Default su debito pubblico in moneta estera: è volontario?

Il massimo che si può affermare è che l’emittente ci può provare. Che sia realmente possibile, è a dir poco dubbio.

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In alcuni dei post precedenti, ho chiarito una fondamentale (e peraltro evidente) differenza tra emettere debito pubblico nella propria moneta, rispetto a emetterlo in moneta straniera.

Nel primo caso, non posso essere forzato al default. Altrimenti detto: posso sempre emettere la mia moneta e rimborsare il debito, se in quella moneta è denominato.

Questo non significa che un default in moneta propria non si verifichi mai. Ma è una decisione volontaria dell’emittente.

Tra le motivazioni che possono indurre lo Stato emittente al default su debito in moneta propria, trovate qui analizzato il caso in cui si desideri ridurre il potere d’acquisto in circolazione per tamponare rischi di iperinflazione e/o evitare la svalutazione del cambio.

E qui, il “caso Giamaica” del 2010 / 2013: evitare di pagare ai detentori del debito pubblico tassi d’interesse reali su debito a tasso fisso che non erano altissimi al momento dell’emissione, ma lo sono diventati a causa dalla caduta dell’inflazione.

Mi è stato obiettato che in effetti, se dispongo della mia moneta, posso sempre emetterne un quantitativo “grande a sufficienza” e cambiarlo contro valuta estera per rimborsare un debito denominato (per esempio) in dollari.

Se questo è vero, anche il default su debito in moneta straniera va considerato una decisione volontaria – e non forzata – dell’emittente.

In pratica, il massimo che si può affermare è che l’emittente ci può provare. Che sia realmente possibile, è a dir poco dubbio.

Se (poniamo) l’Argentina ha emesso debito in dollari e a ha difficoltà a rimborsarlo / rifinanziarlo, di quanto crollerebbe il cambio peso / dollaro se si decidesse di emettere pesos per un ammontare pari a svariate decine di punti di PIL ? e di vendere quei pesos contro dollari ?