Trump e l'assassinio di Soleimani: un'azione stupida

Durante più di mezzo secolo in cui Washington ha vigilato sul mondo abbiamo visto picchi crescenti di stupidità.

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Durante più di mezzo secolo in cui Washington ha vigilato sul mondo abbiamo visto picchi crescenti di stupidità. Ma nulla è paragonabile alla "politica" di Donald riguardo l'Iran, culminata con l'assassinio insensato del suo principale leader militare ed eroe della cosiddetta rivoluzione islamica, il maggiore generale Qassem Soleimani.

Ad essere chiari, non vogliamo affatto elogiare il morto. Come la maggior parte dei generali di qualunque esercito (incluso quello americano), era un assassino a sangue freddo.

E in questi tempi di guerra basati sui droni, i generali tendono ad uccidere più civili che combattenti. Le milioni di vittime civili sin dagli anni '60 per mano di generali statunitensi lo confermano sicuramente.

D'altra parte, anche i compagni con cui Soleimani ha combattuto nel corso dei decenni non erano stinchi di santo. In ordine sequenziale, i combattenti armati da Saddam Hussein e George W. Bush, i jihadisti sunniti dell'ISIS e le forze aeree israeliane e saudite, che proprio in questo momento stanno facendo piovere bombe e missili su alleati e delegati iraniani in Siria, Libano e Yemen.

L'unica ragione per cui questi anni di combattimento sono descritti dai media generalisti come prove del terrorismo iraniano è che i neocon lo hanno dichiarato. Cioè, agli occhi di Washington all'Iran non è permesso avere una politica estera e le sue alleanze con i correligionari principalmente sciiti in Iraq, Siria, Libano e Yemen sono presumibilmente di per sé schemi di aggressione e terrorismo, garantendo qualsiasi ritorsione, tra cui l'assassinio dei suoi più alti funzionari.