi Paesi risulta maggiormente dipendente di noi dal gas russo (circa il 60%).

Le nostre forniture di gas naturale sono inoltre fornite dall‘Algeria e dalla Libia (circa il 28% complessivamente), dalla Norvegia (quasi il 10%), dal Qatar (circa il 9,8%) e dagli Stati Uniti (poco più del 2%).

La nostra produzione rappresenta soltanto il 6% e recentemente si sta lavorando per ampliarla nuovamente.

Qualora quindi si interrompessero totalmente le forniture di gas naturale che provengono dalla Russia, il nostro Paese perderebbe una rilevante dotazione delle proprie importazioni a cui certamente farebbe seguito un problema molto serio a cui non sarebbe facilmente rimediabile con il contributo di altri paesi.

Un rischio di cui è ben consapevole il Governo qualora decidesse di intraprendere un’azione nei confronti di Mosca e che necessariamente dovrà essere coordinata insieme ai partner europei e agli Stati Uniti.

Contestualmente il dibattito anche parlamentare nel nostro paese sta valutando una qualunque possibilità che porti ad una riduzione drastica della fornitura.

Crisi energetica: laminaccia russa di ridurre le forniture 

Le forniture della Russia arrivano in Italia da molto lontano e il gasdotto utilizzato attraversa anche l’Ucraina e dette origine ad una crisi già diversi anni fa. 

In quella circostanza la Russia e la Germania ne progettarono e realizzarono un altro (che fu fortemente osteggiato dagli Stati Uniti) con il quale si portava gas naturale in Germania senza dover passare per l’Ucraina.

L’arma della Russia nei confronti del nostro paese e della Germania in particolare sta nella possibile riduzione delle forniture e potrebbe essere attuata rapidamente anche contro il nostro paese.

Nel contempo il tema delle possibili sanzioni da comminare alla Russia contempla anche il blocco del sistema dei pagamenti SWIFT, per cui l’Italia non potrebbe ritirare la fornitura di gas perché impossibilitata a pagare.

Lo SWIFT, infatti, è una modalità per effettuare i pagamenti o i trasferimenti bancari internazionali.

Quindi se l’Italia dovesse non acquistare, o qualora la Russia decidesse di non esportare nei confronti del nostro paese, il risultato cambierebbe poco perché perderemmo circa la metà delle importazioni funzionali all’energia per famiglie e ad imprese.

Dovendo considerare queste possibili ipotesi una delle soluzioni più logiche e rapide attuabili dal nostro paese potrebbe essere quella di aumentare la quota delle forniture di gas da altri paesi, ricercando soprattutto le alternative di approvvigionamento nei paesi con cui abbiamo attualmente rapporti commerciali.

Però non è semplice: non tutti i paesi sarebbero teoricamente disponibili e sicuramente non allo stesso costo.

Crisi energetica: la produzione interna richiede tempo

Come detto è stato vagliato nel corso di questi mesi anche il possibile incremento della produzione interna, più volte oggetto di interventi recenti da parte del Ministro Cingolani. 

Una opzione percorribile per una parte di fabbisogno ma sicuramente non attivabile in tempi immediati poiché richiederebbe investimenti e probabilmente autorizzazioni con tempistiche non rapidissime.

L’ipotesi più ottimistica prevedeva qualche giorno fa che sarebbero stati necessari dai 18 ai 24 mesi.

Va ricordato, infatti, che consumiamo circa 70 mld di gas all’anno e attualmente ne produciamo 4,5. In ogni caso ci sarà da attendersi un importante rincaro dei prezzi medi all’importazione.

Relativamente alle bollette il tempo gioca ovviamente un ruolo cruciale. Se la crisi dovesse terminare rapidamente, il peso sul nostro Paese potrebbe non essere particolarmente eccessivo e potrebbe rientrare rapidamente.

Se l’Italia riuscisse in un modo o in un altro a coprire metà dell’importazione russa la seconda metà dovrebbe necessariamente dipendere dall’importazione di carbone per alimentare quelle centrali elettriche per le quali si progettava la dismissione entro il 2024. 

Un ulteriore danno rispetto a tutte le altre previsioni che sono state fatte relativamente al livello delle emissioni di anidride carbonica al 2030 ed oltre.

Prospettive per il settore energetico italiano

Seppure ieri il prezzo del gas naturale è sceso del 30%, recuperando una parte del forte incremento di giovedì le prospettive restano alquanto incerte e condizionate dalle pieghe che prenderà la crisi ucraina. 

Il premier Mario Draghi ha fatto il punto con la cabina di regia per valutare tutte le possibili opzioni in caso si dovesse verificare la peggiore delle variabili. 

Di fronte all’escalation militare c’è la possibilità che le sanzioni economiche nei confronti di Mosca, che potrebbero portare ad eventuali ritorsioni da parte di Mosca, conducano alla conseguenza più estrema: il venir meno delle forniture dalla Russia. 

Crisi energetica: fase uno del piano strategico 

La strategia del governo prevederebbe per l’immediato la riapertura delle centrali a carbone associando un provvedimento funzionale a calmierare il prezzo dell’energia. 

