John Maynard Keynes è stato tenuto in grande considerazione per diversi decenni grazie al suo lavoro in economia all'inizio del XX secolo. La teoria che egli rese popolare nel tentativo di comprendere meglio la Grande Depressione, chiamata teoria keynesiana, rivoluzionò la politica economica: Keynes sosteneva una maggiore spesa pubblica e tasse più basse per stimolare l'attività economica , soprattutto durante i periodi di difficoltà economica. Successivamente, molto tempo dopo la sua morte, i suoi discepoli dissero che una performance economica ottimale potesse essere raggiunta attraverso una frequente "messa a punto" dell'economia, attraverso politiche monetarie e fiscali.
La prescrizione iniziale di Keynes si è trasformata in un'applicazione costante anche durante le lievi flessioni cicliche. Infatti in seguito alla crisi finanziaria 2007-2008, la minima turbolenza nei mercati ha costretto i pianificatori monetari centrali a ricorrere a rimedi keynesiani che un tempo erano riservati alle crisi serie. L'effetto è stata una dipendenza globale dallo stimolo economico, ma il triste record di crescita dei Paesi che per anni, se non decenni, vi hanno fatto ricorso, indica che la sua presunta efficacia è diminuita, se non scomparsa. In realtà queste misure disperate hanno causato più danni che benefici, perché un'eccessiva dipendenza cronica da farmaci nel breve termine ha portato ad una grave malattia nel lungo termine. Ormai siamo arrivati al punto in cui, secondo la teoria (neo-keynesiana), abbassare i tassi d'interesse è un modo per prendere in prestito dalla domanda futura al fine di prevenire una recessione oggi; ma poi arriva la pratica e in particolar modo la stagnazione economica in Europa.