Russia-Ucraina: le forniture di gas al centro della guerra

Mentre continuano i combattimenti in Ucraina, l'Italia dovrá creare delle immediate riserve di gas attraverso misure preventive. Ecco i possibili scenari.

Il ministero della Transizione ecologica in una recente comunicazione riporta che la condizione dell’Italia riguardo le forniture di gas dalla Russia è di pre-allarme. 

Sempre il Mite ha tenuto a sottolineare come le forniture attuali siano comunque adeguate a coprire le esigenze della domanda interna e la dichiarazione di stato di pre-allarme non è altro che un livello iniziale in una scala di possibili gravità che, comunque, richiederanno molta attenzione circa l’evoluzione degli eventi. 

La situazione, quindi, nonostante le scorte, resta comunque complicata perché a parere del Mite il livello di pericolosità in merito alle forniture risulta di gran lunga maggiore rispetto ad analisi di rischio realizzate in passato. 

Quindi, tra i tanti pericoli che possono derivare dal conflitto in Ucraina c’è sicuramente il tema dell’approvvigionamento energetico e le possibili pesanti ricadute che potrebbero esserci per il nostro Paese. 

Come conseguenza il processo di transizione ecologica passerà in secondo piano, poiché le emissioni non rappresenteranno più la priorità soprattutto per paesi come il nostro fortemente dipendenti dal gas russo. 

La principale paura è rimanere senza risorse energetiche come conseguenza del conflitto. L’emergenza sta portando il nostro paese a riaprire le miniere del super inquinante carbone come annunciato dal premier nel discorso in Parlamento. 

Per contro, se anche soltanto la metà dei progetti di impianti di rinnovabili fosse realizzata riceveremmo un grande contributo dalla gestione della transizione dal gas russo.

Purtroppo, come finora è accaduto, la burocrazia e i costi sociali del cambiamento la stanno facendo da padroni andando a rallentare pesantemente i progetti green

Oltre agli effetti economici di breve periodo che impatteranno sui temi energetici e l’inflazione c’è un fondato rischio che la ripresa economica stimata si fermi e possa prendere piede la recessione nel Vecchio Continente. 

Russia-Ucraina: le ragioni dell’emergenza gas

L’Italia risulta tra le nazioni della Ue tra le più esposte ad eventuali conseguenze perché il gas naturale di cui si approvvigiona transita dal territorio ucraino

Per questo Confartigianato e Confesercenti hanno voluto evidenziare la rischiosità, per le piccole e medie imprese italiane, dall’effetto che, per il nostro paese, avranno le sanzioni che sono state e saranno comminate alla Russia di Putin. 

Confartigianato sostiene che si possa prevedere un’analogia, per il nostro paese, di quelle che furono le gravi conseguenze economiche che sperimentammo nel 2014 in occasione dell’annessione della Crimea da parte della Russia. 

Il Centro studi della confederazione ricorda come le prolungate sanzioni alla Russia, per otto anni, portarono ad un drastico calo dell’export europeo nei confronti della Russia. 

Un nuovo drammatico scenario di guerra porterebbe gravi conseguenze per le piccole imprese di alcuni settori particolarmente esposte al business verso la Russia. 

Confesercenti, invece, valuta l’impatto che la guerra potrà avere sull’inflazione e di conseguenza sulla capacità di spesa delle famiglie italiane:

l’incremento di prezzi delle materie prime e dell’energia comporterebbero un incremento del tasso di inflazione al 6% per l’anno in corso, e potrebbero generare minori consumi per circa 4 miliardi. 

Le sanzioni potrebbero determinare, inoltre, un impatto sui tassi che salirebbero in modo brusco e comporterebbero un aggravio per le imprese.

Russia-Ucraina e le sanzioni sull’energia: lo Swift

Dopo alcune valutazioni anche il governo italiano ha finito per aderire e ha appoggiato la proposta Usa di espulsione della Russia da Swift. Forse una delle sanzioni comminate alla Russia, in questa prima fase, che meritano maggiore attenzione vista l’importanza.

Cosa significa lo Swift e cosa comporterà questa decisione? Le banche russe non potranno più accedere al sistema Swift con il quale le realtà finanziarie possono comunicarsi istantaneamente gli ordini per qualsiasi genere di transazione, dai bonifici ai pagamenti per le forniture di petrolio o gas.

