6 anni di carcere per i furbetti del reddito di cittadinanza

Il legislatore non è stato timido nello stabilire le sanzioni a carico di chi falsifica la domanda di accesso al reddito di cittadinanza. Carcere per chi mente, anche se alla fine non riesce ad ottenere nulla di più di quanto gli spettava. Perché tanta severità? Perché è stata violata la fiducia che lo Stato ha riposto in noi.

Image

La cronaca di tutti i giorni ci parla in modo quasi quotidiano di casi di titolari di reddito di cittadinanza a cui è stato revocato, e che sono stati denunciati per averlo ottenuto con frodi o inganni. Molti sono quelli che lo hanno incassato per mesi pur non avendone i requisiti di reddito, magari pur essendo rinchiusi in carcere o con alle spalle condanne penali piuttosto pesanti. Altri ancora si sono scoperti avere ville da favola, conti correnti all’estero o auto da sogno. Infine tutta la categoria di quelli che hanno continuato tranquillamente a fare il loro lavoro in nero o in grigio e nel frattempo hanno incassato l’assegno.

Tutti questi sono solo i casi estremi, ma tra questa zona buia costituita da una illegalità conclamata e fuori discussione, e la zona di luce costituita da chi percepisce legittimamente il reddito di cittadinanza c’è tutta una zona d’ombra nella quale non è così difficile finire. Spesso chi ci finisce commette degli errori, e poi con noncuranza evita di correggerli. Altre volte si omette qualche dettaglio pensando che si tratti solo di un peccato veniale. In realtà quando si parla di reddito di cittadinanza la legge considera tutto rilevante e molto spesso questa rilevanza si estende a livello penale. Per capirci il rischio è quello di finire in carcere, tanto più che i casi che già sono finiti davanti ai giudici sono stati giudicati con la giusta severità. 

Carcere per chi falsifica la domanda del reddito di cittadinanza

Il legislatore ha ritenuto di introdurre dei reati specifici per chi violi le regole alla base del reddito di cittadinanza. L’articolo 7 del Decreto Legislativo numero 4 del 2019 stabilisce che

chi presenti dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere o ometta informazioni di rilievo è punito con la reclusione da due a sei anni. Per chi non comunichi le variazioni di reddito o patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari o di altre informazioni che potrebbero portare alla riduzione o alla revoca dell’assegno il carcere va da uno a tre anni.

La normativa ipotizza due possibili reati legati all’indebita percezione del reddito di cittadinanza. Il primo caso, quello considerato più grave dove il giudice è autorizzato a comminare una pena fino a un massimo di sei anni, è quello di chi non abbia ancora ricevuto il reddito di cittadinanza. In particolare ipotizza che nel presentare i documenti e la domanda si facciano delle dichiarazioni false, si ometta qualcosa, o addirittura si producano documenti falsi. È evidente che vista la varietà di situazioni ipotizzate il grado di colpa o di dolo può essere diverso e questo giustifica l’ampiezza discrezionale concessa al Giudice nello stabilisce la pena. 

Meno grave, ma punibile comunque con il carcere il caso di chi pur avendo presentato una domanda corretta, si dimentichi poi di comunicare i cambiamenti che influiscono sull’entità della somma ricevuta. Si deve infatti tenere presente che questo sussidio viene elargito tenendo conto della situazione economica al momento in cui viene incassato.

Dire il falso per avere il reddito di cittadinanza è un reato di pericolo

La nostra giurisprudenza si è orientata verso una interpretazione piuttosto severa della legge. Prova ne è che i reati commessi da chi dichiara il falso per avere il reddito di cittadinanza sono considerati di pericolo e non di risultato. La Corte di Cassazione con la sentenza 5289 del 2020 ha stabilito che

si configurano come reati di condotta e di pericolo, in quanto diretti a tutelare l’amministrazione contro falsificazioni e omissioni circa l’effettiva composizione patrimoniale e reddituale da parte dei soggetti che intendono accedere o hanno acceduto al reddito di cittadinanza.

La corte aggiunge che l’articolo 7 del DL 4 del 2019 trova applicazione indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio, e in particolare, del superamento delle soglie di legge. Perché, si legge ancora nella sentenza, il legislatore ha inteso creare un meccanismo di riequilibrio sociale, quale il reddito di cittadinanza, il cui funzionamento presuppone necessariamente una leale cooperazione fra cittadino e amministrazione, che sia ispirata alla massima trasparenza. 

Chi mente per ottenere il reddito di cittadinanza è sempre colpevole

Il senso del disposto della Corte di Cassazione è che con questo reato non si punisce tanto il danno provocato alla Stato quanto il cattivo uso che abbiamo fatto della fiducia che è stata riposta in noi. Conseguenza di questo presupposto è che, da parte del pubblico ministero, non è neppure necessario provare che il nostro comportamento abbia provocato un danno allo Stato. Il reato sussiste anche se per esempio il soggetto che ha mentito avrebbe avuto comunque diritto al beneficio, e addirittura se presentando un quadro corretto della realtà il suo assegno sarebbe stato superiore a quello effettivamente ottenuto.

Solo il fatto che noi abbiamo nascosto qualcosa, o che abbiamo fornito una cifra diversa da quella reale, dimostra secondo i giudici che noi siamo stati scorretti e tanto basta per sanzionarci. Non servono a questo punto ulteriori indagini per verificare quale sia stato l’effetto del nostro tentativo di fare il furbo, se non, al limite per aumentare la pena, o accusarci anche di qualche altro reato. 

Quando mentire per ottenere il reddito di cittadinanza è truffa aggravata

Abbiamo detto che il legislatore ha deciso di introdurre un reato apposito per chi mente per ottenere il reddito di cittadinanza, ma non si ferma a questo, perché per i casi più gravi chiama in causa anche il codice penale e precisamente l’articolo 640 bis. Con questa norma

è previsto il carcere da 2 a 7 anni, se i comportamenti previsti dall’articolo 640 hanno lo scopo di ottenere contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni simili, erogati dallo Stato o da altri enti pubblici o dalla Unione Europea.

Questo reato è una forma diversa e più grave di quello previsto dall’articolo 640 del codice penale che parla di truffa. Si intende con questo temine il comportamento di chi al fine di procurare a sé o altri un ingiusto profitto trae in inganno altri utilizzando artifici o raggiri. Questo articolo ci dice che ci deve essere un profitto ingiusto. Quindi in questa ipotesi non rientra il caso di chi avrebbe percepito il reddito di cittadinanza anche senza ricorrere a qualche artificio.

Il profitto poi, può essere diretto anche a una terza persona, quindi imputabile di questo reato può essere anche per esempio un familiare che lo faccia all’insaputa del titolare del reddito. In secondo luogo devono essere presenti artifici o raggiri, quindi delle macchinazioni che hanno lo scopo di ingannare la vittima, in questo caso lo Stato. 

Card del reddito di cittadinanza subito sequestrata per gli indagati

Chi venga condannato per uno dei resti non potrà più continuare a percepire il reddito, anzi la card gli sarà sequestrata in anticipo. Secondo l’orientamento della giurisprudenza infatti il blocco della card può essere fatto già in fase di indagini preliminari nel caso vi siano gravi indizi sull’esistenza di un reato. Provvedimenti di questo tipo si chiamano provvedimenti cautelari e hanno lo scopo di impedire che il reato continui. Quindi chiusura delle erogazioni da subito indipendentemente da quale sia esattamente l’accusa fatta al titolare del reddito di cittadinanza. Che si tratti di omissione, falsificazione o vera e propria truffa il nostro ordinamento non ammette scuse.

Evidentemente nel momento in cui le indagini scagionino l’indagato la sua card sarà immediatamente riattivata, e gli sarà consentito accedere anche alle somme che gli sarebbero spettate nel periodo del blocco della card. Nessuna spesa gli potrà essere addebitata per i costi di un eventuale processo o per la propria difesa. Sarà poi il singolo col proprio legale a valutare se ci siano le condizioni per chiedere un risarcimento danni.

Revoca del reddito di cittadinanza

Se le indagini portano a un processo e lo stesso si chiude con una condanna definitiva è prevista l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva. Questo significa che tutte le somme incassate dovranno essere restituite. Il beneficio non può più essere chiesto prima che siano trascorsi dieci anni. Con condanna definitiva si fa riferimento a una condanna che non possa più essere messa in discussione: quella che abbia superato i due gradi di giudizio ed eventualmente anche il vaglio della Corte di Cassazione. Oppure che non sia più appellabile per decorrenza dei termini. 

Chi viene ritenuto responsabile di falsificazione della domanda per il reddito di cittadinanza non solo finirà in carcere, ma dovrà restituire quanto ricevuto. Alla somma riscossa andranno poi aggiunti gli interessi, oltre alle spese processuali. Da non sottovalutare anche la pena accessoria di essere iscritto in una sorta di libro nero per i dieci anni successivi con divieto di accesso al reddito di cittadinanza, anche se magari nel frattempo le condizioni sono cambiate e ci sarebbero le basi per averlo. 

Chi controlla le domande per il reddito di cittadinanza

In effetti i controlli sono affidati a un numero piuttosto elevato di enti e amministrazioni che lo fanno in varie fasi e ognuno per il settore di propria competenza. Sembra quindi piuttosto difficile riuscire a farla franca. Il Decreto Legislativo 4 del 2019 stabilisce che

nei casi in cui si individuino omissioni o dichiarazioni false i Centri per l’Impiego, i comuni, l’agenzia delle entrate, l’INPS l’ispettorato nazionale del lavoro preposti ai controlli e alle verifiche, trasmettono entro dieci giorni dall’accertamento all’autorità giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica. 

Non si tratterà mai di un controllo superficiale, a magari fatto chiudendo un occhio davanti a piccole omissioni, perché in questo caso rischierebbero grosso anche gli stessi impiegati pubblici. I funzionari che non ottemperino all’obbligo di trasmettere i documenti irregolari all’autorità giudiziaria saranno assoggettati a sanzioni disciplinari e all’obbligo di risarcire il danno allo Stato. Non è escluso, poi nei casi più gravi che siano deferiti alla giustizia penale.