Tu che lavori in banca

Le banche sono consapevoli che se vogliono continuare a sopravvivere dovranno reinventare il loro modello di business.

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Durante il XVIII secolo il traino all’economia mondiale era prodotto principalmente dal settore tessile basato su piccole e modeste manifatture artigianali che utilizzavano soprattutto lavoratori a domicilio con la formula del lavoro a cottimo: chi lavorava riceveva una paga direttamente proporzionata al numero di capi confezionati. Tali opifici artigianali si occupavano di tre distinte operazioni nel campo del settore tessile ossia cardatura, filatura e tessitura: per poter fare questo, numerose fabbriche tessili venivano edificate ai bordi dei fiumi in modo da poter sfruttare la forza motrice dell’acqua per azionare i filatoi. L’ingresso sul mercato verso la fine del 1700 delle prime macchine a vapore trasformò radicalmente tutto il settore dando vita in pochi anni all’industria tessile: il primo grande cambiamento fu rappresentato dalla sostituzione dei lavoratori a domicilio con veloci ed efficienti macchinari messi in funzione dal vapore. Nell’epoca attuale possiamo dire che il settore bancario e finanziario è il settore tessile, mentre la digitalizzazione dell’economia rappresenta la nuova macchina a vapore. Mentre trent’anni fa lavorare in banca poteva essere ambito per il prestigio e la sicurezza economica che questo consentiva, oggi possiamo dire che il settore bancario rappresenta il peggior settore in cui lavorare se si ha un ruolo parificato idealmente a quello dei lavoratori a domicilio prima che esplodesse la rivoluzione industriale.

Le banche sono consapevoli che se vogliono continuare a sopravvivere dovranno reinventare il loro modello di business ed anche le loro aree strategiche d’affari (ASA) che iniziano ad essere oggetto di aggressione dei giganti della Silicon Valley e dalla ZES di Shenzen (Special Economic Zone). Nonostante il social lending, l’ascesa con incognite delle criptovalute, il lavoro quotidiano di una banca rimane sostanzialmente lo stesso da svariati decenni, direi quasi secoli, ossia raccogliere denaro e prestarlo. Chi fa banca è solito dire, acquistare rischio (attività di prestito) e vendere sicurezza (attività di deposito). Per quanto la crisi finanziaria del 2008 abbia colpito il settore, lasciando sul terreno numerosi morti, chi ha resistito allo stress finanziario della Grande Recessione si può dire che oggi è piu forte e solido di allora (nuove reti di protezione finanziaria e nuovi quozienti di rischio ponderato per le attività). Aggiungiamoci che molti istituti bancari in Italia, governati da un management incapace e cieco nel comprendere quanto stava accadendo, ora sono stati definitivamente esautorati. Ma allora da dove proviene la minaccia ? Dalla tecnologia, proprio come accadde al settore tessile circa duecento anni fa. Tale sfida per gli attori dell’industria bancaria è tutt’altro che semplice, in quanto proprio per questo settore economico le peculiarità sono molto più marcate e rilevanti rispetto agli altri settori. Iniziamo con le barriere all’entrata. Fino al 2008 fare banca non era proprio per tutti, in quanto l’accesso al mercato presupponeva investimenti anche in asset tangibili decisamente molto elevati (filiali, attrezzature contabili ed hardware).