Provvedimenti a cui l’esecutivo sta già lavorando auspicando anche contributi di Gnl, ossia il gas naturale liquefatto, che verrebbero forniti via nave. 

Misure sufficienti per fronteggiare l’inverno, poiché gli stoccaggi rappresentati dai depositi con le riserve strategiche di gas naturale sono ancora pieni al 40%. Fortunatamente il clima mite degli ultimi mesi ha reso meno complicata la situazione. 

I problemi però potrebbero arrivare dopo la primavera, quando ripartiranno gli acquisti degli operatori per rimpinguare gli stoccaggi e accaparrarsi le scorte in prossimità dell’inverno. 

Crisi energetica: fase due del piano strategico

La fase due del piano prevederà l’incremento delle forniture da altri paesi (dall’Algeria e dall’Azerbaijan tramite il gasdotto Tap) e ricercare un maggiore contributo dai rigassificatori al fine di aumentare la dotazione di Gnl.

Sarà necessario anche accelerare la strategia per l’idrogeno oltre a considerare il carbone in questa fase transitoria verso l’energia verde.

Al momento, le centrali a carbone attive nel nostro paese sono soltanto quattro (Venezia, Civitavecchia, Brindisi e Monfalcone), altre invece sono state chiuse o sono funzionali alla produzione dell’energia della Sardegna.

Il governo ha chiesto a Terna, gestore della rete nazionale, di verificare se e quanto potrebbero produrre in più.

Nel 2021, le centrali a carbone hanno garantito il 5% del fabbisogno nazionale di elettricità, un contributo molto lontano da quel 13% di dieci anni fa.  Poi c’è da considerare il corridoio a Sud come porta d’ingresso dei suoi gasdotti.

La Libia, che nel 2021 ha fornito il 4,1% del totale delle forniture, non potrà aumentarle più di tanto vista la situazione politica nel paese.

Al contrario, invece, l’Algeria sta incrementando la disponibilità, che nei primi due mesi dell’anno l’ha portata in testa alla classifica dei nostri fornitori.

Infatti, i suoi giacimenti dovrebbero essere in grado di aumentare le spedizioni in caso di necessità. Anche dal Tap potrebbe arrivare almeno un miliardo di metri cubi in più: nel 2021 si è fermato a 7 miliardi ma ha potenzialità per 10.

Per poter raddoppiare le sue capacità a 20 miliardi, invece, sarà necessario attendere almeno 3 anni. E poi c’è il tema dei rigassificatori da potenziare.

Al momento, sono in funzione tre impianti per la rigassificazione del metano che arriva via nave (Rovigo, Livorno e La Spezia).

Complessivamente possono gestire fino a 60 milioni di metri cubi al giorno e recentemente in inverno hanno lavorato a livelli inferiori (vicini ai 40 milioni).

Questo significa che c‘è ulteriore spazio per ricevere altre forniture a partire dal Qatar gestito da Rovigo mentre negli altri due siti lavorano quello proveniente dal resto del mondo. 

Crisi energetica: più rinnovabili per sostituire il 20% del gas importato

A indicare una possibile soluzione contro il caro bollette, per effetto dell’emergenza energetica ulteriormente aggravata dalla crisi tra Russia e Ucraina, è Elettricità Futura, l’associazione che rappresenta una buona percentuale del mercato elettrico italiano e che ha tenuto ieri ad illustrare ai media la proposta che utilizzerebbe energia verde. 

Secondo l’Associazione per emanciparsi dal gas (in particolare da quello russo), bisognerebbe investire in modo importante sulle rinnovabili. 

Le aziende affermano di essere pronte a farlo, al ritmo di 20 gigawatt l’anno. Con precise ripercussioni per il sistema con il fotovoltaico e l’eolico, l’idroelettrico, le bioenergie e altre fonti, si stima permetterebbe di risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, ovvero il 20% del gas importato.

Sostanzialmente oltre 7 volte rispetto a quanto il governo stima di ottenere con l’aumento dell’estrazione di gas nazionale.

L’obiettivo è ambizioso e darebbe così una forte accelerazione al target, ribadito più volte nei piani governativi, di 70 GW di capacità green installata entro il 2030. 

Questo necessiterebbe la richiesta al governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti. A fronte dei quali sono già pronti 85 miliardi di investimenti che riguarderanno i prossimi 3 anni per 80mila nuovi posti di lavoro.

Cosa servirebbe effettivamente per determinare uno sblocco della produzione dell’energia verde? Sicuramente delle misure straordinarie che dovranno essere funzionali ad accelerare gli iter autorizzativi che le imprese individueranno e porteranno a conoscenza dell’esecutivo.

Invece, sostiene l’associazione, l’Italia trova spesso tanti “no” alle energie rinnovabili. 

Comportando di conseguenza che quasi il 50% dei progetti risulta bloccato dalla burocrazia e l’altro 50% viene realizzato con 6 anni di ritardo e non tempi indicati dalla normativa.

Eppure, i vantaggi, come ha tenuto a sottolineare il direttore di Enel Italia Lanzetta, sarebbero rilevanti. L’adozione di questi 60 GW permetterebbe un risparmio in bolletta del 40%. Per arrivarci basterebbe partire al più presto con un passo di 15-16 GW per anno.

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