La frontiera corre, ma ci sono dei rischi

Gli strumenti specializzati nei paesi non ancora emergenti hanno sfruttato nell’ultimo mese la corsa del resto del mondo. Ma le prospettive macro, dicono gli economisti, nel breve sono deboli. Il resto dipenderà dall’andamento dei loro partner commerciali.  

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La ripresa dei listini che, pur in mezzo a fasi di volatilità, si registra sui mercati mondiali sta dando una spinta anche ai fondi dedicati ai paesi di frontiera. L’asset, tuttavia, resta un segmento storicamente pericoloso, anche alla luce delle prospettive economiche create dalla pandemia di Coronavirus per le aree non ancora emergenti.

I fondi raccolti nella categoria Morningstar dedicata agli strumenti che investono sull’azionario frontier nell’ultimo mese (fino al 26 giugno e calcolato in euro) hanno guadagnato (mediamente) il 3,7% portando a -17,5% la performance del 2020 (+11,4% nel 2019).

Andamento categoria Morningstar Global Frontier Equity da inizio anno

Dati in euro aggiornati al 26 giugno 2020

Fonte: Morningstar Direct

Il Pil cala

Le prospettive macroeconomiche dei paesi che formano l’universo frontier, tuttavia, mostrano uno scenario difficile. Secondo la Banca Mondiale nel 2020 la crescita del Pil di queste aree dovrebbe essere (mediamente) intorno all’1%. Praticamente il tasso più basso visto negli ultimi 25 anni.

Per vedere un miglioramento bisognerà aspettare il 2021 quando la congiuntura potrebbe vedere un progresso del 4,5% legato all’indebolirsi degli effetti della pandemia. “Tuttavia ci sono molte incertezze riguardo la tempistica e il ritmo di questa ripresa”, spiega il report. “Si basa sul presupposto che l’emergenza diminuisca in maniera tale da permettere di allentare le misure di contrasto già a partire dalla metà di quest’anno, permettendo ai paesi che fanno affari con le aree economicamente più deboli di vedere un rimbalzo dell’attività economica”.

Gli stati il cui andamento dipende dall’esportazione di commodity quest’anno potrebbero vedere una contrazione del Pil dell’1,3% a causa del calo delle materie prime. “Una eventuale ripresa nel 2021 potrebbe essere aiutata da un aumento della domanda da parte dei paesi che abitualmente sono partner in affari degli esportatori”, spiega lo studio.

Di Marco Caprotti