Parlando di salvataggi da fallimenti per crisi di liquidità viene subito in mente l’attuale situazione greca che nei prossimi mesi vedrà lo stato ellenico di fronte a delle sfide importanti in termini di rimborsi finanziari: • rimborso del debito concesso dall’FMI a partire da maggio; • rimborso di un’obbligazione a luglio e ad agosto;• trattative per un accordo in merito al pagamento dell’ultima tranche del programma dell’FMI/EU;• avvio delle negoziazioni per un terzo programma di aiuti.
Questa premessa serve a capire di cosa si tratta quando si parla di “bail-out” inteso come salvataggio esterno per un singolo Stato o ancor meglio per una singola impresa finanziaria come può essere una banca italiana. Se internamente non vengono reperite in tempo le disponibilità finanziarie capaci a rendere solvibile un’istituzione è necessario un intervento esterno. Ciò vale soprattutto quando un intermediario ha una rilevanza sistemica, cioè quando la sua dimensione fa sì che un eventuale fallimento provochi un effetto a catena, coinvolgendo altri intermediari. E’ il caso della Grecia che potrebbe causare effetti a catena sui singoli stati europei, ed è il caso della singole banche italiane che potrebbero causare il medesimo effetto sul sistema bancario interno. Fino ad oggi nessun problema, ma pare proprio che tale funzionamento cambierà presto: il 27 giugno del 2013 l’Unione europea ha approvato una procedura comune di risoluzione delle crisi bancarie. A partire dal 1 gennaio 2016 si passerà dal salvataggio esterno o “bail-out”, al salvataggio interno o “bail-in”.A questo punto vediamo come funziona il bail-in; Una banca non potendo più utilizzare salvataggi da parte del governo, (ricordiamo i Monti-bond in merito alla crisi Mps) in casi estremi si vedrà costretta a guardarsi in “casa” per sistemare l’insorgere di una crisi di liquidità. Il salvataggio interno, vedrà coinvolti nell’ordine: