Guerra Ucraina: conseguenze e interventi Ue per gli aiuti

Guerra Ucraina: la crisi energetica rischia di diventare strutturale. L'Ue mette a disposizione aiuti per superare le gravi conseguenze dei prossimi mesi.

L’intervento al quale sta lavorando la Ue è funzione della necessità di proteggere innanzitutto alcuni Stati membri, a partire da Italia, Francia, Spagna, Germania, dall’esposizione alla procedura di infrazione relativa alla violazione della normativa europea degli aiuti di Stato. 

Il riferimento è agli interventi che sono stati varati con urgenza a partire dall’estate scorsa fino a quelli delle ultime settimane con i quali si è voluto andare a ridurre l’impatto degli incrementi del costo dell’energia elettrica e del gas su famiglie e imprese. 

L’intervento degli Stati si è reso necessario per rimediare a situazioni di emergenza, incalzati da incrementi dei prezzi sempre maggiori e aggravati ulteriormente dall’invasione russa dell’Ucraina.

Provvedimenti che non avranno quindi la natura di temporaneità come ci si aspettava, e che hanno portato i vari Governi a dover ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione anche sul piano fiscale.

Tutto questo per andare ad evitare che le conseguenze si scaricassero su imprese e famiglie, ma anche e soprattutto per scongiurare che la spirale inflattiva fosse trasmessa sugli aumenti dei salari.

Le misure, varate in modo diverso dai vari Paesi, non sono state negoziate preventivamente con la Ue, cosi come in passato, e non sono state notificate nemmeno successivamente, anche per esigenze di tempo.

Ecco perché l’esigenza di dover intervenire con una di sanatoria, che formalmente sarà rappresentata da una deroga temporanea, sulle misure intraprese con le quali si è voluto evitare conseguenze all’incremento dei costi dell’energia.

Occorrerà andare quindi a sanare quanto è stato già deliberato dagli Stati membri, o forse, probabilmente occorrerà anche andare oltre, rendendo disponibili altri strumenti funzionali ad affrontare i prossimi mesi che si prospettano particolarmente complicati. 

Confindustria stima in oltre 50 miliardi l’aggravio di costi per le sue aziende associate mentre Confcommercio ha ipotizzato costi energetici nel 2022 maggiorati di quasi 30 miliardi per il settore produttivo. L’impatto sui cittadini, invece, sarà riscontrato con la revisione trimestrale delle bollette da parte dell’Autorità per l’energia

Guerra Ucraina: un fondo europeo per l’energia?

È allo studio la possibilità di realizzare un fondo europeo sul modello del Pnrr con il quale fare fronte ai costi dell’approvvigionamento energetico: con garanzie pubbliche sui prestiti e moratorie per dare liquidità alle imprese.

Il Governo italiano, consapevole probabilmente delle decisioni in corso, nell’ultimo decreto varato ha allargato le garanzie sui prestiti alle imprese in difficoltà sul tema dei rincari energetici.

Una misura che non era prevista dal Temporary Framework e che quindi andrà probabilmente sanata e prolungata.

Guerra Ucraina: interventi del governo sull’incremento dei costi energetici

Il Governo italiano è intervenuto sulla quesitone energetica, calmierando piu volte le bollette a partire da luglio, mediante prima l’azzeramento degli oneri di sistema (che incidono sulle utenze elettriche complessivamente per 15 miliardi) e successivamente con la riduzione al 5% l’Iva per le utenze del gas.

Come conseguenze di questi interventi da luglio a inizio 2022 sono stati stanziati oltre 10 miliardi per interventi su questo tema.

L’ultimo provvedimento, varato nelle ultime settimane, ha reso disponibili altri 5, andando ad ampliare la portata e comprendendo alcune categorie, come le aziende energivore e gasivore, che possono ora maturare crediti di imposta.

Gli interventi di natura fiscale e, in particolare, quelli rivolti ad alcune categorie saranno quelli maggiormente esposti a contestazioni sugli aiuti Stato.

Guerra Ucraina: energia sempre più cara 

Nonostante le possibili ripercussioni da parte della Russia alle sanzioni imposte dall’Europa il gas attualmente non manca. Anzi, dalla Russia arrivano forniture maggiori rispetto a dicembre, prima che iniziasse l’invasione in Ucraina.

Nonostante ciò l’apprensione sul mercato resta alta, così come la speculazione. E conseguentemente i prezzi continuano a salire in modo impetuoso: ieri hanno sfiorato i 200 euro per Megawattora al Ttf, e sono poi scesi vicino ai 160 euro. Una volatilità elevata che sta contraddistinguendo già da mesi i listini e che si sta add irittura accentuando.

Non agevolerà il contesto la notizia per cui ieri i flussi dal gasdotto Yamal-Europa, che dalla Russia arriva in Germania tramite la Polonia, si sono azzerati. È uno dei tubi che Gazprom usa per portare il gas russo in Europa. 

Il crollo dell’export russo è stato così veloce da preoccupare anche l’amministrazione Usa il cui dipartimento del Tesoro ha dovuto chiarire che il pagamento di prodotti energetici alla Russia può e deve continuare.

La guerra in Ucraina e gli effetti sul petrolio

Non bastasse il gas anche il petrolio sta contribuendo ad accentuare la crisi energetica con il suo continuo incremento: il Brent è arrivato ai massimi da un decennio, vicino ai 120 dollari al barile nel corso dell’ultima seduta, per poi scendere vicino ai 113 dollari.

Un rally destinato a proseguire almeno finché Mosca non riuscirà a far approdare le sue petroliere sempre più difficili da piazzare sul mercato.

Siamo ai livelli massimi del decennio: un litro di verde “servito” in Italia ha superato i 2 euro e il diesel è salito a 1,9 euro.

Oltre la guerra c’è il veto del cartello Opec+ ad alzare l’offerta di idrocarburi che sta portando i prezzi su nuovi picchi. Soltanto l’apertura dell’Iran in merito alla possibilità di alzare la produzione di petrolio ha dato un freno all’ascesa.

Ma la condizione è che si arrivi ad un successo dei negoziati sul nucleare e le sanzioni Usa fossero tolte. Alcune fonti dei media iraniani riportano di possibile accordo sul nucleare di Teheran entro le prossime ore a Vienna. 

Va detto che molti operatori stanno infatti chiudendo le posizioni e tra loro quasi sicuramente c’è Gazprom o la sua controllata che opera sui mercati che oggi versa in serie difficoltà. I clienti britannici, che la utilizzavano come grossista e shipper non la stanno più utilizzando.

Gli altri problemi sull’energia 

A preoccupare non sono soltanto i rincari di gas e petrolio. Intanto i Governi europei di fronte all’emergenza accantonano le aspirazioni ecologiste e, causa emergenza, riattivano le inquinanti centrali a carbone.

Come conseguenza anche il combustibile più ripudiato degli ultimi tempi ha raggiunto prezzi molti alti: la Russia è tra i maggiori fornitori anche sul carbone, con quasi un quinto dell’export mondiale. Inoltre, produce anche il 35% dell’uranio arricchito che viene usato nelle centrali nucleari. Un detonatore in un contesto già complicato che crea una tempesta perfetta per l’intero settore energetico.

Va inoltre ricordato che la Russia rappresenta anche uno dei maggiori produttori di materie prime tra cui i metalli, che comprendono anche alcuni di quelli che sono particolarmente utilizzati per la transizione energetica, come il nickel. E infatti anche i prezzi dei metalli non vedono fine alla loro ascesa: ieri un nuovo massimo storico per l’alluminio, mentre anche il nickel andava a toccare i massimi dal 2011 e lo zinco raggiungeva i valori massimi da 15 anni.

Il motivo di questo andamento è dovuto alle difficoltà che ormai la Russia fa per esportare qualsiasi materia prima, non soltanto in Occidente ma anche in Asia.

Questo complicato contesto sta generando così una ricerca di fornitori alternativi, per cui, come conseguenza della diminuzione dell’offerta, si stanno verificando rincari record.

Anche se in Europa è il gas a preoccupare perché oggi lo paghiamo dieci volte più di un anno fa e perché, forse, nonostante i nostri intenti nei confronti della Russia, non siamo ancora pronti a fare a meno delle forniture di Gazprom 

I gasdotti 

I flussi dalla Russia verso l’Europa transitano dai gasdotti ucraini. I danni che sono stati provocati dal conflitto sembrano però limitati alla rete locale. Per ora quindi oltre all’apprensione gli approvvigionamenti continuano superiori a dicembre.

Se il gas russo non fosse più fornito l’Europa potrebbe soltanto affidarsi a soluzioni emergenziali di breve durata, utilizzando le scorte e sperare che tutti gli altri produttori continuino ad aiutarci integrando le attuali forniture. Rischia però di non essere facile e anzi, rischiamo addirittura di perdere altri fornitori.

L’Italia riceve il 7% delle importazioni di gas dalla Libia dove la tensione è, in questo periodo, ai massimi livelli e i due governi rivali si stanno sfidando apertamente con violenze che stanno già provocando un impatto sul settore degli idrocarburi: il maggior giacimento di petrolio ha infatti appena sospeso la produzione.

Anche i carichi di Gnl potrebbero non durare a lungo. In Asia, invece, a breve comincerà la fase del nuovo stoccaggio e il Governo cinese, preoccupato dalle ricadute degli effetti che potrebbero essere generati dalle sanzioni contro la Russia, ha ordinato di accelerare i rifornimenti di qualsiasi materia prima senza farsi condizionare dai prezzi.

L’Algeria invierà più gas fin dai prossimi mesi

L’ambasciatore dell’Algeria in Italia Abdelkrim Touahria ha dichiarato a “Il Sole 24 Ore” che l’Italia potrà contare su forniture aggiuntive di gas algerino allo stesso prezzo e forse potrà superare, i 30 miliardi di metri cubi già a partire dai prossimi mesi con un aumento di circa 2 miliardi di metri cubi rispetto agli attuali volumi attuali.

Il gasdotto che attraversa la Tunisia e arriva in Sicilia a Mazara del Vallo potrebbe contribuire a ridurre gli effetti derivanti dalla crisi ucraina e delle sanzioni alla Russia sul sistema di approvvigionamenti di energia.

Il presidente algerino ha un’ottima relazione con il nostro Paese e in più circostanze ha garantito che aumenterà il flusso di gas all’Italia a prezzi invariati.

Inoltre, sarebbe emersa anche la disponibilità di Algeri, non soltanto ad aumentare i volumi di gas sulla base degli attuali accordi, ma anche attraverso vendite spot

Un nuovo clima quello i due paesi che è anche frutto della visita di Stato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nello scorso novembre. 

Il vertice bilaterale, invece, rappresenterà anche l’occasione per fare il punto sulle collaborazioni nei settori non energetici andando quindi a finalizzare i progetti infrastrutturali e quelli per l’agricoltura nel Sahara, quelli relativi alle costruzioni navali e al settore culturale.

Sono previsti inoltre accordi nell’alimentare, nell’agricoltura, nel turismo, sulle energie rinnovabili, nelle piccole e medie imprese, nell’energia e nella cultura.

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