Energetici: il rendimento c’è. Ma bisogna saper scegliere

Gli analisti si aspettano di assistere a un processo di selezione naturale dal quale emergeranno solo le società migliori. Sui listini il settore ha registrato le perdite maggiori da inizio anno ed è scambiato ai tassi di sconto più elevati.

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È tempo di tornare a investire negli energetici? Molto spesso gli investitori utilizzano il prezzo del petrolio come termometro per misurare lo stato di salute del settore ma questo, dicono gli analisti di Morningstar, li fa cadere nell’errore di concentrarsi sulla cronaca invece che sui fondamentali delle aziende e sulle prospettive di lungo termine del comparto.

Le valutazioni del settore sono convenienti

Da inizio anno le compagnie petrolifere sono state tra le società più chiaccherate sui media: dal mancato accordo tra i paesi dell’Opec (il cartello dei produttori), al crollo del prezzo dei future sul WTI, passando dal taglio dei dividendi a quelli del personale di molti big del settore. Questo ha inciso fortemente sulla volatilità del prezzo del barile che, a metà aprile, è sceso in territorio negativo (valore dei future sul WTI con scadenza al 21 aprile) in seguito alle speculazioni relative all’eccesso di offerta sul mercato. La conseguenza è stata una pressione sulle quotazioni di Borsa delle aziende del settore. Da inizio anno, infatti, il comparto energetico è stato il peggiore sia sui listini americani che su quelli del Vecchio continente, perdendo rispettivamente il 33% (in dollari al 30 giugno 2020) e il 26,5% (in euro al 30 giugno 2020). Ma, al momento, è anche quello scambiato ai prezzi più vantaggiosi. I titoli energetici americani sono scontati mediamente del 30%, mentre quelli europei viaggiano su un rapporto Prezzo/Fair value di 0,6.

La selezione naturale tra gli energetici

“Le incognite sulla ripresa economica e su una possibile seconda ondata dei contagi da Coronavirus rendono impossibile fare delle previsioni sul prezzo del petrolio nel breve periodo. Tuttavia si possono fare delle ipotesi sulle dinamiche del settore nel suo insieme. Un ritorno alla normalità dell’economia dovrebbe ridare spinta alla domanda di petrolio, mentre la mancata ripresa del prezzo del barile potrebbe innescare un processo di selezione all’interno dell’industria dei produttori di greggio”, dice Tom Nelson, capo del team delle risorse naturali di Ninety One, società britannica di asset management. “Assisteremo a un processo di selezione naturale, alcune compagnie si evolveranno e miglioreranno la loro efficienza operativa, mentre altre scompariranno. All’interno del comparto energetico, le aziende statunitensi potrebbero risultare più vulnerabili in questa fase di cambiamento rispetto a quelle europee, che invece già da tempo hanno avviato un processo di transizione dai combustibili fossili. Tuttavia, ci aspettiamo che le aziende migliori proveranno a remunerare gli azionisti con rendimenti interessanti”.

Di Francesco Lavecchia