I fondi pensione pagano la pandemia

Complice il crollo di questa primavera, nei primi nove mesi dell’anno i comparti di previdenza complementare hanno segnato in gran parte performance negative. Ma sul lungo periodo risultano ancora vincenti.

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I fondi pensione hanno proseguito nel terzo trimestre dell’anno il recupero già inziato nel secondo. I mercati finanziari hanno infatti mantenuto un andamento positivo tra luglio e settembre. I rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine sono rimasti stabili nelle principali economie, con i differenziali di rendimento dei titoli governativi italiani rispetto ai titoli tedeschi ulteriormente diminuiti, portandosi al di sotto dei livelli di fine 2019. Rispetto a giugno, i listini azionari sono saliti negli Stati Uniti e in Giappone, anche superando i valori di fine 2019, mentre sono rimasti intorno ai valori raggiunti all’inizio dell’estate nella zona euro. La volatilità è rimasta intorno ai valori di giugno, dopo essersi ridotta in modo consistente rispetto a marzo. Tuttavia, il primo trimestre dell’anno – in particolare il drammatico mese di marzo – pesa ancora molto sulle performance da inizio anno.

Secondo gli ultimi dati della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), nei primi nove mesi del 2020 i rendimenti medi sono stati in generale deludenti. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno guadagnato lo 0,2%, i fondi pensioni aperti hanno perso lo 0,9% e i PIP di tipo unit linked il 4,7%. Entrando nel dettaglio delle diverse linee d’investimento, si va dal -7,8% segnato in media dai PIP unit linked azionari puri al +1,4% dei fondi aperti obbligazionari puri. Nello stesso periodo, il TFR si è rivalutato dello 0,9%.

Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, comunque, l’impatto della crisi appare più limitato. A dieci anni, il rendimento medio annuo composto è pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti, al 3,8% per i PIP di ramo III (unit linked) e al 2,6% per le gestioni di ramo I (gestioni separate). Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al 2%.

Le adesioni

Alla fine di settembre 2020 le forme pensionistiche complementari contano 9,289 milioni di posizioni in essere; la crescita rispetto alla fine del 2019, pari a 172.000 unità (1,9%), continua a essere inferiore rispetto ai periodi precedenti alla pandemia. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in 8,420 milioni di individui.

Rispetto alla fine del 2019, nei fondi negoziali si registrano circa 90.000 posizioni in più (2,8%), portandone il totale a 3,250 milioni. I maggiori incrementi si riscontrano nel fondo destinato ai lavoratori del settore edile, (47.800 unità in più) e nel fondo rivolto ai dipendenti pubblici (12.100 unità in più). Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,593 milioni di posizioni, 42.000 unità in più (2,7%). Pei i PIP “nuovi” il totale delle posizioni, 3,460 milioni, è in aumento di 41.000 unità rispetto a fine 2019 (1,2%).

Le risorse in gestione

Alla fine del terzo trimestre 2020, le risorse destinate alle prestazioni sono pari a circa 190 miliardi di euro, cinque miliardi in più rispetto a quanto rilevato alla fine del 2019. Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 58,1 miliardi, il 3,6% in più. Per i fondi aperti si attesta a 23,8 miliardi e per i PIP “nuovi” a 37,2 miliardi, rispettivamente il 4,1 e del 4,9% in più.

I flussi contributivi nei primi nove mesi del 2020 hanno totalizzato 8,2 miliardi di euro. “Osservandone l’andamento trimestrale nel corso del 2020 sulla base di analisi preliminari che tengono conto anche della stagionalità – si legge nell’analisi della Covip – l flusso dei contributi del secondo trimestre appare aver avuto un calo, seppure di ammontare limitato, per lo specifico effetto dell’emergenza pandemica. Nel complesso, la differenza del flusso incassato nei nove mesi del 2020 rispetto al corrispondente periodo del 2019 è tornata positiva, nell’ordine dell’1%. Il risultato è frutto di un modesto incremento dei contributi versati nei i fondi negoziali e nei fondi aperti, a fronte di un lieve calo dei contributi versati nei PIP. Negli anni precedenti, il trend di crescita dei contributi era stato nell’ordine del 5%.”

Di Valerio Baselli