Non saranno però coinvolti tutti gli istituti russi ma soltanto i principali, a partire da quelli con partecipazione statale fino alla realtà privata Oktritie. Un’esclusione quindi ad hoc.

L’esclusione delle banche russe da Swift penalizzerà però i Paesi che sono più dipendenti dal gas russo come Italia e Germania.

Un’importante esenzione, tutta da valutare ancora, riguarderà i canali bancari che sono utilizzati per i pagamenti di gas: una soluzione, alla quale sta lavorando anche la Bce, per trovare attuazione nei primi giorni della prossima settimana.

Senza Swift i passaggi saranno più faticosi e con risultati incerti. Anche i messaggi sarebbero più lenti e con meno garanzie, potendo disporre in alternativa di mail, faxo del vecchio telex.

Al momento i cinesi e i russi stanno approntando sistemi di trasmissione elettronica simili allo Swift che però difficilmente potranno eguagliarne le prestazioni e con difficoltà di sincronizzazione agli standard occidentali.

La Cina, inoltre, sta lavorando e sembra pronta ad utilizzare la sua alternativa basata sullo yuan digitale in via del tutto sperimentale. 

Tornando quindi alla decisione sullo Switf l’adozione di una misura così estrema è stata dovuta all’escalation di violenza ed efferatezza degli ultimi giorni che ha reso difficile pensare di indugiare su un tema tecnico come lo Swift.

È diventato quasi imprescindibile per l’Occidente non valutare misure estreme, fra quelle che non comprendono alternative militari, per mettere in difficolta la scelta politica di Mosca.

Sarà da capire se questo tipo di approcci possono favorire delle soluzioni diplomatiche, a fronte delle difficoltà per l’aggressore a causa delle sanzioni, ma sicuramente ci saranno inevitabili ulteriori rincari del gas.

Anche per pagare le forniture, sempre che non siano fermate, diventerà di sicuro più complicato.

C’è sul tema un precedente preoccupante: la Russia, dopo la rivoluzione arancione del 2004, per spodestare il leader a Kiev non esitò a chiudere le forniture del gas provocando la moltiplicazione del prezzo in modo sensibile.

La crisi ucraina e i rialzi record per la benzina

Con la crisi ucraina si è acuito il tema dei rincari dell’energia e si rischia un nuovo shock energetico: non solo per le bollette delle famiglie e delle imprese ma anche al distributore di benzina.

I rincari dei prezzi, infatti, stanno mettendo in fibrillazione i consumatori e le filiere produttive che alzano, attraverso le associazioni e i partiti della maggioranza, il pressing nei confronti del governo per richiedere un significativo intervento.

Secondo il Mite nella settimana fino al 20 febbraio la benzina ha raggiunto quota 1,85 mentre il gasolio ha fatto registrare il prezzo 1,72 euro al litro.

Ma gli ultimi giorni, per effetto dell’evoluzione della crisi ucraini sono arrivati altri ritocchi. Venerdi la situaizone era la seguente:

  • SELF benzina i 1,86 euro al litro e il diesel a 1,7;
  • SERVITO arrivava perfino a superare i 2 euro e toccava gli 1,87 per il diesel.

Anche il cambio euro/dollaro meno favorevole rispetto al passato non ci favorirà e dovremo attendere dei nuovi record visto che i recenti sviluppi hanno fatto alzare le previsioni del prezzo barile.

Il Brent è tornato sotto quota 100 dollari ma la previsione è che quoterà 102 dollari a fine anno. Questo significherà avere la benzina a 1,95 euro e il gasolio a 1,85. Al momento di positivo per i prezzi c’è che il petrolio non è entrato nelle sanzioni alla Russia.

La crisi ucraina ha fatto da detonatore di una situazione che da tempo andava surriscaldandosi: i prezzi del greggio sono in risalita per effetto della domanda globale in ripartenza, a seguito del venire meno delle restrizioni dovute alla crisi pandemica, cui si associa una capacità produttiva non adeguata.

Va ricordato come la componente fiscale contribuisca nel nostro paese in modo determinante visto che è tra le più alte in Europa mentre il prezzo industriale è inferiore agli altri Paesi.

