Il peggior inizio gennaio per gli indici di Borsa dal 2008. Nel caso del Dow Jones Industrial Average, del Dax e del Bloomberg Commodity Index il peggiore mai registrato. Shock per il crollo dei prezzi del petrolio, a 30 dollari al barile sui minimi dal 2003, nuovi timori sull’economia cinese, al passo più lento dal 1990, primo rialzo dei tassi d’interesse negli USA dal 2006, valori più che dimezzati per materie prime e metalli dal 2011, tensioni geopolitiche fra Isis, attentati, test nucleari in Nord Corea, calo di 33 miliardi di dollari degli utili societari negli USA nel terzo trimestre 2015, stress sul settore dei bond high yield e, in Italia, la vicenda delle quattro banche salvate e commissariate (Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti e Banca Marche), a spese di azionisti e sottoscrittori di obbligazioni subordinate.
L’improvviso “crash” che a inizio dicembre avevamo ipotizzato si è verificato. Un ribasso che si spiega come risultato di una somma di fattori più che di un singolo catalizzatore.
Nel contesto attuale, anche i dati positivi, come il netto miglioramento dell’occupazione negli USA , la ripresa del settore dei servizi e manifatturiero europeo o l’aumento di nuovi mutui in Italia, vengono accolti freddamente, poiché allontanano il miraggio che negli ultimi anni ha sostenuto i mercati: la liquidità. Se l’economia reale migliora, le banche centrali avranno meno motivi di stimolarla finanziariamente.
Come sempre, i mercati tendono ad estremizzare, vedendo tutto bianco o tutto nero. In questo momento i mercati azionari, reduci da 6 anni eccezionalmente positivi, si stanno riportando su valutazioni più compatibili con lo scenario economico globale, in rallentamento.