Ucraina: pane e grano più cari. Spesa sempre più salata

Italia sempre più soffocata dai costi delle materie prime. Dopo gli aumenti registrati dal petrolio e dal gas, adesso è il grano che preoccupa.

Italia sempre più soffocata dai costi delle materie prime. Dopo gli aumenti registrati dal petrolio e dal gas, adesso è il grano che preoccupa. Raggiunti, infatti, i massimi da 14 anni a questa parte, con il valore del grano che ha raggiunto i 33,3 centesimi al chilo: un valore che non raggiungeva dal 2008. Anche le quotazioni del mais e della soia, che sono necessarie per garantire l’alimentazione degli animali, hanno raggiunto quotazioni realmente alte. La guerra in Ucraina si fa sentire direttamente sulla tavola degli Italiani, che andranno a pagare di più un chilo di pane. Per non dimenticare anche l’aumentare dei prezzi degli altri prodotti.

I prezzi del grano e degli altri prodotti agricoli sono aumentati a causa della guerra delle spedizioni commerciali, che si sta svolgendo nei vari porti del Mar Nero. Dobbiamo ricordare che l’Ucraina, insieme alla sua nemica Russia, rappresentano un terzo del commercio mondiale. I due paesi in conflitto producono ed esportano il 29% del grano mondiale, incidendo direttamente sulla produzione di pane, biscotti e pasta nostrani. Ma non basta, sempre dai due paesi in guerra arrivano il 19% delle forniture mondiali di mais, che viene utilizzato per l’allevamento mondiale. E rappresentano l’80% delle esportazioni di olio di girasole.

Aumentano il prezzo del grano! Anche quello del pane

La guerra in Ucraina, con i suoi rilessi diretti nel costo del grano ed in quello del pane, sta alimentando l’inflazione nei paesi più sviluppati. Una delle preoccupazioni che accomuna molti analisti è che sia a rischio la stabilità di quelli più poveri. Ricordiamo, infatti, che il prezzo del grano ha raggiunto gli stessi livelli che erano stati toccati quando erano scoppiare le cosiddette rivolte del pane in alcuni paesi del nord Africa, come Tunisia, Algeria ed Egitto: proprio quest’ultimo paese è uno dei più importanti importatori di grano e sopravvive principalmente grazie alle forniture di Ucraina e Russia.

Senza dubbio quella che coinvolge le esportazioni del grano costituisce, a tutti gli effetti, un’emergenza mondiale Basti pensare che il nostro paese arriva ad importare qualcosa come il 64% del proprio fabbisogno nazionale di grano, utilizzato quotidianamente per la produzione di biscotti e pane. Ma non solo, il 53% del mais che viene utilizzato nel nostro paese per alimentare il bestiame è importato. L’Ucraina risulta essere il nostro secondo fornitore di mais, con una quota che si attesta intorno al 20%. Mentre per quanto riguarda le importazioni di grano, l’Ucraina copre il 5% delle importazioni nostrane.

Grano, mais e soia mettono in ginocchio gli allevatori!

Gli allevatori sono stati messi in ginocchio dall’aumento di soia e mais. Sono, infatti, costretti ad affrontare degli aumenti spaventosi dei costi per l’alimentazione del bestiame, con prezzi che sono lievitati fino al 40%. A questi si aggiungono i costi dell’energia, che sono lievitati del 70%. Il rovescio della medaglia è che i compensi degli allevatori sono fermi su valori che ad oggi risultano essere realmente insostenibili. Produrre un litro di latte costa, oggi, come oggi, 46 centesimi al litro, contro i 38 centesimi che vengono riconosciuti ad una larga fascia di allevatori. Sostanzialmente viene venduto sottocosto.

Secondo la Coldiretti, l’Italia è costretta

ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti. E quest’anno sono praticamente raddoppiati in Italia i costi delle semine per la produzione di grano per effetto di rincari di oltre il 50% per il gasolio necessario alle lavorazioni dei terreni ma ad aumentare sono pure i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare. Nonostante questo il grano duro italiano è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero da Paesi come il Canada dove è coltivato peraltro con l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta, vietato in Italia.

La guerra in Ucraina arriva nel carrello della spesa

Possiamo affermare senza ombra di dubbio che la guerra in Ucraina sia arrivata direttamente nel carrello della spesa. Ad ufficializzarlo sono stati i dati diffusi dall’Istat sull’inflazione, che hanno messo in evidenza come ci sia stato un balzo del 45,9% per i costi dell’energia ed una crescita del 4,9% per gli alimentari. L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +1,5% a +1,7% e quella al netto dei soli beni energetici da +1,8% a +2,1%. L’Istat, inoltre, riferisce che

accelerano sia i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +3,2% di gennaio a +4,2%) sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +4,3% a +5,4%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+8,3%) e in misura minore dei Beni alimentari non lavorati (+1,7%), degli Alimentari lavorati e dei Beni durevoli (entrambi +0,5%).

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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