Accise e Iva pesano per il 57% del prezzo finito della verde, 1,06 euro ai livelli attuali.

La quota parte rimanente è da dividere tra il costo della materia prima che fa riferimento alle quotazioni internazionali (oggi pesa per 0,67 euro) e il margine applicato dall’operatore (ridotto al 6%).

Per i produttori, invece, la crisi ucraina non rappresenta una minaccia per la sicurezza energetica ma soltanto tensioni di prezzo visto che a differenza del gas (dove quello importato dalla Russia pesa per il 40%), da Mosca arriva soltanto il 10% del greggio che importiamo.

Grazie alla nostra capacità di raffinazione infatti abbiamo modo di diversificare l’importazione da 22 Paesi, con 72 diversi tipi di greggio.

L’esperienza di crisi come quelle di altri fornitori, come la Libia e il Venezuela, non hanno rappresentato uno schok e non lo sarebbe sostituire la Russia tra i nostri fornitori. 

Il problema per le imprese e cittadini sono rappresentati, come ha recentemente ricordato Coldiretti, dal fatto che l’85% delle merci in Italia viaggi su gomma portando rischi di importanti rincari su materie prime come grano e mais, sui fertilizzanti e sui prodotti delle industrie alimentari. 

Sul tema gli autotrasportatori hanno già scioperato, minacciando blocchi alle filiere chiedendo un intervento d’urgenza da 80 milioni. 

Ma le associazioni dei consumatori (Assoutenti, Codacons e Unc) stimano in 400 euro il rincaro annuo per un consumatore che faccia un paio di pieni al mese. E lo correlano al secondo calo della fiducia consecutivo registrato dall’Istat sui consumatori a febbraio.

La denuncia è sul ruolo avuto dal governo e la mancanza di provvedimenti in merito alla proposta di sterilizzazione dell’Iva. Tagliare l’imposta indiretta dal 22 all’8%, come ha già fatto la Polonia, per tre mesi rappresenterebbe un beneficio da 21 cent sulla benzina (20 sul diesel) e costerebbe allo 1,24 miliardi (analisi Unem).

Tagliare di 20 centesimi l’accisa genererebbe quasi 25 cent di risparmio per i consumatori (visto che l’Iva si applica sulle accise stesse) e costerebbe 1,3 miliardi a trimestre per lo Stato.

Fino ad oggi, non sembra essere stato un tema all’ordine del giorno per governo e ministeri interessati. Probabilmente perché la guerra in Ucraina potrebbe generare ben altro tipo di preoccupazioni per l’energia del paese rispetto al carburante. 

Gli Extraprofitti delle rinnovabili nel fondo per le bollette 

Va ricordato che, oltre ai temi conseguenti al conflitto in Ucraina, l’emergenza energetica è stato oggetto di grande attenzione del governo.

Nel recente decreto antifrode che ha riguardato i bonus edilizi il governo ha inserito anche un articolo con il quale ha riscritto la stretta relativa agli extraprofitti che sono stati incamerati dalle aziende produttrici di energia elettrica da fonti rinnovabili.

La norma, presente nel decreto bollette del 27 gennaio, è stata quindi abrogata per dare spazio a questa che riporta due novità già anticipate nei giorni scorsi.

Innanzitutto, vengono esclusi gli impianti che non sono stati incentivati, entrati in esercizio prima dell’inizio di gennaio 2010.

E, inoltre, sono definiti i tempi per il calcolo degli extraprofitti che confluiranno nello speciale fondo destinato a coprire i fabbisogni necessari a far fronte al caro-bollette.

In questo modo l’ARERA (l’Authority del settore) avrà maggiori certezze e 30 giorni nel corso dei quali dovrà disciplinare le modalità. 

Redazione Trend-online.com
Redazione Trend-online.com
Di seguito gli articoli pubblicati dalla Redazione di Trend-online. Per conoscere i singoli autori visita la pagina Redazione Trend-online.com
Seguici
161,688FansLike
5,188FollowersFollow
764FollowersFollow
10,800FollowersFollow

Mailing list

Registrati alla nostra newsletter

Leggi anche
News Correlate